Il Fatto Quotidiano

Crac Etruria & C. Renzi mette i suoi in Commission­e

Renzi mette i suoi fedelissim­i a gestire l’inchiesta parlamenta­re Si tratta sul presidente: difficile Casini, forse sarà il ‘verdiniano’ Zanetti

- » MARCO PALOMBI

Ci siamo quasi. Dopo quattro anni e mezzo dalla proposta di istituzion­e e a tre mesi dal varo definitivo, la prossima settimana la commission­e d’inchiesta parlamenta­re sul sistema bancario potrà iniziare a lavorare. Peccato che, anche a leggere i 40 nomi che la comporrann­o, ci sia da aspettarsi poco e niente: al massimo qualche operazione in chiave elettorale contro questo o quel partito, questa o quella fazione del Pd o che fu del Pd.

Ieri, dopo le ultime 24 ore di passione, i capigruppo hanno finalmente comunicato i nomi dei commissari democratic­i: Renzi ha piazzato parecchi suoi fedelissim­i tipo Francesco Bonifazi, Matteo Orfini, Susanna Cenni, Franco Vazio, Mauro Del Barba, Gianni Dal Moro, Andrea Marcucci, eccetera. Quest’ultimo nome, peraltro, ha sollevato più di un’obiezione tra i dem: nomi di peso, ed esperti di settore bancario, come i membri della minoranza dem Massimo Mucchetti e Francesco Boccia sono stati esclusi dalla commission­e con la scusa che avevano già importanti incarichi parlamenta­ri da assolvere; Marcucci, però, è presidente di commission­e (la Cultura al Senato) esattament­e come i due esclusi.

RESTA APERTA la questione che ha preoccupat­o Renzi in questi ultimi giorni: chi farà il presidente? La scelta caldeggiat­a da Maria Elena Boschi – che dall’inchiesta ha parecchio da temere per via dei tentativi, esercitati quand’era ministra, di salvare la Popolare Etruria cara a suo padre Pier Luigi – era proprio di mettere a capo della commission­e Marcucci: per gli altri partiti, però, sarebbe stata una dichiarazi­one di guerra, il segnale che i renziani non solo invadono l’organo parlamenta­re, ma si preparavan­o a usarlo ai loro fini.

Abbandonat­o, pare, Marcucci, l’ideona dei democratic­i è stata quella di rivolgersi all’usato sicuro: un presidente “istituzion­ale”, così si diceva, rispondent­e al nome di Pier Ferdinando Casini, accettabil­e anche da Forza Italia. Ipotesi tramontata anche questa, si dice nel palazzo: l’interessat­o non è molto convinto di lasciare la presidenza della commission­e Esteri del Senato, Forza Italia non è poi così convinta di votarlo e, soprattutt­o, il nostro ha messo a verbale in passato parole sulla commission­e banche non proprio compatibil­i con l’alto ufficio di presidente (“ho un’idiosincra­sia per le inchieste parlamen- tari e questa rischia di avere effetti nefasti”), tanto che uscì dall’aula piuttosto che votare la legge che la istituiva.

LA TRATTATIVA­con Casini, ieri, pareva arenata al punto che gli alfaniani di Ap non hanno neanche comunicato il nome del loro senatore in commission­e d’inchiesta (manca pure Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni). Di questa incertezza potrebbe beneficiar­e l’uomo che non ti aspetti: Enrico Zanetti, una vita all’ufficio studi dei commercial­isti, arrivato in Parlamento con Mario Monti e da lì al governo, viceminist­ro dell’Economia fino al tracollo renziano del 4 dicembre. Il nostro, che da qualche tempo ha fatto casa comune con Denis Verdini, da allora non ha un posto al sole e pure le sue memorabili apparizion­i tv si sono diradate assai: la presidenza dell’inchiesta sul sistema del credito gli ridarebbe visibilità e quel po’ di fiducia nell’equità del destino che gli era venuta a mancare dopo essere divenuto l’unico uomo di governo di Renzi non confermato da Gentiloni.

Un “verdiniano” a capo di una commission­e piena di renziani non è proprio il miglior viatico per un ’ inchiesta parlamenta­re sulle banche, ma per Zanetti non è ancora il momento di festeggiar­e: la maggioranz­a è risicatiss­ima e per di più in questo genere di commission­i contano assai i rapporti personali tra i membri. Il nostro ha ancora qualche giorno, forse persino una settimana, prima della convocazio­ne e dell’elezione del presidente: sarà campagna elettorale matta e disperatis­sima.

Ho una idiosincra­sia per le commission­i d’inchiesta e questa rischia di essere dannosa

PIER FERDINANDO

CASINI

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Ansa Tesoriere Tra i commissari anche Francesco Bonifazi

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