Catalogna, si fa sul serio Le catalogne lombardo venete fanno solo finta
Pubblicata la lista dei collegi elettorali. Appoggio di sindacati, giornalisti e parte della sinistra. Si rimane in piazza
All’alba di ieri, gli agenti della Guardia Civil hanno finalmente abbandonato il dipartimento d’Economia della Generalitat, facilitati da un corridoio di sicurezza dei Mossos d’Esquadra (il corpo di polizia della regione autonoma catalana) in mezzo a qualche tensione e tafferuglio scoppiato tra le ultime centinaia di manifestanti ancora assiepati sulla Rambla de Catalunya.
LA MANIFESTAZIONE, che la polizia municipale ha quantificato in 40 mila persone, si era sciolta molte ore prima. L’Assemblea Nacional Catalana e Òmnium Cultural, attorno alla mezzanotte, avevano dato appuntamento al giorno successivo, all’Arc de Triomf, sotto la sede del Tribunal Superior de Justicia de Catalunya per una mobilitazione permanente fino alla liberazione delle persone arrestate il 20 settembre. Sei sono ancora in stato di fermo.
Ieri, gli studenti della Universitat Autònoma de Catalunya si sono mobilitati e così è successo in altre università catalane. La consegna è mantenere l’iniziativa con le caratteristiche conosciute fino ad ora, ossia pacifica, costante e di massa.
La mobilitazione, in queste ore, è andata oltre il movimento indipendentista e ha contato sul sostegno convinto dei sindacati catalani CCOO e UGT, del Comune di Barcellona, della sinistra spagnola non socialista e di molte città del resto della Spagna. In campo, an- che i giornalisti, che hanno firmato un appello per il diritto all'informazione. All’Arc de Triomf, ieri, erano di nuovo tantissimi. E anche se è previsto l’arrivo in Catalogna di circa mille effettivi della Guardia Civil e altrettanti della Policia Nacional e se nei porti di Barcellona e Tarragona si attrezzano navi dal ministero degli In- terni destinate al loro alloggio (gli scaricatori di porto di Barcellona e Tarragona si rifiutano di rifornirle in difesa dei diritti e delle liberta), la campagna referendaria trasformata in una mobilitazione per la difesa della democrazia e contro la repressione del governo spagnolo prova a continuare con l’attitudine originaria.
Attacco alla democrazia L’iniziativa durerà fino alla liberazione dei fermati di mercoledì. Previsto l’arrivo di duemila agenti
IL 20 SETTEMBRE, con l’intervento della polizia spagnola nei palazzi della Generalitat, è definitivamente saltato il patto costituzionale del ’78 che teneva assieme l’assetto istituzionale e territoriale della Spagna. Celebrare il referendum il 1˚ ottobre è certamente più difficile ora, tra gli arresti e il sequestro di oltre 9 milioni di schede. El País parla di legalità ristabilita in Catalogna. Ma il popolo catalano e le sue istituzioni vanno avanti: votare adesso è prima di tutto una questione democratica. Lo faranno continuando a burlare la censura, con nuovi siti web per diffondere la pubblicità, con le iniziative referendarie riconvocate in altri luoghi, con la campagna empaperem, “incartiamo” (il fai da te del manifesto referendario): si scarica da Internet, si stampa a casa e si attacca per le strade. Infine, i fiori offerti alla polizia e i canti di resistenza accompagnati dal suono delle chitarre. Ieri sera, è anche stata pubblicata online la lista dei collegi elettorali.
Nei giorni scorsi, in televisione, la sindaca di Madrid, Manuela Carmena, ex-magistrato, diceva che quando una norma non è rispettata da gran parte della popolazione, non si può applicare il diritto penale, perché questo vale per il singolo. In pratica, non è possibile mettere in carcere un collettivo. In questi casi, ci vuole la politica, proprio quello che il governo Rajoy non vuole accettare.