Il malinconico epilogo della legge Richetti
Il Pd la propone, poi la dimentica, infine la rilancia alla Camera e l’affossa al Senato
La
precipitosa rincorsa del Partito democratico sui vitalizi porta il nome, suo malgrado, di Matteo Richetti. Al portavoce renziano del Pd va riconosciuto di aver scritto una legge che avrebbe permesso una riforma davvero radicale del trattamento privilegiato degli ex parlamentari. Al suo partito, invece, va attribuita la responsabilità di averla affossata.
LA LEGGE Richetti, se approvata, porterebbe al ricalcolo secondo il metodo contributivo di tutti i vitalizi già in essere. I trattamenti degli ex parlamentari e dei loro eredi hanno un costo di oltre 200 milioni di euro l’anno e un importo medio che sfiora i 100 mila. L’Inps ha stimato che il ricalcolo dei vitalizi permetterebbe un risparmio di circa 70 milioni l’anno.
Il problema è solo politico: la legge Richetti non ha i numeri per essere approvata al Senato. Il Pd prima l’ha tenuta a bagno maria in commissione per quasi due anni: è stata presentata alla Camera il 9 luglio 2015 e dimenticata fino all’estate del 2017. A renderla di nuovo interessante, agli occhi di Renzi è stato soprattutto un servizio de le Iene che raccontava la melina del suo partito. Al Nazareno si sono arrabbiati molto, ma in compenso la legge Richetti è tornata in agenda. L’improvvisa accelerazione, ha garantito l’approvazione alla Camera lo scorso 26 luglio, grazie anche ai voti dei Cinque Stelle. Per la Richetti è stato l’ultimo momento di gloria, prima del fuoco amico del Pd al Senato.
L’ex tesoriere Ugo Sposetti ha raccontato al Fatto di essere pronto ad arruolare le truppe di chi vuole far fallire la legge: non pochi, tra i dem di Palazzo Madama (e anche negli altri partiti), la ritengono “pericolosa”. Poi è arrivata la condanna definitiva, pronunciata dal capogruppo Luigi Zanda: “Bisogna valutarne la costituzionalità”. Detto, fatto: la Richetti ora è nel pantano della commissione Affari Costituzionali del Senato, l’approdo definitivo in aula rinviato a data da destinarsi.
I dubbi di costituzionalità peraltro sono stati espressi anche da autorevoli esperti della materia, come Valerio Onida e Michele Ainis. Quest’ultimo ha scritto su Repubblica: “I vitalizi sono sempre stati disciplinati dai regolamenti interni delle Camere, non dalla legge” (in virtù del principio della cosiddetta autodichia).
PER QUESTO, secondo Ainis, la Richetti porterebbe in seno un vizio anche formale di incostituzionalità. Curiosamente, il Pd ha respinto il taglio dei vitalizi (lo stesso della Richetti) anche in Ufficio di presidenza. Lo scorso 23 marzo la maggioranza guidata dai dem ha giudicato “inammissibile” la delibera dei Cinque Stelle per il ricalcolo delle pensioni degli ex onorevoli. Non s’ha da fare, né in un modo, né in un altro.
Costituzionalità
Per Ainis va approvata in Ufficio di presidenza, ma i dem l’hanno fatta fallire anche lì