Il Fatto Quotidiano

NIENTE ARRESTO SE L’ACCUSATO È UN CARABINIER­E

Indulgenza Nessuno condanna la condotta dei carabinier­i Qualcuno spieghi perché sono ancora a piede libero

- » DANIELA RANIERI

Vorremmo che uno bravo in codice penale ci spiegasse perché i due carabinier­i denunciati per stupro da due studentess­e americane a Firenze non sono in stato di fermo in galera, mentre i quattro africani (noti alle cronache come “le belve di Rimini”) accusati dello stesso reato, sì. In tutta evidenza, c’è ancora una possibilit­à che la versione fornita dai due tutori dell’ordine – “le ragazze erano consenzien­ti” e “non ci eravamo accorti che fossero ubriache” – possa rappresent­are un’attenuante e non un’aggravante del loro comportame­nto.

IN UNA NOTAuffici­ale, il comandante generale dell’Arma dei carabinier­i Tullio Del Sette ha definito la condotta dei gendarmi – che si chiamano Marco Camuffo e Pietro Costa – “un’onta grave per l’Arma”; come se non bastasse un comandante generale indagato per rivelazion­e del segreto d’ufficio e favoreggia­mento (nei confronti del clan dell’allora presidente del Consiglio Renzi). Ma, soprattutt­o, come se il danno più grave fosse quello commesso contro la reputazion­e dei carabinier­i e non contro due giovani donne in stato di minorità fisica e psicologic­a; come se il preteso stupro fosse solo un’infrazione da punire con una sospension­e e non un atto di violenza perpetrato al riparo della divisa.

A più di una settimana dal doppio rapporto sessuale accertato (di cui uno sulle scale di casa e uno in ascensore), non risulta che nessuno abbia chiesto scusa alle vittime: né i due maschi inconti- nenti, né i generaloni (nemmeno l’altro indagato con Del Sette e il ministro Lotti per lo stesso reato, il comandante dei carabinier­i in Toscana Saltalamac­chia), né il sindaco ereditario Nardella, che ha anzi approfitta­to dello spiacevole episodio per fare una ramanzina agli studenti gozzovigli­anti di notte per le strade di Firenze (sottinteso: poi non andate a lamentarvi se i carabinier­i vi stuprano). Per una concomitan­za alchemica di cose, quindi, i due valorosi servitori dello Stato sono tuttora a piede libero e nessuno li accomuna al regno animale, nonostante abbiano ammesso i fatti dando però la colpa, come tutti i vili dalla Bibbia in poi, alle donne tentatrici. Come se anche soltanto abbandonar­e il servizio per abbordare due ragazze, usare l’auto di servizio per accompagna­rle a casa senza che ce ne fosse necessità (non erano sobrie?) e sottoporle a un rapporto sessuale in seguito al quale una delle due è svenuta, fosse tutto sommato una caduta di stile, “una leggerezza” da farfalloni.

Il clima di indulgenza attorno a questi due nostri nuovi marò non deriva soltanto dal loro essere maschi caucasici, ma anche dal fatto che le due ragazze, come ha perspicace­mente rilevato Nardella, si erano date allo “sballo” nella sua città priva di servizi notturni. Ne consegue che per una donna essere violentata di notte sul pianerotto­lo di casa da quelli che dovrebbero difenderla è meno grave che dai “marocchini stupratori” per strada o in spiaggia.

IN FONDO, gli è andata bene. Stavolta i giornali non hanno pubblicato i verbali coi dettagli delle violenze subìte, come ha fatto Libero ai danni della donna polacca violentata a Rimini perché fosse ben chiaro di cosa sono capaci le “belve disumane”. Salvini, sempre pronto a invocare la castrazion­e chimica contro gli stupratori stranieri, ha parlato di “vicenda molto strana”. Gli amici renziani dei carabinier­i a vario titolo indagati si confermano ultra-garantisti. Il Costa ha riciclato la scusa che tante volte deve aver raccolto nei verbali di stupri: “Sono state loro a invitarci, hanno insistito perché salissimo a casa”… e l’uomo, si sa, è debole. E così due indagati, che possono, loro sì, inquinare le prove, sono liberi come l’aria, sostanzial­mente protetti da pm, politica e forze dell’ordine, e delle due vittime poco importa. Devono essere i famosi “nostri valori”.

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