Crescita, il governo vede rosa e i conti tornano
Col bilancino Rivista molto al rialzo la crescita 2018 grazie alla manovra. Calano più del previsto anche deficit e debito
Da
tre anni il governo costruisce il bilancio pubblico con un’alchimia contabile: vede rosa nelle stime di crescita futura, grazie a manovre “espansive”, e mette a bilancio stangate fiscali che poi rinvia per metà. È la via scelta anche per la nota di aggiornamento al Def approvata ieri dal consiglio dei ministri.
Pier Carlo Padoan conferma le indiscrezioni circolate: “Qualcuno potrà dire che è una previsione troppo ottimistica - ammette il ministro dell’Economia - ma credo che sia pienamente giustificata dalle politiche che metteremo in atto. Un discreto grado di ottimismo è giustificato”. E così il Def - che fa da base alla politica economica triennale - rivede le stime di crescita non solo per il 2017, ma per tutto il triennio: il Pil crescerà dell’1,5% anche nel 2018-2019 (nonostante il ministero ammetta che tra i “previsori internazionali” le stime siano meno ottimistiche). A cosa si deve questo miracolo? Per quanto riguarda il 2018, alla manovra che il governo presenterà entro il 15 ottobre: vale circa 20 miliardi, ma se si escludono il bonus per le assunzioni, i soldi per il rinnovo degli statali, gli incentivi alle imprese e il condono bis sulle cartelle Equitalia (5-6 miliardi) per il resto è fatta dalla sterilizzazione degli aumenti automatici Iva (le “clausole di salvaguardia”). Per il governo, non far aumentare le tasse fa crescere l’economia. Così l’impatto della finanziaria vale lo 0,3% il prossimo anno.
A contribuire all’ott imismo ci si mette anche il “defl at ore ”, un numeretto che misura l’aumento generale dei prezzi: nel 2018 schizza addirittura all’1,8%, dallo 0,6 di quest’anno. È importante perché deficit e debito si calcolano in rapporto al Pil nominale, cioè quello che ingloba l’aumento dei prezzi. E così il Deficit/ Pil cala più del previsto all’1,6% nel 2018, invece dell’1,8% a cui puntava il governo.
QUI C’Èla seconda stranezza. Il deficit cala rispetto al 2017 di 0,5 punti (dal 2,1 all’1,8% appunto). Tagliarlo ha un effetto recessivo sull’economia, ma il governo ritiene comunque che la manovra sia “espansiva” perché nel Def di aprile aveva promesso di fare ancora di più, arrivando all’1,2%.
Lo scorso autunno le stime del governo basate sulla stessa alchimia contabile furono bocciate dall’Ufficio parlamentare di bilancio, l’authority sui conti pubblici che ieri non a caso è sembrata il bersaglio indiretto dell’uscita di Padoan. Il ministro fu costretto ad alzare il deficit per evitare altri imbarazzi.
Grazie alla crescita più alta migliora anche il rapporto debito/Pil: il governo può finalmente scrivere che quest’anno scenderà, seppur di soli quattro decimali (dal 132 al 131,6%) per arrivare a 123,9 del 2020. Lo stesso arco di tempo in cui a bilancio c’è una manovra che dovrebbe azzerare il deficit, portando al pareggio di bilancio. Una stangata fiscale da 25 miliardi: toccherà al prossimo governo spiegare che non è possibile e che serve uno sconto sulla dose di austerità da assumere (Berlino permettendo).
I rischi
Padoan: “L’ottimismo c’è ed è giustificato” Ma serve l’ok dell’authority dei conti pubblici