Dalla Prima
Al
Senato quel che resta del Porcellum: proporzionale con sbarramento all’8%. Alla Camera quel che resta dell’Italicum: proporzionale con sbarramento al 3%. Si può votare subito, ma Mattarella dice che le due leggi vanno “armonizzate”: non è vero, anzi il Senato ha sempre seguito regole diverse dalla Camera, ma rinviare le urne fa comodo a tutti. E, a giugno, riparte la rumba della legge elettorale. Stavolta su basi decenti: l’accordo fra i partiti maggiori (M5S, Pd, FI, Lega) sul modello tedesco: un misto di maggioritario e proporzionale basato sulle liste e non sulle coalizioni. Poi però, di mano in mano, il tedesco diventa sempre più italiano, un Porcellitalicum con la stragrande maggioranza di nominati (capilista bloccati, liste bloccate e niente voto disgiunto, previsto invece in Germania). I 5Stelle chiedono di levarli e Renzi, per non restare solo a difendere una legge impopolare e non bruciare i ponti con Pisapia&C., fa saltare il banco col pretesto di un sacrosanto emendamento che estende la legge al Trentino Alto Adige.
Ora, quando tutti pensavano che si sarebbe votato con i due Consultellum proporzionali, riecco i renziani in azione col Rosatellum-bis, bocciato da B. e dallo stesso Pd a maggio perché premia le coalizioni e penalizza le liste singole. Ora Pd e FI, terrorizzati dal M5S, si sono convertiti alle coalizioni. Il Rosatellum, con rispetto parlando, funziona così. L’elettore riceve una sola scheda per ogni Camera: a sinistra l’elenco dei candidati, uno per partito o coalizione, nel collegio uninominale (chi prende più voti vince); a destra i listini bloccati dei partiti nella circoscrizione proporzionale (senza preferenze: decide il capo-partito, compilando le liste, chi piazzare ai primi posti con l’elezione garantita). Il voto disgiunto è vietato: chi sceglie una lista deve ciucciarsi il relativo candidato uninominale anche se non gli va, o viceversa. La soglia di sbarramento la deciderà Alfano, dunque sarà come lui: prossima allo zero. Una porcata con tre truffe.
1) Due parlamentari su tre sono nominati dai capi (quota proporzionale) e solo uno (quota uninominale) è scelto dagli elettori.
2) I partiti si coalizzano nei collegi, con tanti simboli (anche di liste civetta e patacca) accanto a un solo candidato, per fare massa e battere la concorrenza, salvo tornare a dividersi il giorno dopo le elezioni; ma corrono da soli, ciascuno con la sua lista, nelle circoscrizioni proporzionali, per poi coalizzarsi dopo il voto (magari con altri rispetto ai finti alleati di collegio).
3) Centrodestra e centrosinistra si fingono uniti nella parte sinistra della scheda, poi si dividono subito dopo le urne per dare vita all’agognato inciucione Pd-FI-Ap, con molti più seggi di quelli che spetterebbero loro in base ai voti raccolti e soprattutto ai voti che prenderebbero se dichiarassero le loro vere intenzioni prima delle urne. E naturalmente la prima forza politica del Paese, il M5S, non avendo alleati, avrà metà dei seggi che gli spetterebbero in base ai suoi voti. Pensate ancora che la legge elettorale sia noiosa e vada lasciata in mano a questi manigoldi? Noi no.