Hamas conferma: il “governo ombra” è finito, via libera ad Abu Mazen
Haniyeh si riconcilia con al-Fatah e i sondaggi lo premiano
Le
grandi manovre per la ripresa del processo di pace israelo- palestinese sembrano partite non solo sul campo ma nei veri centri del potere internazionale, questa settimana trasferiti a Palazzo di Vetro. Mentre Hamas, il movimento islamico che governa la Striscia di Gaza dal 2007 dopo la vittoria nel conflitto lampo con la milizia di Al Fatah (il partito che dalla sua costituzione esprime i vertici dell'Autorità Nazionale Palestinese, l' Anp, ndr) dichiara che i membri del governo dell'Anp “sono i benvenuti a Gaza”, a New York il rais egiziano al Sisi - deus ex machina di questa probabile riconciliazione annunciata domenica scorsa - ha incontrato pubblicamente il premier israeliano Netanyahu a margine dell'Assemblea Generale dell'Onu. Secondo il quoti- diano di Tel Aviv, Haaretz, i due leader si erano già incontrati segretamente in Giordania lo scorso gennaio. Ieri sera, riferisce il quotidiano, hanno parlato per circa 90 minuti, con al Sisi che ha det- to di voler sostenere il processo di pace sia a livello regionale che fra israeliani e palestinesi.
Al Sisi ha incontrato anche Mahmoud Abbas, il presidente dell'Anp noto con il soprannome di Abu Mazen. L’'egiziano ha avuto anche un incontro con un gruppo di leader ebrei americani per discutere degli sforzi di pace dell’amministrazione Trump. Secondo persone presenti all’incontro, scrive Haaretz, al Sisi è apparso ottimista sugli sforzi del presidente americano e si è detto interessato a sostenerli. A suo parere il miglior approccio per rilanciare il processo di pace è tramite un processo regionale che coinvolga i paesi arabi. Ma i paesi arabi, come è a più riprese accaduto nella storia del conflitto i- sraelo-palestinese, non sono tutti al fianco dei palestinesi e l'Egitto contemporaneo ormai è nelle mani dell'Arabia Saudita, la potenza regionale sunnita che sta usando al Sisi per accrescere il proprio potere anche nel Vicino Oriente. Da mesi, ovvero da quando Hamas ha formato una sorta di governo ombra - il Comitato amministrativo di Gaza - in competizione con quello dell'Anp, la crisi umanitaria nella Striscia si è aggravata: Abbas ha infatti reagito bloccando il pagamento delle bollette dell'unica centrale elettrica di Gaza, sospeso il pagamento degli stipendi ai dipendenti pubblici e il trasferimento di fondi. Una crisi umanitaria quella di Gaza che era già diventata ingente negli ultimi due anni a causa della chiusura da parte del Cairo dei tunnel sotterranei sul confine. Da qui passava la maggior parte dei beni di prima necessità e per la ricostruzione della Striscia. Al contrario, l'embargo israeliano si è fatto con il tempo meno pressante. Ma i problemi sono lontani dall'essere risolti perché se il presidente Abu Mazen decidesse, come sarebbe tenuto per legge, di tenere elezioni generali nei Territori, Hamas potrebbe ancora spuntarla e dirigere l'Anp. Uno scenario che, se si avverasse, difficilmente porterebbe la pace nell'area. I risultati del sondaggio fatto da un istituto palestinese sulle indicazioni di voto, mostrano che Ismael Haniyeh, il leader di Hamas riceverebbe il 50% dei consensi, mentre Abbas il 42%.