Svolta Consob: “È Bolloré il vero padrone”
L’authority Assist al governo per la golden power. E ora Bolloré ha una grana da 25 miliardi
Vivendi esercita il controllo “di fatto”, quindi pieno e dominante, di Telecom. Lo ha stabilito ieri la Consob. La partecipazione del gruppo francese - si legge in una nota dell’Autorità di Borsa - va considerata “ai sensi dell’art. 2359 del codice civile e dell’art. 93 del Testo unico della finanza”. Dietro il linguaggio tecnico la portata è notevole. Significa che Tim è una società controllata del gruppo di Vincent Bolloré (entrato nel 2014, ora ne detiene il 23,9%). È la prima volta che accade, neanche ai tempi in cui nell’ex monopolista comandavano gli spagnoli di Telefonica era stato riconosciuto per legge il dominio dell’azionista di maggioranza relativa.
IL COLOSSOfrancese - che dal 27 luglio ha dichiarato solo la “direzione e il controllo” di Tim - ha risposto con una nota sibillina, annunciando azioni legali (ha 60 giorni di tempo per ricorrere al Tar): “Si rileva che il provvedimento si discosta in maniera rilevante dalla consolidata interpretazione in materia di controllo societario cui Tim (e ragionevolmente il mercato intero) si è sempre e rigorosamente attenuta”. La decisione della Consob, a cui si è rivolto più volte il collegio sindacale di Tim, può avere effetti dirompenti per diverse ragioni.
La prima riguarda l’impatto sui conti. In quanto controllante, Vivendi potrebbe essere costretta a inserire nel bilancio il gigantesco debito di Tim frutto delle scalate a debito dei capitalisti nostrani, circa 25 miliardi netti. In quanto di diritto francese, la decisione spetta però all’Amf, la Consob transalpina a cui l’Authority italiana ha girato i documenti. Il rischio per Bolloré è concreto. Paradossalmente questo potrebbe spingere il titolo di Tim in Borsa visto che il grado di rischio del debito scenderebbe notevolmente.
L’altro aspetto è politico. La de- cisione si inserisce nei rapporti di forza con la Francia. È un assist al governo italiano per esercitare il golden power, il potere di veto sulle operazioni riguardanti asset strategici, dove può porre particolari condizioni. Com’è noto, il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda ha demandato la cosa a un comitato insediatosi a Palazzo Chigi. Nel mirino c’è la controllata Sparkle, la società che gestisce i cavi sottomarini e la cosa vedrebbe d’accordo anche il premier Paolo Gentiloni. La posizione “dominante” assunta da Vivendi in Tim avrebbe poi richiesto un’obbligo di notifica al governo, che non è stato ottemperato (i francesi rischiano una multa da 300 milioni). Il governo potrebbe poi far pesare questo potere nella guerra con Emmanuel Macron sui cantieri Saint Nazare a cui punta l’italiana Financatieri. C’è poi la partita che sta davvero a cuore al governo, quella di Mediaset, dove Bolloré è salito con un blitz di fine 2016 a quasi il 30%. Ieri però l’Antitrust non ha bocciato la proposta francese di congelare il 20% in un trust evitando di esercitare il diritto di voto.
L’ULTIMO effetto riguarda il mercato finanziario. Secondo Consob, il controllo di fatto parte dal ricambio del cda di maggio scorso e poi si è sostanziato in una serie di “fatti” riguardanti la governance, su cui Vivendi detta legge, a partire dal presidente Arnaud de Puyfontaine, anche ad di Vivendi, che ha rilevanti deleghe sulle linee strategiche del gruppo (ha deciso di far sottoscrivere a Tim “un dettagliatissimo term sheetcon Canal Plus”, controllata di Vivendi), fino all’usc ita dell’ad Flavio Cattaneo su esclusiva iniziativa proprio di de Puyfontaine. Tim però non ha tutti i torti a lamentarsi. Per la Consob, il controllo di fatto si realizza anche perché Vivendi, pur avendo il 23,9%, domina le assemblee (i fondi esteri non sono interessati a comandare), esprime 10 membri su 15 nel cda e controlla i comitati interni. Ma questo succede in molte grandi società quotate che però non hanno visto recapitarsi il medesimo provvedimento. Se questa è la linea Consob, se ne vedranno delle belle.