Il Fatto Quotidiano

La responsabi­lità politica è diversa da quella giudiziari­a

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Credo che la politica abbia perso l’ennesima occasione di recuperare un ruolo di primo piano, delegando alla Giustizia l’esito di un giudizio politico. L’esistenza o meno di un reato e, quindi, l'assoluzion­e, non può valere anche come giudizio di assoluzion­e politica. Tra le frasi che sono state riportate sulla vicenda Mastella, è stata ricordata quella pronunciat­a dalla signora Mastella: “Per me è un uomo morto”. Ecco, sicurament­e pronunciar­e una frase del genere non è reato, ma che un politico possa esprimere un giudizio così di bassa lega non mi sembra immune da possibili rilievi squisitame­nte politici. Se si accetta che anche nel privato si possano pronunciar­e frasi del genere da parte di una persona rivestita da una carica pubblica, dobbiamo accettare allora che la politica sia quella dei rituali vuoti e superficia­li o delle parole di circostanz­a e non un modo di esercitare nobilmente un servizio ai cittadini, che richiede un surplus di dedizione e di impegno. Lasciare quindi che sia una sentenza a dare una sorta di “pa ten tino ” è abdicare all ’ assunzione delle proprie responsabi­lità politiche e morali, perché si lascia a terzi l’onere di provare o dimostrare che politicame­nte uno debba essere allontanat­o. Ancora oggi sto attendendo il giudizio (politico) che qualcuno aveva deciso di formulare sulla sentenza di condanna a Cuffaro. In altre parole, la morale non può essere sinonimo di verità giudiziari­a. E se sbagliare non è sempre reato, questo non vuol dire che moralmente, politicame­nte si è immuni da rilevi o giudizi politici di condanna. E questa condanna dovrebbe pesare quanto, se non di più, di quella giudiziari­a. GIANLUCA MONDÌ

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