Della Campania felix oggi è rimasto (quasi) solo il “Veleno”
Una storia d’amore semplice e un amore “insensato” quello per la terra. È questo il nocciolo duro di Veleno, il film di Diego Olivares che alla chiusura della Settimana della Critica a Venezia è stato sommerso di applausi con standing ovation finale. Film d’amore e di difficile impegno civile. La storia di Rosaria (Luisa Ranieri) e di suo marito Cosimo Cardano (Massimiliano Gallo), contadini in quella parte di Campania una volta “Terra di lavoro”, da decenni “Terra dei fuochi”. Vivono della loro fatica, qualche ettaro coltivato a primizie, una stalla con le bufale, quelle del latte buono per le mozzarelle. Hanno pochi e semplici sogni, come tanti personaggi incontrati nel nostro cinema neorealista. Avere un figlio, migliorare la loro vita col duro lavoro della campagna, vivere o “campare”, come si dice tra le lande che uniscono la provincia di Napoli con quella di Caserta.
TERRE AMARE dove anche i sogni semplici devono fare i conti con la camorra, quella spietata della monnezza che a tonnellate è stata importata dalle fabbriche del Nord e poi sversata, grazie alle complicità con la politica locale, nelle campagne. Avvelenandole. La storia d’amore di Rosaria e Cosimo si snoda dentro questo fiume ammorbato fatto di avvocati compiacenti, boss che decidono quali po- litici eleggere, roghi di veleni che bruciano e intossicano l’aria, borghesia complice e arricchita dalla grande alleanza con la camorra, la massoneria, la politica sporca e pezzi deviati dello Stato. Luisa Ranieri mortifica la sua bellezza, domina il suo corpo per disegnare sul volto della protagonista i tratti dolenti di un amore che a un certo punto della storia diventa disperazione. Massimiliano Gallo, che abbiamo visto in Fortapasc di Marco Risi vestire i panni dello spietato boss Va- lentino Gionta, è Cosimo, contadino disperato che combatte, sapendo di perdere, le due battaglie fondamentali della sua vita, quella contro un tumore che lo devasta e quello contro chi vuole la “sua” terra per farne una discarica di veleni. Recitazione intensa, con la Ranieri che sempre più (il giudizio entusiasta è di Gaetano Di Vaio, produttore del film con Bronxfilm, assieme a Minerva Pictures e Tunnel Produzioni) somiglia a “una moderna Anna Magnani”, e Gal- lo, che con Velenodimostra di poter adattare volto e capacità attoriali a ogni esigenza scenica. La borghesia rapace e senza scrupoli, quella che ha avvelenato il cuore della “Campania felix” è messa in scena da Salvatore Esposito, il Genny Savastano della serie Gomorra. La villa texana con piscina, un aggressivo Hummer come macchina, la voracità consumistica di sua moglie, sono l’immagine di quei ceti parassitari campani che sulla mo nnezza hanno costruito fortune immense, carriere professionali e politiche. Infine la camorra, il volto è di uno straordinario Nando Paone (una vita in teatro e decine di film girati). È Donato Vasile, camorrista e pedofilo, personaggio ributtante che in una frase condensa la tragedia delle terre dei fuochi: “Me so pigliato chello c’aggio vulute”. Mi sono preso, ci siamo presi, noi la camorra, quello che abbiamo voluto. La terra, innanzitutto, migliaia di ettari avvelenati da fanghi tossici, copertoni, rifiuti ospedalieri, vernici, “merde” delle industrie del Nord. E alla gente del posto è rimasta la disperazione e la morte per tumori, 14 mila nuovi casi censiti nell’area della Asl 2 Nord tra il 2010 e il 2012 su 1 milione di abitanti. Mille roghi ogni an-
Magistrale Luisa Ranieri e Massimiliano Gallo, una coppia che lotta per preservare campi e salute
no, sono quelli che vediamo nelle campagne, sotto i cavalcavia, in vecchi capannoni industriali in disuso. La camorra della monn ezza brucia di tutto.
FILM DIFFICILE, perché pone l’attenzione su un dramma che in molti vogliono archiviare. È stato mai completato un censimento delle malattie provocate dall’a v v e le n amento di terre, fiumi e falde acquifere? No. A che punto è la bonifica dei suoli? Non si sa, le gente della Terra dei fuochi non deve saperlo. Rimane la disperazione delle mamme, la rabbia e il lavoro dei comitati spontanei che da anni si battono contro le ecomafie (molti hanno dato il loro sostegno al film). E Veleno dà fastidio. È un vero film “civile” (scuola Francesco Rosi), dove il dramma viene raccontato senza sacrificare la poesia dei sentimenti (scuola Nanni Loy) e con un amore verso la “t er r a” de l bravo regista Olivares, che a tratti ricorda Furore di John Ford. Un film che andrebbe proiettato nelle scuole e che speriamo non venga sacrificato dalla distribuzione.
V el e no sarà presente in molte sale di Milano, Torino, Genova, Roma e altre città, a partire da oggi.