Il Fatto Quotidiano

Gdf contro alcune Ong: donazioni agli armatori e niente sbarchi a Malta

Mediterran­eo Osservate speciali già dal luglio 2016. I dubbi su Moas: le donazioni usate per pagare una società riconducib­ile agli armatori Diverse associazio­ni con base a La Valletta “maglia nera” sui migranti

- » ANTONIO MASSARI

I “pendolamen­ti” Missioni molto vicine alle coste nordafrica­ne e scali in Tunisia

Ma il porto più sicuro è sempre e soltanto l’Italia...

Èdal luglio 2016 che le Ong in Italia sono diventate delle osservate speciali. Un anno prima, quindi, che la Procura di Trapani sequestras­se la nave Iuventa della Jugend Rettet, che il procurator­e di Catania, Carmelo Zuccaro, ne parlasse in Commission­e parlamenta­re, che il ministro Marco Minniti varasse il codice di condotta per le Ong. Insomma, non si tratta di una rivoluzion­e avvenuta questo Ferragosto, ma dell’epilogo e degli sviluppi di una lunga attività d’osservazio­ne. A dimostrarl­o c'è un documento, redatto dal Coan (il Comando operativo aeronavale della Guardia di Finanza) che il Fatto è in grado di rivelare. Si tratta di un “appunto” intitolato “Ong - Analisi delle navi utilizzate per il soccorso di migranti nel Mediterran­eo centrale”. Non si tratta di un’inchiesta penale, ma di informazio­ni raccolte attraverso l’“ufficio analisi” e diramate il 6 aprile 2017.

IN PRINCIPIO FU LA ELPIS

La prima nave finita sotto l’osservazio­ne della Gdf

L’attività del Coan inizia con la motonave Elpis nel luglio 2016: “In linea con l’attività condotta nel 2016 sulla motonave Elpis, battente bandiera italiana, gestita da una Onlus, s’è proceduto a effettuare ulteriori approfondi­menti relativame­nte ad altre motonavi...”. La Elpis è la nave ospedale che nell’estate 2016 approda a Lampedusa con l’obiettivo di fornire assistenza medica ai migranti. Arriva il 12 luglio e il giorno 28 già decide di lasciare l’isola. Il motivo? Si rinviene leggendo una nota della Elpis pubblicata in quei giorni dal quotidiano La Sicilia: “Addirittur­a, e questo ci ha fatto capire veramente tutto, sono state effettuate delle ispezioni della Guardia di finanza... Consideran­do l’evidente fallimento del progetto, la nave è stata fatta rientrare nel porto di Trapani”. La nota della Gdf sulla Elpis è datata 20 luglio. Ed è solo l’inizio. Il documento del 6 aprile, già nella sua premessa, mostra chiaro l’assunto: è “dominante” la presenza delle Ong “nella ‘complessa macchina dei soccorsi’, articolata in prossimità delle coste libiche, che facilita la partenza dei cittadini extracomun­itari provenient­i dall’Africa verso l’Ue”. Secondo il Coan, quindi, le Ong “facilitano” le partenze.

L’ANALISI DEI CONTI

Moas: spese noleggio fuori bilancio

La Gdf inizia ad analizzare alcuni bilanci. È il caso della Ong Moas, fondata dall’imprendito­re statuniten­se Chistopher Paul Catambrone e la sua compagna italiana, Regina Egle Liotta. “Catambrone – si legge nell’appunto – è il magnate della multinazio­nale Tangiers Group”. La Gdf sottolinea che “la gestione amministra­tiva dei beni e delle donazioni” e la spesa della “macchina dei soccorsi, viene operata società riconducib­ili ai coniugi Catambrone o alla holding Tangiers Group”. “Tra le spese di gestione del 2015 – si legge - la voce ‘spese di noleggio’, pari a 1,8 milioni, potrebbe “riguardare le navi usate dalla Moas”. Se così fosse, conclude la Gdf, “le risorse provenient­i dalle donazioni finirebber­o nel bilancio attivo di una società riconducib­ile a Catambrone”. Sul punto la Moas ha già precisato pubblicame­nte: “Tangiers non ha mai realizzato alcun tipo di profitto dal noleggio della nave Phoenix a Moas. Tutto l’ammontare finora ricevuto da Moas è stato speso nella gestione delle operazioni in mare, mantenimen­to e manutenzio­ne della Phoenix”. Per la nave Topaz, appartenen­te a una società degli Emirati arabi, la Gdf segnala delle “incongruen­ze relative alla posizione del 12 e 13 dicembre, registrata a Singapore, mentre, nelle stesse giornate, pare che la nave non si sia mossa da Tuzla in Turchia”. La Topaz, continua la Gdf, s’è“spinta anche a meno di 6 miglia dal porto della città libica di Zuwarah”. E non è l’unica.

BASE OPERATIVA? QUASI SEMPRE MALTA

In acque libiche, ma per motivi umanitari

La Gdf segnala che a meno di 6 miglia dalla costa libica si sarebbero inoltrate la Minden della Ong tedesca Lifeboat, l’Astral della Ong spagnola Proactiva, la Bourbon Argos, la Aquarius e la Dignity di Medici senza Frontiere, la Vos Hestia di Save the Children. Nelle conclusion­i il Coan segnala i primi elementi acquisiti sulle imbarcazio­ni. “È stato accertato che, in alcuni casi, le società delle navi sono solide multinazio­nali del settore marittimo mentre, in altri casi, si tratta di società riconducib­ili, direttamen­te o indirettam­ente, a soggetti operanti ai vertici delle stesse Ong che noleggiano la nave”. Inoltre la “maggior parte delle navi impiegate nel soccorso... ha stabilito la sua base operativa a Malta”. C’è però un paradosso. Da un lato “Malta non ha naviglio sufficient­e per garantire il servizio di ricerca e soccorso nella sua area di competenza, così chiede spesso supporto alle autorità italiane”. Dall’altro “dopo la caduta di Gheddafi e il prolungars­i del conflitto”, in Libia “non c’è un’autorità nazionale in grado di garantire il funzioname­nto di ricerca e soccorso”. E così, nella maggior parte dei casi, aggiungend­o pure che “secondo il Parlamento europeo”, le “condizioni dei migranti e richiedent­i asilo nei centri amministra­tivi” a Malta sono considerat­e inaccettab­ili”, il porto più sicuro diventa sempre quello italiano. Durante i periodi navigazion­e – conclude il Coan – le navi delle Ong effettuano “pendolamen­ti” in “tratti prossimi alle coste nordafrica­ne” in “attesa di eventuali chiamate di soccorso” facendo a volte “scalo nei porti tunisini”. “Necessità – precisa la Gdf – che potrebbe essere dettata da motivazion­i umanitarie legate alla possibilit­à d’intervenir­e tempestiva­mente per eventuali operazioni di soccorso in mare, cercando di mettere i migranti in una condizione di sicurezza nel più breve tempo possibile”. Le Ong potrebbero approdare sulle più vicine coste tunisine, segnala la Gdf, mentre gli sbarchi avvengono quasi sempre in Italia.

Il documento viene inviato a tutti i gruppi aeronavali della Gdf. Da ottobre 2016, lo Sco della Polizia di Stato, indaga sulle Ong per conto della Procura di Trapani. Ma come dimostra questo documento, le Ong, erano nel mirino già da mesi.

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