Grillo incorona Di Maio leader: “Ma non vado via”
Il candidato premier votato da 30 mila iscritti (molto meno del previsto)
■ Nessuna sorpresa sull’esito, solo 7mila voti agli sfidanti. Il nuovo “capo politico” previene le polemiche: “Quello che conta è prendere milioni di voti alle politiche”
Investitura Cerimonia solenne ed esito scontato: tra i coriandoli, il M5S passa al vicepresidente della Camera: “Poca affluenza? Avremo milioni di voti”
Dei tanti grazie che gli tributano su e giù dal palco, Beppe Grillo deve ammettere che il Movimento gliene deve soprattutto uno: prima di buttarsi nella giungla dei Cinque Stelle – deo gratias – di mestiere faceva il comico. Senza quel collaudato repertorio da show man, ieri sera, sarebbe stato difficile reggere il peso di una cerimonia di incoronazione che di solenne aveva ben poco. La busta con il risultato del televoto, il notaio, i coriandoli tricolore sparati in aria: Grillo deve improvvisare un “ooooooh” di finta suspence per sdrammatizzare il clima ed evitare che la proclamazione del candidato premier M5s avesse il sapore di un reality mal riuscito.
Luigi Di Maio fa quel che può: cerca di condire di significato una cerimonia che, col senno di poi, tutti credono sarebbe stato meglio evitare. La scelta del candidato unico – a sfidare il vicepresidente della Camera c’erano sette sconosciuti, lui ha preso l’81 per cento – non ha appassionato nemmeno gli attivisti: votano poco più di 37 mila su 140 mila iscritti al blog. Uno su quattro. Pochi per il Movimento fondato sul principio della democrazia partecipata. Pochissimi per le aspettative dei vertici che fino all’altro ieri azzardavano un’affluenza vicina al doppio.
HA VINTO “un certo Luigi Di Maio”, ironizza ancora Grillo, e le sue prime parole da trionfatore delle primarie on line sono rivolte soprattutto all’interno dei Cinque Stelle, a chi teme che la sua ascesa a capo politico del M5S (così prevedeva il regolamento della consultazione) si trasformi in una definitiva sepoltura dell’antico motto dell’uno vale uno. “Vi assicuro”, dice Di Maio. “Vi prometto” insiste. E scomoda “la disciplina e l’onore” di costituzionale memoria per garantire che non tradirà. Lo deve a Roberto Fico che, a sorpresa, il giorno dopo aver rifiutato di salire sul palco della kermesse di Rimini decide di deporre almeno momentaneamente le armi e si presenta nel backstage su invito di Di Maio. Lì abbraccia Grillo e discute a lungo con Davide Casaleggio e con il neo candidato premier. Poi fa un giro di oltre un’ora tra gli stand, senza nessuna contestazione. “Lo abbiamo recuperato”, fanno sapere. Non c’era nulla di personale nella sua silenziosa protesta contro le nuove regole che segnano il passo indietro del fondatore, è la linea ufficiale. Il suo “romanticismo” – così Grillo ha definito il richiamo di Fico ai valori fondanti del M5S – avrà modo di trovare cittadinanza. Lo coinvolgeranno, giurano, e ora bisognerà vedere se si passerà dalle parole ai fatti. Lo hanno pregato di salire sul palco, ma Fico non voleva passerelle a poche ore dalla frattura. Piuttosto chiedeva e chiede garanzie sul fat- to che non sarà solo Di Maio a decidere vita, morte e miracoli del Movimento. “Non me ne vado”, rassicura Grillo dal palco. E lo stesso Di Maio dietro le quinte ammette che non sarà vendicativo. La campagna elettorale, è il senso del ragionamento, sarà già abbastanza complicata: di tutto ha bisogno tranne che di compa- gni di strada che gli mettano bastoni tra le ruote. Non sarà facile. Rancori, gelosie e delusioni si sprecano. Basti pensare che solo un anno fa, durante l’edizione palermitana di Italia Cinque Stelle, veniva annunciata la fine del Direttorio, il gruppo di cinque parlamentari che Grillo e Gianroberto Casaleggio avevano delegato a gestire gruppi parlamentari e meet-up. A Rimini, di quel quintetto, non è rimasto praticamente niente: Di Maio corre da solo; Alessandro Di Battista medita di fare solo il papà; Carla Ruocco è giù dal palco; Carlo Sibilia fa l’allenatore del calcetto e Fico sappiamo che umore ha. E poi ci sono le denunce, i ricorsi, le carte da tribunale: quelle di cui Grillo ha voluto liberarsi e spedire all’indirizzo del neo candidato premier. L’ecumenico Di Maio, però, vuole subito dimostrare di avere il fisico per tenere botta: per celebrare i successi di Roma cita Virginia Raggi e Marcello De Vito (che nella geografia grillina sono il diavolo e l’acqua santa), ricorda che il suo unico compito è portare al governo “il programma votato da voi”, dice che “non importa quanti hanno votato alle nostre primarie, l’importante è prendere i voti alle Politiche”. Poi chiude con la prima persona: “Io ci credo”.
Nessun addio
Il deputato ortodosso abbraccia il fondatore Ma chiede garanzie sul ruolo del “capo”