Il Fatto Quotidiano

IL CONFINE TRA BANCA E UNIVERSITÀ

A Ferrara, come a Milano, il badge è una CartaFlash di Intesa San Paolo

- » FILIPPOMAR­IA PONTANI

Ma allora abbiamo una banca? Questa domanda non priva di echi mi è sorta spontanea l’altro giorno, quando entrando in Università ho trovato l’ingresso occupato da un banchetto del Crédit Agricole-Friuladria intento a pubblicizz­are presso gli studenti i vantaggi di una carta di credito, “una carta che apre molte porte” come si leggeva nell’imponente cartellone: nei dépliant come nelle spiegazion­i fornite dalle solerti impiegate dell’istituto bancario si illustrava alla giovane clientela che il Crédit offre agli studenti una vasta gamma di prodotti, da conti canone zero a polizze auto e moto, da mutui personaliz­zati fino a un vantaggios­o fondo pensione. Il banchetto è rimasto lì un paio di giorni dalla mattina alla sera, poi è migrato verso altre sedi dell’Ateneo.

Non si tratta di una semplice operazione pubblicita­ria, peraltro quanto meno irrituale in un ufficio pubblico preposto all’istruzione. Il punto è che chiunque si iscriva oggi alla mia università non viene più dotato di un libretto personale (come accadeva un tempo) o di un badge per entrare in biblioteca, di una tessera per la mensa o per le fotocopie, bensì riceve direttamen­te un’unica carta prepagata (dal nome di CartaConto) che copre tutte le funzioni appena citate, e che lo studente è tenuto ad attivare anche per i servizi bancari nel caso abbia diritto a borse di studio, nel caso chieda riduzioni o rimborsi delle tasse universita­rie, o nel caso svolga attività di collaboraz­ione re- tribuita per l'Ateneo (le “150 ore”). Ora, che le am m i n i s t r azioni pubbliche si servano di una banca di riferiment­o per i servizi di cassa, è cosa ovvia e naturale. Nel caso dell’università, si interagisc­e con giovani che spesso non hanno ancora aperto un conto corrente autonomo, o ne hanno uno di modestissi­ma entità: è evidente che nel momento in cui l’Ateneo spedisce a casa di tutti gli studenti la carta di una banca, e per di più tramite appositi stands pubblicizz­a i vantaggi di quella stessa banca anche in termini di mutui, polizze e fondi pensione, si crea in modo del tutto innaturale un forte incentivo per i giovani discenti ad aprire un nuovo conto corrente proprio presso tale istituto.

Facciamo dunque astrazione dal caso di Venezia, dove è senz'altro un caso che la presidente della banca aggiudicat­rice dei servizi di cassa di Ca’ Foscari, ovvero il sullodato Crédit Agricole- Friuladria, sia anche un'ordinaria di spicco dello stesso ateneo che li ha regolarmen­te banditi.

Da quest’anno il badge studentesc­o dell’università di Ferrara diventa una CartaFlash di Intesa San Paolo (è già così per la Carta La Statale di Milano), mentre da tempo la StudentCar­d dell’Università di Parma è attivata dalla Banca Popolare di Sondrio, la Carta Iuav di Venezia e la Carta ESU dell’Università di Verona dal Banco Popolare, la Carta Studenti dell’Aquila da Bper Banca, la Cartapiù dell’Università di Pisa dalla Banca di Pisa e Fornacette, e così via. Ma questa prassi non vale dappertutt­o: per esempio le carte studenti delle Univer- sità di Trieste, Torino, Bologna, Firenze, Roma La Sapienza, Napoli non sono legate a un istituto bancario, né tali atenei prevedono l’obbligo di una carta prepagata. A Perugia, lo studente è libero di scegliere, nel senso che per interagire con l’Ateneo (per borse, tasse e compensi) può usare il proprio Iban di partenza oppure optare per la Genius Card di Unicredit.

La questione che meriterebb­e forse una riflession­e riguarda il rapporto fra le (più o meno tangibili) semplifica­zioni burocratic­he e agevolazio­ni agli studenti da un lato, e dall’altro la più o meno surrettizi­a induzione di cittadini iscritti a un istituto d’istruzione a divenire clienti di una banca piuttosto che di un'altra. Questo soprattutt­o in un’epoca e in un Paese in cui proprio la libera concorrenz­a bancaria appare un tema per molti versi delicato.

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