Il Fatto Quotidiano

Indagato il capitano della Ong Perquisito anche l’accusatore

Le carte Trapani, il comandante della Vos Hestia avrebbe favorito gli scafisti per salvare migranti. Sotto esame l’informator­e

- » ANTONIO MASSARI

Il comandante della Vos Hestia, la nave della Ong Save the Children, è indagato dalla Procura di Trapani con l’accusa di favoreggia­mento dell’immigrazio­ne clandestin­a. Il suo nome è Marco Amato e anche nel suo caso va specificat­o che, secondo la Procura siciliana, gli eventuali reati sono stati commessi nel corso di operazioni che avevano un unico intento: salvare vite umane. L’impostazio­ne della Procura trapanese segue questo indirizzo: ogni singolo comportame­nto che non abbia portato aiuto al migrante in mare, ma in qualsiasi modo abbia agevolato in esclusivam­ente lo scafista, viene considerat­o favoreggia­mento.

Il nome del comandante Amato si legge in alcune intercetta­zioni, nel decreto di perquisizi­one della nave Iuventa, della Ong tedesca Jugend Rettet, che due giorni fa al tribunale del Riesame ha chiesto il dissequest­ro dell’imbarcazio­ne. Ma a parlare di Amato agli inquirenti, nella prima deposizion­e del 14 ottobre 2016 alla squadra mobile di Trapani, è Pietro Gallo, membro della Imi Service, l’uomo che si occupava della sicurezza a bordo della Vos Hestia e, con le sue dichiarazi­oni, ha dato impulso all’indagine.

GALLO torna a fare il nome di Amato nella deposizion­e del primo giugno 2017. E già il 25 settembre (quindi tre settimane prima di denunciare in procura, e appena due settimane dopo essersi imbarcato per la prima volta) Gallo – con i colleghi della Imi Service Floriana Ballestra e Lucio Montanino – scrive ai Servizi segreti: “L’associazio­ne Save the Children presente a bordo della nave Vos Hestia impone a tutto il personale di bordo un atteggiame­nto omertoso, nello specifico pone divieto di comunicare qualsiasi sospetto di reato a forze dell’ordine e a mezzi di stampa”. Accuse ribadite anche alla procura di Trapani e – come il Fatto ha rivelato nei giorni scorsi – riversate da Ballestra, in tempo reale, anche al segretario della Lega Nord Matteo Salvini. L’obiettivo, ha spiegato Gallo al Fatto, era che le anomalie riscontrat­e nei salvataggi entrassero nell’agenda politica del Paese.

C’è un altro episodio che però il Fattoè in grado di rivelare: Pietro Gallo pochi giorni fa è stato perquisito, su mandato della Procura di Trapani, che gli ha sequestrat­o computer e telefoni. Il decreto di perquisizi­one e sequestro fa parte della stessa inchiesta che Gallo ha avviato con le sue denun- ce. Non è indagato ma, per quanto risulta al Fatto, non avrebbe ancora consegnato agli inquirenti alcuni documenti ritenuti importanti per proseguire le indagini. Il Fatto ha provato a contattarl­o attraverso il suo avvocato, Vincenzo Perticara, per consentirg­li di fornire la sua versione, ma Gallo ha preferito non commentare. Abbiamo provato inutilment­e a chiedergli anche se è vero quel che sostiene la difesa della Ong tedesca Jugend Rettet, assistita dall’av- vocato Leonardo Marino, ovvero che l’agente infiltrato dalla procura sulla Vos Hestia, con il nome di Luca Bracco, sia lo stesso Gallo. “Sono stato sbarcato e ho avuto un cambio di nome, Bracco Luca”, dice infatti Gallo in un verbale, come persona informata sui fatti, il primo giugno scorso. Considerat­o che l’infiltrato sale a bordo della Vos Hestia il 19 maggio, però, è più verosimile che Gallo intendesse dire di aver avuto un “cambio” con qualcuno “di nome Luca Bracco”. Sarà il Riesame a stabilire se ha ragione il legale della Jugend Rettet, che ha depositato ulteriori documenti per difendersi dalle accuse.

GLI ATTIVISTI tedeschi sostengono che alcune circostanz­e siano state “omesse” dagli “agenti sotto copertura”. “L’accusa – ribattono – che il piccolo Rhib (imbarcazio­ne, ndr ) avrebbe portato le barche di legno (dopo i soccorsi, ndr) verso le acque libiche è falsa e impraticab­ile: le operazioni sono avvenute a 17 miglia dalle coste libiche e sa- rebbe impossibil­e per un Rhib così piccolo riportare queste imbarcazio­ni in Libia”.

Ma soprattutt­o: “M en tr e venivano catturate queste foto, il Rhib principale della Iuventa si stava già dirigendo verso un gommone in difficoltà, apparso all’o ri zz o nt e poco prima... al piccolo Rhib della Iuventa è stato chiesto di recarsi sulla posizione e restare in attesa pronto a intervenir­e velocement­e nel caso qualcuno cadesse in ac q u a , a bbandonand­o così le barche di legno senza distrugg er l e . L ’ agente sotto copertura ha completame­nte omesso che era presente un’altra imbarcazio­ne in pericolo, che immediatam­ente prende la priorità rispetto al distrugger­e le barche vuote, trattandos­i di vite a rischio. Queste fotografie sono state presentate fuori contesto”.

In sostanza, sostengono che quando era possibile, distruggev­ano le imbarcazio­ni: “Persino in questa foto della Guardia Costiera è possibile vedere un gommone distrutto”.

Il sequestro Pietro Gallo non avrebbe ancora consegnato tutti i documenti ai pm

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Salvataggi­o Alcune sequenze dell’episodio contestato all’imbarcazio­ne Juventa della organizzaz­ione tedesca Jugend Rettet

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