Indagato il capitano della Ong Perquisito anche l’accusatore
Le carte Trapani, il comandante della Vos Hestia avrebbe favorito gli scafisti per salvare migranti. Sotto esame l’informatore
Il comandante della Vos Hestia, la nave della Ong Save the Children, è indagato dalla Procura di Trapani con l’accusa di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Il suo nome è Marco Amato e anche nel suo caso va specificato che, secondo la Procura siciliana, gli eventuali reati sono stati commessi nel corso di operazioni che avevano un unico intento: salvare vite umane. L’impostazione della Procura trapanese segue questo indirizzo: ogni singolo comportamento che non abbia portato aiuto al migrante in mare, ma in qualsiasi modo abbia agevolato in esclusivamente lo scafista, viene considerato favoreggiamento.
Il nome del comandante Amato si legge in alcune intercettazioni, nel decreto di perquisizione della nave Iuventa, della Ong tedesca Jugend Rettet, che due giorni fa al tribunale del Riesame ha chiesto il dissequestro dell’imbarcazione. Ma a parlare di Amato agli inquirenti, nella prima deposizione del 14 ottobre 2016 alla squadra mobile di Trapani, è Pietro Gallo, membro della Imi Service, l’uomo che si occupava della sicurezza a bordo della Vos Hestia e, con le sue dichiarazioni, ha dato impulso all’indagine.
GALLO torna a fare il nome di Amato nella deposizione del primo giugno 2017. E già il 25 settembre (quindi tre settimane prima di denunciare in procura, e appena due settimane dopo essersi imbarcato per la prima volta) Gallo – con i colleghi della Imi Service Floriana Ballestra e Lucio Montanino – scrive ai Servizi segreti: “L’associazione Save the Children presente a bordo della nave Vos Hestia impone a tutto il personale di bordo un atteggiamento omertoso, nello specifico pone divieto di comunicare qualsiasi sospetto di reato a forze dell’ordine e a mezzi di stampa”. Accuse ribadite anche alla procura di Trapani e – come il Fatto ha rivelato nei giorni scorsi – riversate da Ballestra, in tempo reale, anche al segretario della Lega Nord Matteo Salvini. L’obiettivo, ha spiegato Gallo al Fatto, era che le anomalie riscontrate nei salvataggi entrassero nell’agenda politica del Paese.
C’è un altro episodio che però il Fattoè in grado di rivelare: Pietro Gallo pochi giorni fa è stato perquisito, su mandato della Procura di Trapani, che gli ha sequestrato computer e telefoni. Il decreto di perquisizione e sequestro fa parte della stessa inchiesta che Gallo ha avviato con le sue denun- ce. Non è indagato ma, per quanto risulta al Fatto, non avrebbe ancora consegnato agli inquirenti alcuni documenti ritenuti importanti per proseguire le indagini. Il Fatto ha provato a contattarlo attraverso il suo avvocato, Vincenzo Perticara, per consentirgli di fornire la sua versione, ma Gallo ha preferito non commentare. Abbiamo provato inutilmente a chiedergli anche se è vero quel che sostiene la difesa della Ong tedesca Jugend Rettet, assistita dall’av- vocato Leonardo Marino, ovvero che l’agente infiltrato dalla procura sulla Vos Hestia, con il nome di Luca Bracco, sia lo stesso Gallo. “Sono stato sbarcato e ho avuto un cambio di nome, Bracco Luca”, dice infatti Gallo in un verbale, come persona informata sui fatti, il primo giugno scorso. Considerato che l’infiltrato sale a bordo della Vos Hestia il 19 maggio, però, è più verosimile che Gallo intendesse dire di aver avuto un “cambio” con qualcuno “di nome Luca Bracco”. Sarà il Riesame a stabilire se ha ragione il legale della Jugend Rettet, che ha depositato ulteriori documenti per difendersi dalle accuse.
GLI ATTIVISTI tedeschi sostengono che alcune circostanze siano state “omesse” dagli “agenti sotto copertura”. “L’accusa – ribattono – che il piccolo Rhib (imbarcazione, ndr ) avrebbe portato le barche di legno (dopo i soccorsi, ndr) verso le acque libiche è falsa e impraticabile: le operazioni sono avvenute a 17 miglia dalle coste libiche e sa- rebbe impossibile per un Rhib così piccolo riportare queste imbarcazioni in Libia”.
Ma soprattutto: “M en tr e venivano catturate queste foto, il Rhib principale della Iuventa si stava già dirigendo verso un gommone in difficoltà, apparso all’o ri zz o nt e poco prima... al piccolo Rhib della Iuventa è stato chiesto di recarsi sulla posizione e restare in attesa pronto a intervenire velocemente nel caso qualcuno cadesse in ac q u a , a bbandonando così le barche di legno senza distrugg er l e . L ’ agente sotto copertura ha completamente omesso che era presente un’altra imbarcazione in pericolo, che immediatamente prende la priorità rispetto al distruggere le barche vuote, trattandosi di vite a rischio. Queste fotografie sono state presentate fuori contesto”.
In sostanza, sostengono che quando era possibile, distruggevano le imbarcazioni: “Persino in questa foto della Guardia Costiera è possibile vedere un gommone distrutto”.
Il sequestro Pietro Gallo non avrebbe ancora consegnato tutti i documenti ai pm