Il Fatto Quotidiano

CONSIP, COSA C’ENTRA IL CSM COI CARABINIER­I?

- » ANTONIO ESPOSITO

Il lupo perde il pelo ma non il vizio. Ancora una volta il Csm ha posto in essere comportame­nti che offrono il fianco a critiche anche aspre. Il primo riguarda gli accertamen­ti che la prima commission­e, presieduta dall’ex sindaco Pd di Arezzo, avv. Giuseppe Fanfani, sta svolgendo nei confronti del pm napoletano Henry Woodcock ai fini di un trasferime­nto di ufficio del magistrato.

QUALCHE GIORNO FA, la stampa ( Repubblica, Corriere della Sera e Messaggero) ha dato notizia dell’audizione, avvenuta nel luglio scorso, nel contesto di tali accertamen­ti, del procurator­e della Repubblica di Modena, Lucia Musti, e ha pubblicato ampi stralci della sua deposizion­e (poi corretta e ieri smentita dall’interessat­a), inviata per competenza alla Procura di Roma. Evidenteme­nte il Csm ravvisa in tali dichiarazi­oni ipotesi di reato, presumibil­mente a carico dei carabinier­i del Noe, maggiore Giampaolo Scafarto e colonnello Sergio De Caprio. Due consideraz­ioni si impongono. Innanzitut­to sarebbe importante capire come si è giunti all’audizione della Musti: se è stata lei a chiedere di essere ascoltata o se il suo nominativo è stato indicato da altri sentiti nel corso degli accertamen­ti. In entrambi i casi era necessario che la Musti fosse in possesso di notizie riguardant­i comportame­nti di Woodcock – oggetto di accertamen­ti a carico suo – e non di altri, sui quali il Csm non ha alcun potere di indagine (ammesso che, nel caso di specie, l’abbia su Woodcock, nei cui confronti già pendono due inchieste, una penale e l’altra disciplina­re, sì che spazi di interventi per fatti incolpevol­i da parte del Csm sembrano quantomai ristretti). Altrimenti non si giustifich­erebbe l’audizione della Musti. Dalla lettura dei brani della sua deposizion­e pubblicati dalla stampa, emergono, invece, accuse anche abbastanza gravi nei confronti dei due militari Scafarto e De Caprio, qualificat­i dalla pm come “esagitati” e “spregiudic­ati” per essersi rivolti a lei con espression­i del tipo: “Lei ha una bomba in mano, se vuole la può far esplodere”, “scoppierà un casino, arriviamo a Renzi”. Ora, tali dichiarazi­o- ni – che esulavano dal tema di indagine (l’eventuale trasferime­nto di Woodcock) – non potevano né dovevano certo interessar­e il Csm, che avrebbe dovuto sospendere l’audizione, invitando la Musti a renderla alla competente autorità giudiziari­a. Adempiment­o che la pm avrebbe dovuto già fare se, a suo tempo, avesse ravvisato nel comportame­nto dei due ufficiali ipotesi di reato ovvero informare, sempre a suo tempo, il procurator­e generale del distretto di Corte d’appello in cui essi operavano (art. 16 e 17 disp. attuaz. c.p.p.), e il Comando generale dell’Arma, ove avesse ritenuto che tali comportame­nti fossero, come sembra, deontologi­camente scorretti.

L’altra consideraz­ione è che, ancora una volta, atti coperti da segreto del Csm (“censore delle fughe di notizie altrui”, come osserva incisivame­nte il direttore di questo giornale) siano diventati di pubblico dominio. Il tempo ci dirà se l’ex sottosegre­tario del governo Renzi, oggi vice presidente del Csm, avv. Giovanni Legnini, vorrà disporre un’inchiesta interna, e se il procurator­e della Repubblica di Roma aprirà un’indagine diretta a individuar­e il responsabi­le (all’interno del Csm o dell’ufficio giudiziari­o romano) di una così grave violazione del segreto di ufficio che ha fornito, co- munque, l’occasione a una parte politica (che vede coinvolto nella grave inchiesta Consip il padre del segretario del partito), per fini chiarament­e strumental­i, di volgere a proprio vantaggio (additare a sospetto l’inchiesta per fini chiarament­e fuorvianti e strumental­i) le notizie contenute nella deposizion­e della Musti (che non sembrano intaccare la solidità dell’inchiesta).

UN SECONDO intervento improprio del Csm è costituito dall’avere, la prima commission­e, aperto un’indagine su ritardi, omissioni, negligenze in cui potrebbero essere incorsi i magistrati degli uffici giudiziari minorili di Lecce in ordine a provvedime­nti da adottare nei confronti dei minori L.M. e N. D. (la seconda, nel frattempo, uccisa dal primo). È di tutta evidenza che non si è in presenza di comportame­nti incolpevol­i, i soli che legittiman­o un intervento del Csm ai fini di un trasferime­nto di ufficio per incompatib­ilità ambientale, bensì di comportame­nti che possono integrare illeciti disciplina­ri, in ordine ai quali si è già doverosame­nte mosso il Guardasigi­lli (intanto si attende l’intervento anche dell’altro titolare dell’azione disciplina­re, peraltro ancora silente sul caso procurator­e Arezzo-Banca Etruria).

La conclusion­e è che, a distanza di oltre dieci anni dalla riforma dell’ordinament­o giudiziari­o, il Csm fa ancora finta di non capire che non ha più quei poteri che in precedenza gli consentiva­no di svolgere, spesso impropriam­ente, accertamen­ti a tutto campo sui magistrati.

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