IL SENATORE D’ANNA E I TROPPI CHE “LA RAGAZZA SE L’È CERCATA”
“IL DESIDERIO è istinto primordiale, le donne siano più caute”. VINCENZO D’ANNA, SENATORE ALA PUNTUALMENTE, ogniqualvolta (molto spesso) una donna (o una ragazza o una bambina) viene uccisa (o stuprata o sfigurata o torturata o tutte queste cose insieme) dal proprio compagno (o marito o fidanzato o passante o immigrato o milite, ma qui la varietà dei generi può essere infinita) spunta su qualcuno a contestare con manifesta irritazione l’espressione: femminicidio (“non esiste, trattasi di comuni omicidi”). O a dimostrare, statistiche alla mano, che il numero delle donne in vario modo massacrate è diminuito addirittura del due o due e mezzo per cento, fate voi. Pensate un po’: 27 donne assassinate (poi gettate in un pozzo o sepolte sotto i sassi o trascinate da un’auto in corsa o finite a bastonate o arse vive) dall’inizio dell’anno mentre nel 2016 furono una o due di più (davvero tranquillizzante). Fino a declinare con diverse forme il cosiddetto senso comune da osteria o da cesso pubblico o da caserma o da casino (quando esistevano). Ovvero: quella se l’è cercata. Attenzione, non ci addentreremo nelle motivazioni profonde che scatenano in individui apparentemente normodotati tali patologie. Altro è l’interrogativo: come mai invece di venire accurata- mente occultate simili flatulenze del linguaggio vengono esibite con soddisfazione, comunicate all’intero globo con pochi ma ben assestati colpi sulla prima tastiera sottomano? Perché mai si vogliono amplificare i propri rutti (con rispetto parlando) quando quelle medesime nullità in un consesso civile si silenzierebbero con un fazzoletto davanti alla bocca? Si tratta, viene spiegato, della sindrome da social. Ovverosia, l’insopprimibile impulso a esibirsi nel modo più osceno e provocatorio sul palcoscenico della Rete, costi quel che costi, anelando di essere sommersi da una marea di commenti fatti della stessa scivolosa sostanza che si è sparsa a piene mani. Insomma: gli odiatori si moltiplicano perché cresce il numero degli esibizionisti da smartphone. È un universo di zombie narcisisti che si contagiano gli uni con gli altri in un sistema che agisce secondo la legge del più facciamo schifo meglio stiamo. Fateci caso, quante volte questi soggetti dopo aver reso virale il proprio pus, cominciano a frignare un tardivo pentimento: chiedo scusa chissà cosa mi è preso… L’unico modo è trattarli come appestati. Ignorarli è la pena peggiore che possiamo loro infliggere.
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Antonio Padellaro - il Fatto Quotidiano