I conti del privilegio: finora spesi 4 miliardi
Crescita esponenziale dal 1954. Ma le pensioni ai dipendenti costano più del doppio
Ci sono due modi per leggere i numeri che raccontano un privilegio, per così dire, lungo oltre mezzo secolo in un mondo che si regola da sé. Il primo è guardare a quelli assoluti. Dal 1954 – anno primo del vitalizio per i parlamentari – a oggi, Camera e Senato hanno speso 4 miliardi 144 milioni 353 mila 866 euro per consentire agli ex onorevoli una quiescenza senza patemi in forma di rendita. Si è passati dai 22.106 euro del ‘54 ai 190 e dispari milioni del 2016 incassati dai circa 2.600 ex parlamentari (una media di 66 milioni l’anno, senza contare l’assegno di fine mandato). Solo negli ultimi sei anni, il conto è stato di 1,23 miliardi e, stando ai bilanci di previsione, nel 2017 si salirà verso quota 200. Dal 2018, secondo i calcoli dell’Inps inizierà poi una lenta ma inesorabile discesa (per arrivare a 56 milioni nel 2065). Il motivo è nel combinato disposto della modifica che dal 2011 ha imposto ai nuovi assegni il sistema contributivo, seppur in forma generosa, e del fatto che la platea con i vecchi requisiti cala nel tempo.
LA SPESA per i vitalizi non è stata sempre costante, ma negli ultimi quattro decenni è sempre stata superiore ai contributi versati. Già alla fine degli anni 70, il sistema – con appena 500 percettori – era in deficit e da allora la forbice tra contributi versati e assegni incassati si è ampliata in maniera esponenziale. Tra il 1990 e il 2006 la spesa è addirittura cresciuta più del numero di ex deputati che ne beneficiavano (significa che gli assegni sono stati alzati). Gli incrementi più alti si sono verificati alla metà degli Anni 80 (la spesa raddop- piò da 15 a 28 milioni tra l’83 e l’84) e all’inizio dei ’90, quando le inchieste di Mani Pulite portarono a un ricambio imponente nella composizione delle Camere: si è passati dai 50 milioni del 1990, agli 83 del 1994, fino ai 140 del 2000. Oggi è difficile che un parlamentare resti in sella per 4-5 legislature, e lo sarà sempre meno.
L’altro aspetto riguarda il complesso della spesa. Quella per i vitalizi è una fetta di quella totale. Nel 2016 parliamo del 12% per la Camera (120 milioni su 996) e del 14% per il Senato (71 milioni su 492). Non rappresenta la quota maggiore della spesa previdenziale perché questa viene risucchiata soprattutto dagli assegni agli ex dipendenti delle Camere, grazie a trattamenti e criteri per l’uscita assai generosi. Nel 2016, il personale in pensione ha assorbito 400 milioni, a fronte di contributi versati per 36 milioni: un rapporto di uno a dieci, e la spesa cresce di anno in anno (+20% rispetto al 2014 solo al Senato). Un meccanismo surreale visto che la gran parte dei contributi viene dal “datore di lavoro”: la Camera, per esempio, trattiene 18 milioni ai suoi lavoratori, ma ne versa 37 tra contributi e versamenti al fondo di previdenza del personale. Secondo i calcoli dell’Inps, con la legge Richetti si possono risparmiare 70 milioni l’anno sui vitalizi, il 35% della spesa annua relativa, il 4,7% di quella totale.