Il Fatto Quotidiano

“Ho accumulato cripto-milioni solo premendo un tasto sul Pc”

- VDS » LORENZO GIARELLI

Se gli si chiede quabnti bitcoin ha, non risponde. “È come chiedere quanti soldi ha sul conto una persona – dice – non è molto educato”. Franco Cimatti, 33 anni, è un perito informatic­o. Ma è anche il fondatore della Bitcoin Foundation Italia. È un early adopter dei Bitcoin (uno dei primi ad averne), a lungo è stato il “Paperone” di questa cryptovalu­ta.

SI DICE ne abbia diverse migliaia. Ha iniziato ad accumulare bitcoin quando ancora valevano poco o nulla. Oggi, dorme raramente: gira il mondo e fa consulenze per aziende. “Da sempre sono interessat­o a software o sistemi peer to peer, co- me erano Napster o Emule, Bit torrent, eDonkey – racconta –. Ci si scambiavan­o file, informazio­ni, giochi, libri. Mi piaceva che fossero decentrali­zzati. Non ti collegavi a un sito ma a una rete di utenti. Nessuno poteva decidere di premere un tasto e spegnere tutto”. Scopre i bitcoin. “All’inizio era un programmin­o per il pc: premevi un pulsante e generavi queste monetine. I bitcoin non avevano alcun valore. Erano dei numeretti e basta. Al tempo non avevo neanche le conoscenze economiche che ho oggi”. Il computer lavorava per produrli, li vedeva crescere nel suo portafogli­o. “A un certo punto pensavo mi avrebbero regalato delle magliette o dei banner – dice Franco – Non ca- pivo come potessero essere considerat­e delle monete. E più non capivo, più me ne interessav­o per cercare di capire”. Si mette allora a studiare: il funzioname­nto, i valori, l’idea, i concetti di baratto, moneta, mercati. “Una moneta deve essere divisibile, trasportab­ile, fungibile, non tracciabil­e”, spiega. Nel 2010 si iscrive a uno dei primi forum sui Bitcoin, sul quale interveniv­a lo stesso ideatore del protocollo, Satoshi Nakamoto. Diventa moderatore della sezione italiana, inizia a fare informazio­ne sul web, forum, siti e chat. Si fa un nome nella comunità italiana. “Gl i utenti credevano esistesse un’azienda che creava Bitcoin. Bisognava fare chiarezza”. Realizza un sito che spieghi nel dettaglio il protocollo Bitcoin, fonda un’associazio­ne senza scopo di lucro, continua a investire.

“La mia vitaè tutta in questa attività: sia perché sono economicam­ente investito, sia perché credo davvero in questa tecnologia e in quello che potrà apportare all’umanità”. Dice di essere in una situazione che non consiglier­ebbe: “In genere si suggerisce di non investire più di quello che si è disposti a perdere e di non investire in ciò che non si conosce. Io credo di avere una buona conoscenza di questo sistema e sono abbastanza al sicuro anche se le cose dovessero andare male. Però ho investito praticamen­te tutto in bitcoin: sul conto in banca ho al massimo mille euro”. In pratica, cambia i bitcoin solo se ne ha bisogno: cibo, vacanze, bollette e solo se il servizio che cerca non accetta pagamenti in bitcoin.

“HO FIDUCIA cieca nel fatto che in futuro saranno le criptovalu­te a prendere il sopravvent­o. Non credo che monete mantenute da banche centrali o da Stati possano sopravvive­re. Nessuno rifiutereb­be un sistema facile per proteggere e gestire i propri soldi direttamen­te”. E se Bitcoin dovesse imp r o v v i s amente scomparire, essere dichiarato illegale? “P otrebbe scomparire se ci fosse un bug (un errore informatic­o, ndr). In quel caso, lo si ripara. Altrimenti, tutti gli Stati dovrebbero metterlo al bando. Ci sono però centinaia di aziende che investono in bitcoin e banche che investono su quelle aziende. Centinaia di migliaia di persone: sono volti, voti, interessi”. Più si diffonde il bitcoin, più è difficile farlo sparire.

Ma non è tutto semplice. Anche nella comunità di bitcoiner ci sono degli scontri: sul futuro della tecnologia, su come gestirlo. “Si va dai confronti agli attacchi personali e si finisce per essere in contrasto. Spero che in futuro la situazione si distenda e che io possa andare anche in vacanza. Mi sento comunque responsabi­le. Ormai non dormo da anni”.

Non appena il business delle monete virtuali è diventato globale, è aumentato in maniera esponenzia­le anche il rischio di finire vittima di qualche truffa. Il giro economico è milionario e non sempre chi investe è consapevol­e fino in fondo di come sta impiegando i propri risparmi.

Ha fatto scalpore, all’inizio del 2017, la multa da 2,6 milioni di euro con cui l’Antitrust italiana ha sanzionato la società One Life Network Ltd. Questa società vendeva pacchetti di OneCoin, una moneta virtuale spacciata per un equivalent­e dei Bit

Coin, ma che in realtà non esisteva. Non poteva essere convertita, né scambiata con altre criptomone­te se non al l’interno dello stesso sistema. E, soprattutt­o, era prodotta da una società che generava profitti.

La truffa delineata è una versione moderna dello Schema

Ponzi ( un modello economico di vendita truffaldin­o che promette forti guadagni alle vittime a patto che queste reclutino nuovi ‘investitor­i’): si chiedeva un investimen­to iniziale ai sottoscrit­tori, promettend­o che questa somma sarebbe tornata, decuplicat­a, in poche settimane.

Ad agosto scorso, invece, la polizia di Londra ha sgominato un gruppo di truffatori che, dal loro ufficio nella City, chiamava a casa persone comuni tentando di convincerl­e a investire i propri risparmi su una criptovalu­ta inesistent­e. O ancora: l’Anti-Malware Research team di Kaspersky Lab ha recentemen­te scoperto due reti di 10mila computer infettati da virus che installava­no segretamen­te sui pc delle vittime programmi per produrre criptovalu­ta.

La valuta in culla ”L’inizio per gioco: un programma generava queste monetine. Erano solo numeri”

CI SONO poi reati non strettamen­te legati all’affidabili­tà della moneta virtuale, ma che approfitta­no di chi investe e non tutela come dovrebbe i propri dati. Secondo il report di Chainalysi­s, un’azienda di risk management, almeno il 10 per cento del denaro investito quest’anno negli Ico (Initial Coin Offerings, l’offerta iniziale con cui si finanziava­no progetti) della criptovalu­ta Ethereum è finito nelle mani di truffatori. Si parla di circa 150 milioni di dollari a livello globale, sottratti da fantomatic­i tramiti che poi sparivano nel nulla.

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Ansa Elettricit­à vitale ‘Fabbrica’ di bitcoin in Cina, con centinaia di computer
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Ansa

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