ISLAM, MANCA LA RIBELLIONE DELLE DONNE
Giustificano con l’ignoranza la sottomissione ai mariti jihadisti, ma è colpa della loro cultura
Io, donna atea, mi domando: perché la maggior parte delle donne musulmane di successo che risiedono o hanno ottenuto la cittadinanza di un Paese occidentale, ci ricordano sempre che bisogna fare distinzione tra Islam radicale e moderato, ma poi giustificano la sottomissione delle donne dell’Isis con il mancato accesso all’istruzione? È successo di nuovo l’altra sera a Piazzapulita, a commento di una preziosa intervista a una vedova siriana dell’Isis che propugnava, in un buon inglese, l’obbedienza al marito jihadista e allo Stato Islamico.
Questa considerazione di per sé sensata resta una frase a effetto se non si spiega chi gliela dovrebbe dare, questa sacrosanta istruzione. Noi occidentali, considerati dei senzadio immorali, o le autorità dei Paesi da dove queste signore provengono? Se invece le donne musulmane “vere”, dunque moderate e spesso laureate in Occidente, si riferiscono, per esempio, alla Turchia in cui vige l’Islam cosiddetto moderato del “Fratello mu su lm an o” E rdogan, dovrebbero ricordarsi che il Sultano ha abolito l’insegnamento dell’evoluzionismo darwiniano dalle scuole pubbliche e private ed è l’artefice della regressione culturale turca in atto da anni. Quando poi si sottolinea che la Turchia ha accolto milioni di profughi con umanità, io rispondo per esperienza diretta: “Come no! Permettendo che le piccole profughe siriane lavorino nelle fabbriche clandestine che cuciono le divise dell’Isis o lasciandole mendicare o confinandole nei campi!”.
Tutti i raìs dei paesi islamici, compresi quelli “modera ti” – fatta eccezione in positivo per la Tunisia che non ha più un raìs – da tempo consigliano alle donne di non studiare nè lavorare, ma di rinchiudersi entro le mura domestiche a sfornare quanti più figli possibile, non solo in patria, ma anche nei paesi che le hanno accolte, allo scopo di sconfiggere gli infedeli all’interno dei propri confini.
La domanda cruciale rimane sempre inevasa: perché i musulmani cosiddetti pacifici, che si ritengono peraltro la maggioranza, non scendono in massa in piazza per dire no alle violenze commesse in nome di Allah? Perché le donne musulmane che vivono in Occidente non sfilano davanti all’ambasciata saudita o iraniana, come hanno fatto davanti all’ambasciata birmana in Israele, Francia, Gran Bretagna per protestare, giustamente, contro la repressione della minoranza islamica Rohingya del Myanmar?
Le portavoce dell’Islam cosiddetto moderato predicano bene e razzolano male. Sullo Ius soli si possono anche avere pareri discordanti; ma non si può impedire agli italiani, specialmente alle donne, di domandarsi cosa accadrebbe se questo genere di musulmane generassero ancora più figli nella nostra prateria culturale, dentro le nostre società finora aperte, qualora venissero dotate della possibilità di far diventare immediatamente – senza un percorso culturale adeguato – cittadini italiani i figli nati in Italia, oppure quelli nati all’estero dopo appena 5 anni di scuola elementare.
Lo Ius soli puro c’è solo in America, ma è stato istituito molto tempo fa, soprattutto perché in quel territorio immenso e poco popolato a quell’epoca serviva manodopera. Se poi lo Ius soli fosse la panacea di tutti i mali, mi domando perché la maggior parte dei pochi indiani d’America sopravvissuti al genocidio anglosassone, pur essendo cittadini americani, versino dopo secoli in condizioni miserabili.
I fan di questa legge – perlomeno perfettibile – sullo Ius soli dovrebbero tuttavia riconoscere che in Italia non è necessaria la cittadinanza immediata perché i figli di profughi e immigrati possano frequentare le nostre scuole, o farsi curare dal nostro sistema sanitario. Il punto è che questi puri di cuore che vivono nei palazzi nobiliari vorrebbero impedire a chi vive in periferia persino di provare uno dei sentimenti primari dell’uomo: la paura nei confronti di chi potrebbe venire a casa tua a importi la sua violenza fisica e psicologica.
Aveva proprio ragione Ennio Flaiano quando scriveva: “In Italia i fascisti si dividono in due categorie: i fascisti e gli antifascisti”.
Chi dovrebbe istruirle? Noi occidentali, considerati immorali senza Dio, o i loro Paesi d’origine?