Noemi, il Csm indaga sui ritardi dei giudici
Il 17enne omicida reo confesso della fidanzata Noemi Durini, 16 anni, non era affatto sconosciuto ai giudici. A segnalarlo, quattro mesi fa, infatti era stata la madre di lei, che lo aveva denunciato per presunte violenze nei confronti della figlia. Denuncia che non aveva portato a nulla. Solo a fine agosto, infatti, il Tribunale dei Minori di Lecce ha chiesto una relazione sociale sul conto del ragazzo al Comune di Alessano (in provincia di Lecce). Poco prima, dunque, della scomparsa di Noemi, ritrovata cadavere mercoledì nelle campagne vicino a Leuca, dieci giorni dopo il suo allontanamento da casa.
NON C’È mai stata per il 17enne una formale presa in carico da parte dei servizi sociali, “mai una segnalazione. A luglio – dice la sindaca Francesca Torsello – sulla base delle indicazioni del Centro di salute mentale, ho firmato l’unico Tso (Trattamento sanitario obbligatorio) a suo carico”. Nulla più. Per Noemi, invece, un provvedimento era già arrivato al Comune di Specchia: era stato chiesto l’affidamento ai servizi sociali fino a ottobre. “Il Tribunale dei minori – spiega il primo cittadino, Rocco Pagliara – ci aveva chiesto una relazione sociale”. I giudici probabilmente stavano cercando di chiarire una situazione complicata, fatta di veleni e denunce reciproche fra le due famiglie: qualche mese prima anche il padre del fidanzato aveva denunciato la 16enne per atti persecutori nei confronti del figlio.
Noemi poteva essere salvata? È a questa domanda che punta a dare risposta la doppia istruttoria avviata per verificare la presunta inerzia del Tribunale dei minori di Lecce. La prima è del Csm, che ha chiesto l’apertura di una pratica. La seconda è del Ministero della Giustizia, che ha avviato tramite l’ispettorato, accertamenti preliminari.
Intanto ancora non è chiaro se e che problemi psichiatrici abbia il ragazzo. “Agli atti – puntualizza al Fatto Maria Cristina Rizzo, alla guida della Procura presso il Tribunale per i minorenni – non c’è documentazione che attesti una diagnosi psichiatrica a suo carico. Sì, c’è stato il Tso, sulle cui motivazioni stiamo svol- gendo accertamenti, ma non c’è nulla che dia testimonianza di una diagnosi che lo identifichi come un soggetto psichiatrico in senso proprio”. La stessa procuratrice ha definito il 17enne “lucido e chiaro” nella ricostruzione dei fatti durante l’interrogatorio, la sera di mercoledì, prima di lasciare la caserma tra ghigni, saluti e linguacce che gli sono quasi costate il linciaggio. Ora è in una struttura protetta, a Lecce, in stato di fermo, e dà segni di pentimento. “Quello che ho fatto è stato per l’amore che provo per voi. Noemi voleva che io vi uccidessi per potere avermi con sé. Sono un fallito e mi faccio schifo”. Questo il contenuto del bi- glietto che il 17enne avrebbe lasciato ai genitori, mostrato dalla madre alle telecamere de La Vita In Diretta.
INTANTO sono state diverse le versioni fornite agli investigatori: prima ha parlato di “uno scatto d’ira”, poi di gelosia (“aveva troppi amici”), infine ha detto che Noemi “voleva sterminare tutta la mia famiglia”. Per avvalorare questa tesi, il fidanzato ha affermato di averla uccisa con un coltello (mai trovato) che lei aveva portato con sé. Prima dell’autopsia, probabilmente lunedì, non si potrà sapere se la 16enne sia stata colpita davvero con una lama o con una pietra: le lesioni su testa e collo sono state compromesse dall’azione delle larve. Resta da capire anche se il ragazzo abbia fatto tutto da solo. Suo padre è indagato per concorso in occultamento di cadavere: dall’interrogatorio per ora non sembra essere emerso nulla a suo carico.
Veleni reciproci Accuse incrociate tra le famiglie. Per la vittima era stato richiesto l’affidamento