I gessi e la cava della discordia: “È troppo vicina al fiume”
IN MAREMMA L’ipotesi di smaltimento chimico lungo il Bruna
Occhi aperti in Maremma, perché il rischio è che i residui di una cava per lo stoccaggio di gessi rossi, rifiuti chimici derivati dalla lavorazione del marmo, si riversino nella Bruna, fiume che attraversa la provincia di Grosseto. Gli agricoltori ci irrigano i campi specializzati in agricoltura biologica e la presenza di un sito di stoccaggio a ridosso del corso d’acqua potrebbe essere un problema. Nessun procurato allarme, solo allerta: la discarica ancora non c’è. C’è, però, l’indicazione della cava della Bartolina (tra i comuni di Gavorrano, Castiglion della Pescaia, Roccastrada e Grosseto) come sito idoneo. A meno di cento metri dal fiume.
DALL’INIZIO. Scarlino: qui c’è la società Huntsmann Venator, unico produttore in Italia di biossido di titanio con 450 dipendenti (250 diretti e 200 nell’indotto), con 6 milioni di investimenti e 9 milioni di manutenzione. Un’azienda ben vista sul territorio per l’impatto economico e i posti di lavoro, meno per i rifiuti da smaltire: 430mila metri cubi di gessi rossi, ciò che resta dopo la fase di filtrazione e lavaggio. Sono classificati come rifiuto speciale non pericoloso e, a determinate condizioni, possono essere utilizzati anche per i ripristini ambientali. Nel caso specifico, do- vrebbero andare a ripristinare la cava della Bartolina che, così, fungerebbe anche da nuovo sito di stoccaggio per l’azienda.
“Quello che preoccupa i cittadini - si legge nel rapporto della Regione Toscana sul dibattito pubblico che c’è stato nei mesi scorsi - sono le tracce dei metalli pesanti presenti all’origine nel minerale di lavorazione (Ilmenite), che vanno tenuti sotto controllo perché rispettino i valori imposti dalla legge 152/2006”. I timori riguardano anche il rischi geologici che potrebbero determinare impatti nocivi per l’ambiente e la salute (contatto dei gessi con acque particolarmente acide o metalli presenti nei terreni; scosse telluriche, fessurazioni, alluvioni o altri fenomeni climatici).
“IL CLIMA di sospetto e diffidenza, la carenza di informazioni, la difficoltà ad interpretare i dati, hanno però generato una diffusa percezione che si tratti di rifiuti tossici - si legge - diffondendo la convinzione che il territorio adiacente alla futura localizzazione subirà una ‘svalutazione’ invece di un ripristino ambientale”.
I comitati parlano del rischio che le falde acquifere del fiume Bruna (la cava è profonda 80 metri e dista meno di un centinaio dal fiume) vengano contaminate da tonnellate di Cromo, Manganese, Vanadio, Titanio, Ferro e Solfati: una perizia geostrutturale del 2009 rileva l’esistenza di aree di fratturazione e relativi rischi di infiltrazioni negli strati della cava. L’azienda assicura che dalle molte analisi è risultato, in tutti i casi, che il materiale rientra ampiamente nelle specifiche fissate dalle normative. In mezzo, c’è il curatore della relazione finale sul dibattito pubblico (la Regione) che suggerisce all’azienda di promuovere iniziative che, pur non necessarie per legge, potrebbero contribuire a rassicurare, dall’ampliamento degli studi del comportamento dei gessi in diverse condizioni e tramite laboratori indipendenti all’approfondire il comportamento dei gessi a medio e lungo termine. Fino ai sistemi di monitoraggio “che pre- vedano una cadenza regolare anche dopo le operazioni di ripristino e siano accessibili ai cittadini”.
IN PASSATO era già stata ipotizzata, per quel sito, la creazione di un lago per accogliere le acque invernali del fiume in modo da renderlo un invaso utile per fronteggiare siccità e incendi in estate. Si vedrà ora cosa decideranno i comuni.
Il progetto
I comitati iniziano ad alzare la voce: c’è chi non vuole la discarica, chi vuole solo sicurezza
La sindaca di Gavorrano, Elisabetta Iacomelli, ha assicurato che si procederà con estrema cautela. Il comitato per la Bruna chiede di scegliere altri siti tra le 1200 cave toscane. “Confidiamo - spiegano dopo la prima assemblea pubblica di venerdì sera - in un esito positivo del dialogo con l’Amministrazione, affinché venga trovata una soluzione più consona alle necessità del caso, senza creare lacerazioni nel territorio”.