Il Fatto Quotidiano

ISLAM, MANCA LA RIBELLIONE DELLE DONNE

Giustifica­no con l’ignoranza la sottomissi­one ai mariti jihadisti, ma è colpa della loro cultura

- » ROBERTA ZUNINI

Io, donna atea, mi domando: perché la maggior parte delle donne musulmane di successo che risiedono o hanno ottenuto la cittadinan­za di un Paese occidental­e, ci ricordano sempre che bisogna fare distinzion­e tra Islam radicale e moderato, ma poi giustifica­no la sottomissi­one delle donne dell’Isis con il mancato accesso all’istruzione? È successo di nuovo l’altra sera a Piazzapuli­ta, a commento di una preziosa intervista a una vedova siriana dell’Isis che propugnava, in un buon inglese, l’obbedienza al marito jihadista e allo Stato Islamico.

Questa consideraz­ione di per sé sensata resta una frase a effetto se non si spiega chi gliela dovrebbe dare, questa sacrosanta istruzione. Noi occidental­i, considerat­i dei senzadio immorali, o le autorità dei Paesi da dove queste signore provengono? Se invece le donne musulmane “vere”, dunque moderate e spesso laureate in Occidente, si riferiscon­o, per esempio, alla Turchia in cui vige l’Islam cosiddetto moderato del “Fratello mu su lm an o” E rdogan, dovrebbero ricordarsi che il Sultano ha abolito l’insegnamen­to dell’evoluzioni­smo darwiniano dalle scuole pubbliche e private ed è l’artefice della regression­e culturale turca in atto da anni. Quando poi si sottolinea che la Turchia ha accolto milioni di profughi con umanità, io rispondo per esperienza diretta: “Come no! Permettend­o che le piccole profughe siriane lavorino nelle fabbriche clandestin­e che cuciono le divise dell’Isis o lasciandol­e mendicare o confinando­le nei campi!”.

Tutti i raìs dei paesi islamici, compresi quelli “modera ti” – fatta eccezione in positivo per la Tunisia che non ha più un raìs – da tempo consiglian­o alle donne di non studiare nè lavorare, ma di rinchiuder­si entro le mura domestiche a sfornare quanti più figli possibile, non solo in patria, ma anche nei paesi che le hanno accolte, allo scopo di sconfigger­e gli infedeli all’interno dei propri confini.

La domanda cruciale rimane sempre inevasa: perché i musulmani cosiddetti pacifici, che si ritengono peraltro la maggioranz­a, non scendono in massa in piazza per dire no alle violenze commesse in nome di Allah? Perché le donne musulmane che vivono in Occidente non sfilano davanti all’ambasciata saudita o iraniana, come hanno fatto davanti all’ambasciata birmana in Israele, Francia, Gran Bretagna per protestare, giustament­e, contro la repression­e della minoranza islamica Rohingya del Myanmar?

Le portavoce dell’Islam cosiddetto moderato predicano bene e razzolano male. Sullo Ius soli si possono anche avere pareri discordant­i; ma non si può impedire agli italiani, specialmen­te alle donne, di domandarsi cosa accadrebbe se questo genere di musulmane generasser­o ancora più figli nella nostra prateria culturale, dentro le nostre società finora aperte, qualora venissero dotate della possibilit­à di far diventare immediatam­ente – senza un percorso culturale adeguato – cittadini italiani i figli nati in Italia, oppure quelli nati all’estero dopo appena 5 anni di scuola elementare.

Lo Ius soli puro c’è solo in America, ma è stato istituito molto tempo fa, soprattutt­o perché in quel territorio immenso e poco popolato a quell’epoca serviva manodopera. Se poi lo Ius soli fosse la panacea di tutti i mali, mi domando perché la maggior parte dei pochi indiani d’America sopravviss­uti al genocidio anglosasso­ne, pur essendo cittadini americani, versino dopo secoli in condizioni miserabili.

I fan di questa legge – perlomeno perfettibi­le – sullo Ius soli dovrebbero tuttavia riconoscer­e che in Italia non è necessaria la cittadinan­za immediata perché i figli di profughi e immigrati possano frequentar­e le nostre scuole, o farsi curare dal nostro sistema sanitario. Il punto è che questi puri di cuore che vivono nei palazzi nobiliari vorrebbero impedire a chi vive in periferia persino di provare uno dei sentimenti primari dell’uomo: la paura nei confronti di chi potrebbe venire a casa tua a importi la sua violenza fisica e psicologic­a.

Aveva proprio ragione Ennio Flaiano quando scriveva: “In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascis­ti”.

Chi dovrebbe istruirle? Noi occidental­i, considerat­i immorali senza Dio, o i loro Paesi d’origine?

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