Giro 2018, si parte da Gerusalemme: potere al marketing
Tre tappe in Israele
Era già successo per dodici volte che il Giro d’Italia partisse dall’estero, ma mai era accaduto che la Corsa Rosa partisse fuori dall’Europa.
La notizia era nell’aria da qualche mese, ma è diventata ufficiale soltanto ieri. Il tabù cadrà nel 2018, quando il Giro prenderà il via da Israele: crono individuale a Gerusalemme il 24 maggio, poi 167 chilometri tra Haifa e Tel Aviv e, per finire, la tappa più lunga, da Be’er Sheva a Eilat, coi suoi 226 chilometri. La novità è significativa, tanto che Rcs – che organizza il Giro – ha voluto presentare le tre tappe israeliane con un evento ad hoc, quando ancora non è stato ufficializzato il resto del percorso, in una conferenza a Gerusalemme a cui ha partecipato anche il ministro dello Sport Luca Lotti e diversi membri del governo locale.
LA SCELTA di inaugurare il tour in Israele è prima di tutto commerciale: ospitare le tappe delle gare ciclistiche costa caro e il Giro ha un grosso potenziale anche al di fuori dei confini italiani. Basti pensare che Londra, nel 2007, sborsò oltre 7 milioni di euro per la partenza del Tour de France. Altre cifre rispetto al Giro, che però, come riporta Milano Finanza, nel 2017 ha avuto un fatturato di 40 milioni, in netto aumento rispetto ai 27 del 2016. Anche per Israele l’occasione è ghiotta, potendo comunque ospitare un evento di grande rilievo, anche per rilanciarsi dal punto di vista turistico. Su questo ha insistito il ministro del Turismo israeliano, Yariv Levin: “Quest’anno rappresenta un record per il turismo in Israele: portiamo qui il Giro come parte di una rivoluzione nel marketing del nostro Paese, che vede Israele quale destinazione turistica e per il tempo libero”. Ma la scelta di Israele ha anche risvolti simbolici. Rimane viva la suggestione di far finire il Giro a Roma, unendo idealmente due città che sono anche simboli religiosi. La partenza da Gerusalemme rappresenta quindi un filo rosso tra l’Italia e Israele.
Ma, al di là della retorica, l’accordo c’è e potrebbe essere un affare per tutti.