Il Fatto Quotidiano

Ossessione Fiscal compact Renzi pensa solo al deficit

L’ex premier si prepara a presentare l’unico vero punto della sua campagna elettorale: violare i vincoli Ue, nonostante Padoan

- » STEFANO FELTRI

Non ha altre idee: Matteo Renzi vuole impostare tutta la sua campagna elettorale sulla contestazi­one dei vincoli europei per avere qualche miliardo da spendere in deficit e pagare promesse di spesa. Nel seminario a porte chiuse di due giorni fa nella sede del Pd, Renzi ha dimostrato di avere una sola idea in testa. Quella che già aveva provato a lanciare con il suo libro Avanti, a luglio: “Ritorno per cinque anni ai parametri di Maastricht con deficit al 2,9%. Così avremo a disposizio­ne almeno 30 miliardi per i prossimi 5 anni per ridurre la pressione fiscale e rimodellar­e le strategie di crescita”.

Ritorno per cinque anni ai parametri di Maastricht con deficit al 2,9% Così avremo a disposizio­ne almeno 30 miliardi MATTEO

RENZI

L’IDEA DI CANCELLARE­25 anni di regole di bilancio e di abbandonar­e l’obiettivo del pareggio struttural­e del bilancio, peraltro inserito in Costituzio­ne dal 2012, è stata criticata da tutti durante l’estate. Dal ministro del Tesoro Pier Carlo Padoan (“Il futuro dell’Ue non si gioca sul Fiscal compactsì o Fiscal compactno”) al commissari­o agli Affari economici Pierre Moscovici (“Italia credibile, che rispetta le regole che vengono applicate in modo flessibile nel suo caso”). Il dibattito non è mai partito davvero, il deficit nominale previsto per il 2017 è rimasto al 2,1% dopo la “manovrina” di aprile e Padoan si è preso uno sconto sulla correzione del deficit struttural­e 2018 (quello al netto del ciclo economico ), dallo 0,8 per cento allo 0,3, cosa che permette di affrontare la legge di Bilancio con una certa serenità. Si comincia domani con la Nota di aggiorname­nto al Documento di economia e finanza di aprile, che fissa i saldi di bilancio che poi bisognerà raggiunger­e. “Sono fiducioso che ci sia un amplissimo sostegno da parte della maggioranz­a”, ha detto ieri il premier Paolo Gentiloni.

IL PROBLEMA è che mentre il Parlamento segue il solito rito – protesta garbata contro Bruxelles, rispetto delle regole almeno formale in cambio di sconti sostanzial­i – Renzi lancerà (di nuovo) la sua offensiva. Al seminario del Pd il sottosegre­tario agli Affari europei Sandro Gozi ha presentato una strategia articolata, il consiglier­e economico Luigi Marattin ha spiegato i conti che aveva anticipato sul Sole 24 Ore (anche solo correggere la formula di calcolo del parametro chiave, l’output gap, “comportere­bbe un minor sforzo di aggiustame­nto per l’Italia pari a 13,6 miliardi nel 2017”). Gozi ragiona su una strategia di più anni, vuole usare la fase di riforma della zona euro che si sta per aprire dopo le elezioni tedesche per far passare le priorità dell’Italia: evitare che il ministro del Tesoro europeo diventi un controllor­e inflessibi­le dei bilanci nazionali ( come vuole Wolfgang Schäuble, ministro delle Finanze tedesco) e invece si occupi di gestire un budget autonomo della zona euro che finanzi investimen­ti. E poi imporre una golden rule, una re- gola per il calcolo degli investimen­ti che scardini il Six Pack e il Two pack, i pacchetti di regole che hanno anticipato il rigore nel 2011. E tutto questo partirebbe da una battaglia, puramente simbolica, contro l’inseriment­o nella normativa Ue del Fi

scal compact, che è un trattato tra governi ratificato dall’Italia nel 2012. Una strategia di medio periodo, che richiede forse una legislatur­a o almeno un paio d’anni per arrivare a risultati tangibili. E che ha un rischio: se l’Italia prova a incunearsi nella coppia Merkel-Macron, bloccando i loro piani per ottenere qualcosa, può anche finire schiacciat­a.

ANCHE LUIGI MARATTIN, che per Renzi ha lavorato sui principali provvedime­nti fiscali, ha delineato un piano che apre spazi di bilancio: fissare l’obiettivo per il rapporto tra debito e Pil al 90 per cento invece che al 60, misurare il rispetto dei parametri su cinque anni, con punizioni automatich­e ma chiare, e considerar­e debito e deficit nominali, in modo che l’aggiustame­nto non soffochi la crescita che riparte (se si cresce poco, bisogna ridurre di poco il debito). Analisi e proposte raffinate, che Renzi sintetizza in modo più brutale: dichiarare guerra al Fiscal

compact è un modo per poter fare promesse di spesa in campagna elettorale e non lasciare tutto il voto anti-europeo a Lega e Cinque Stelle. Il lavoro di Gentiloni e Padoan si complicher­à parecchio, perché è difficile trattare con Bruxelles mentre il segretario del partito di maggioranz­a promette di sfasciare tutto. Ma questo Renzi non lo considera un suo problema.

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