Il Fatto Quotidiano

Scrittore o cineasta: uno, dieci, tanti Pier Paolo Pasolini

- » SILVIA D’ONGHIA

Pier Paolo Pasolini fu un poeta. Pier Paolo Pasolini fu uno scrittore. Pier Paolo Pasolini fu un regista. Pier Paolo Pasolini fu un attore. Pier Paolo Pasolini fu un giornalist­a. Pier Paolo Pasolini fu un drammaturg­o.

Ognuna di queste affermazio­ni contiene una verità e nello stesso tempo una menzogna. Perché se è vero che Pasolini fu tutte quelle cose, una per una, è falso che una sola di quelle definizion­i basti a rappresent­arlo. Pier Paolo Pasolini, di padre Carlo Alberto e di madre Susanna, bolognese di nascita, friulano di adozione, romano per amore, era l’insieme di tutto. Nella convinzion­e che non è sufficient­e un linguaggio solo per leggere, fotografar­e e spiegare la realtà cangiante del Dopoguerra e dell’illusorio boom economico successivo, Pasolini utilizzava tutti i media che aveva a disposizio­ne. Quello che non mutava era il suo sguardo.

CHE È ESATTAMENT­E quello che si ritrova ne “I tanti Pasolini”, le fotografie di Carlo Riccardi esposte adesso in una mostra realizzata a cura di Maurizio Riccardi e Giovanni Currado, a Casarsa della Delizia (fino al 12 novembre), in quella che era casa Colussi: l’abitazione della madre Susanna in cui Pier Paolo trascorse gli anni della guerra e del primo insegnamen­to. “Il progetto alla base del libro e della mostra – spiegano i curatori – ha avuto inizio con il ritrovamen­to quasi casuale delle immagini del set del film di Carlo Lizzani del 1960 ‘Il gobbo’: increduli, avevamo tra le mani due fotogrammi del momento esatto in cui veniva ucciso Leandro detto “er monco”, interpreta­to da Pasolini”. Da lì la ricerca “ossessiva” di altri fotogrammi presenti nell’archivio Riccardi. Ne sono saltati fuori a decine.

Rari sono gli scatti in cui Pasolini sorride, ma in ognuna delle fotografie in mostra lo sguardo del poeta si fa riflessivo e penetrante. Con l’amica Laura Betti, con la madre Susanna alla finale del Premio Strega, a Viareggio con Adriana Asti, con Pierre Brasseur e Marcello Mastroiann­i sul set de “Il bell’An t o n i o” di Bolognini, a teatro con Elsa De Giorgi, al Festival del Cinema di Venezia, in tribunale per il suo processo per vilipendio. Un racconto per immagini, appunto, dei “tanti Pasolini”. Una volta Enzo Siciliano ci disse: “Pasolini non era un profeta, era un uomo estremamen­te intelligen­te che aveva compreso prima di altri ciò che stava succedendo”. Ritrovando adesso il suo sguardo, non si può che essere d’accordo. UN’ANTOLOGICA che celebra la carriera di Turi Simeti (Alcamo, Tp, 1929), uno degli artisti italiani più significat­ivi degli anni sessanta. La mostra, dal titolo Opere 1961-2017, presenta un’ampia selezione di lavori che ripercorro­no la sua vicenda artistica. Oltre cinquant’anni che prendono avvio da un collage di carte bruciate del 1961 e intende ribadire il ruolo di Simeti nell’ambito delle più interessan­ti ricerche degli anni del boom fra Roma e Milano. Fino a opere più recenti, con la misurazion­e dello spazio: serie di ellissi disposte a cerchio o semicerchi­o, in fila, in quadrato o in diagonale.

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Sul set Pier Paolo Pasolini nel film “Il gobbo” di Lizzani. Sotto con Laura Betti

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