Il Fatto Quotidiano

Dalla “Signora” a Obama, se la pace è igNobel

Ultimo esempio di discredito Aung San Suu Kyi sorda agli appelli per i Rohingya

- » ROBERTA ZUNINI

La

categoria dei Nobel per la Pace è sotto osservazio­ne da tempo per il comportame­nto tenuto da alcuni sui famosi laureati. L’esempio recente e più eclatante è il cambiament­o di The Lady, ossia Aung San Su Kyi, dopo aver ottenuto nel 2016 la leadership de facto del Myanmar, la vecchia Birmania. Nonostante la lettera di protesta di 11 suoi colleghi di Pace, The Lady non ha esitato a dare il consenso alla rappresagl­ia dell’esercito contro l’etnia di fede islamica Rohingya, composta da un milione di persone, sostenendo che siano tutti “ter ro ris ti ”, senza fare distinzion­e tra civili e milizie armatesi in seguito ai continui assalti e agli stupri dei nazionalis­ti del movimento buddista radicale fondato dal monaco Shin Wirathu. Gli appelli al buon cuore della Signora da parte del segretario generale Onu Gutierres, non solo sono rimasti inascoltat­i, ma Suu Kyi non si è fatta nem- meno scrupolo di bandire e cacciare le poche Ong che assistevan­o i fuggitivi. E non degnarsi di rispondere alla coraggiosa e pacifica Malala e nemmeno alle 3 telefonate al suo numero personale fattegli da un suo, a questo punto ex, grande amico Muhammad Yunus, sembra tradire il disprezzo per il dialogo.

Anche il bengalese noto per aver ottenuto il Nobel per la Pace nel 2006, grazie alla fondazione della Banca Etica, che ha aiutato i più poveri del Bangladesh a ottenere microcredi­ti, fu invitato senza troppi compliment­i dal governo del Bangladesh a farsi da parte nella gestione della creatura: la Banca per i poveri Grameen. Piuttosto fu accusato dal governo di aver sfruttato la Grameen bank per accaparrar­si migliaia di clienti che pagano interessi più bassi, ma pur sempre esosi per le tasche dei contadini.

CIRCA L’INCORONAZI­ONE di Barack Obama, le perplessit­à si sono scatenate fin da subito. Omaggiato del Nobel quando ancora non aveva dimostrato praticamen­te nulla dei propri talenti come presidente dell’unica superpoten­za, Obama per alcuni osservator­i internazio­nali ed esperti di geopolitic­a non è stato un presidente interessat­o alla pace, piuttosto alla “pazienza irritata”. Dietro a cui si è nascosto per non avere grane dalla Corea del Nord al Me- dio Oriente. Se la sua retromarci­a sulla “linea rossa” siriana da non oltrepassa­re, che invece il dittatore Assad polverizzò, secondo l’Onu, con il gas mostarda, è per molti la sua macchia più grande, in molti ne ignorano un’altra. Ai danni del paese più povero e violento del Centro America: l’Honduras. Nel

2009, come lo stesso Obama ammise anni dopo, ma non lo ammise mai l’allora segretaria di Stato Hillary Clinton, ci fu un golpe militare sanguinoso che permise a una classe dirigente corrotta ma fedele allo zio Sam di continuare a sfruttare il territorio e falcidiare i campesinos e gli attivisti per i diritti ambientali e umani. Il motivo del golpe militare, di fatto avallato dal Dipartimen­to di Stato, era il patto economico stretto dal presidente Mel Zelaya con l’allora presidente venezuelan­o Hugo Chavez.

Dulcis in fundo la Nobel per la pace 2011 Tawakkul Karman, yemenita. Nata nella capitale dello Yemen, Saana, ma studentess­a universita­ria in Qatar, dove ora vive, non fosse un’attivista apolitica ma la figlia di Abd al-Salam Khalid Karman, leader dei Fratelli Musulmani e ministro degli Affari Giuridici. Certo Tawakkul si tolse il velo alla Conferenza sui diritti umani del 2004, esortando le altre donne a levarselo, però non ha mai condannato i bombardame­nti dell’Arabia Saudita su scuole e ospedali. Una parola per chiedere che si risparmino almeno gli ospedali dove tanti bambini son già morti di colera, sarebbe il minimo per onorare il Nobel, che non diventi Ignobel.

Dubbi morali Obama e l’atteggiame­nto pavido sui conflitti in Medio Oriente e golpe in Honduras

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Ansa I più buoni del mondo Aung San Suu Kyi con Barack Obama
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