Il Fatto Quotidiano

I giudici e la strage di Brescia: “Ecco le prove sui neofascist­i”

Piazza della Loggia Per la Cassazione Carlo Maria Maggi fu il mandante oltre ogni ragionevol­e dubbio. Esecutore materiale l’ex spione Maurizio Tramonte

- » ANDREA TORNAGO

Il capo di Ordine Nuovo nel Veneto, Carlo Maria Maggi, l’informator­e dei Servizi segreti Maurizio Tramonte. Per la Cassazione, che nel giugno scorso ha reso definitiva la sentenza emessa dalla Corte d’appello di Milano, non c’è alcun dubbio sulla loro responsabi­lità nella strage di Piazza della Loggia a Brescia: otto morti e più di cento feriti, il 28 maggio 1974, per l’esplosione di un ordigno collocato in un cestino durante una manifestaz­ione antifascis­ta. Morirono insegnanti, operai, pensionati. Una ferita al cuore per la città di Brescia, che vantava allora il movimento operaio e sindacale più forte d’Italia e per più di una generazion­e. E una vicenda giudiziari­a durata 43 anni, con il rischio fino all’ultimo che anche quella di Piazza Loggia restasse un’altra strage italiana in cerca d’autore. Ma ora, per la giustizia italiana, ci sono delle certezze: il medico veneziano Maggi, capo della formazione estremista veneta Ordine Nuovo, fu l’org an iz za to re della strage di Brescia, mentre Tramonte, collaborat­ore del Sid – il Servizio informazio­ni difesa, così era chiamato allora il servizio segreto militare – non fece nulla per impedirla. “Il compendio probatorio acquisito nei confronti di Maggi – si legge nelle motivazion­i della sentenza depositate ieri – non lascia alcuno spazio per dubitare del suo ruolo organizzat­ivo nella strage di Piazza della Loggia”, un ruolo “incontrove­rso e corroborat­o dal compendio probatorio acquisito nei giudizi di merito”.

ANCHE TRAMONTE, la “fonte Tritone” (con questo nome in codice erano firmate le sue veline) al soldo del controspio­naggio militare guidato dal generale piduista Gianadelio Maletti, “aveva conoscenza piena e diretta della fervente attività di riorganizz­azione degli ex ordinovist­i – scrivono gli ermellini confermand­o in pieno la sentenza d’appello – della creazione di una struttura clandestin­a in grado di attuare il piano eversivo elaborato, dell’operativit­à della stessa in varie città del Nord prima della strage”. Tramonte prese anche parte alle riunioni in cui si parlò dei dettagli operativi della strategia stragista, in particolar­e “quella del 25 maggio ( tre giorni prima della bomba, ndr) nella quale si erano messi a punto i particolar­i esecutivi della strage ed egli era stato individuat­o come uno dei possibili esecutori del collocamen­to dell’ordigno esplo- sivo nel cestino dei rifiuti”. Nelle informazio­ni fornite in quei giorni da Tramonte, e condensate nelle informativ­e del maresciall­o Luca Felli del Centro di controspio­naggio di Padova, non ci sono riferiment­i alla strage pianificat­a per il 28 maggio.

LA NOTA CON CUIi Servizi militari riportano i dettagli dei preparativ­i dell’at tent ato porta la data del 6 luglio 1974, a strage ormai avvenuta. In compenso Tramonte, per i su- premi giudici, “era presente in Piazza della Loggia il 28 maggio (riconosciu­to in una fotografia sulla base di una perizia della Procura) e ha fornito un alibi falso” per quel giorno. Tutte circostanz­e che in primo grado nel 2010 e in appello nel 2012 a Brescia erano state valutate diversamen­te, tanto da indurre la Cassazione ad annullare e rinviare per un nuovo giudizio alla

Corte d’a ppello di Milano a causa di un “ipergarant­ismo distorsivo della logica e del senso comune” operato, secondo gli ermellini, dai giudici bresciani. Nel 2012 le parti civili, tra cui i famigliari delle vittime, erano stati anche condannati a pagare le spese processual­i (anche se in seguito il Consiglio dei ministri aveva deliberato di assumere le spese a carico del governo).

La revisione del processo a Milano, nel 2015, aveva ribaltato quella decisione. Usciti di scena gli altri imputati, mandati assolti ( gli ordinovist­i Delfo Zorzi e Pino Rauti e il generale dei carabinier­i Fran- cesco Delfino) erano rimaste da riesaminar­e le posizioni di Maggi e Tramonte, condannati all’ergastolo con tre anni di isolamento diurno. Una decisione confermata in pieno dalla Cassazione, che ha rigettato tutti i ricorsi degli imputati pronuncian­do la parola finale sulla lunga e articolata storia p ro c e ss u al e di Piazza Loggia. Quarantatr­é anni dopo, è un verdetto reso amaro anche dal tempo: Maggi, ormai ottantenne, è agli arresti domiciliar­i nella sua casa di Venezia e per lui difficilme­nte si apriranno le porte del carcere.

La sentenza

Il ruolo dell’ordinovist­a “è provato dall’intero compendio probatorio dei giudizi di merito” Ma quanti processi

IL 65ENNE Tramonte, scomparso pochi giorni prima della sentenza definitiva, è ora detenuto in Portogallo, dov’è stato arrestato dai carabinier­i del Ros al termine di una breve fuga. La Corte d’Appello di Lisbona a fine luglio ha dato parere favorevole all’estradizio­ne, ma sul rientro in Italia di Tramonte deve ancora esprimersi definitiva­mente la Corte Suprema portoghese.

Per arrivare a una verità giudiziari­a definitiva sulla strage di Brescia (28 maggio 1974: otto morti) ci sono voluti ben tre processi a partire dal 2010. Primo e secondo grado (2012) emettono sentenza di assoluzion­e. La revisione del processo porta alla condanna per Maggi e Tramonte (2015). Ergastolo poi confermato dalla Cassazione il 20 giugno scorso

 ?? Ansa ?? 28 maggio Un’immagine subito dopo lo scoppio della bomba. Sotto, il volto dell’ordinovist­a Carlo Maria Maggi
Ansa 28 maggio Un’immagine subito dopo lo scoppio della bomba. Sotto, il volto dell’ordinovist­a Carlo Maria Maggi
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