Agnelli: squalifica di 1 anno per ultrà, biglietti e malavita
Biglietti, ultrà e malavita Il Tribunale squalifica il presidente (con lo sconto) per un anno: non potrà rappresentare la società
La Juventus ha foraggiato il bagarinaggio di finti ultrà con migliaia di biglietti per centinaia di partite fra campionato e coppe europee per un giro d’affari di oltre 5 milioni di euro. I dirigenti più alti in grado procacciavano e distribuivano tagliandi, accrediti e tessere di abbonamento, nascondevano striscioni e petardi in uno zaino e calpestavano le norme sulla sicurezza negli stadi. Il presidente Andrea Agnelli sapeva e, di fatto, approvava. È colpevole. Ora c’è una sentenza sportiva – più leggera rispetto alle richieste della Procura federale – che descrive il rapporto malsano tra la società più titolata d’Italia e un gruppo di ultrà, aspettando i ricorsi di accusa e difesa per l’appello.
IL TRIBUNALE della Federcalcio ha squalificato per un anno il figlio di Umberto: non può rappresentare la Juventus nelle istituzioni sportive, non può firmare contratti, non può entrare negli spogliatoi. Con Agnelli cadono pure gli altri: un anno per Stefano Merulla, responsabile della biglietteria; sempre un anno per Francesco Calvo, all’epoca capo del settore commerciale; un anno e tre mesi per Nicola D’Angelo, addetto alla sicurezza.
Il Collegio della sezione disciplinare ricorda che la Juventus ha interrotto il patto con gli ultrà – un accordo di reciproca convenienza – soltanto dopo un’inchiesta penale: “Le vicende contestate assurgono a vero e proprio modus operandi di una delle società più blasonate a livello europeo per un lunghissimo arco di tempo e hanno trovato la loro conclusione non già a seguito di un volontario cambio di rotta societario, ma esclusivamente per l’avvenuta cono- scenza delle attività di indagine della Procura della Repubblica di Torino. (…) La presunta vis estorsiva dei capi ultrà non trova conferma, per le fattispecie oggetto di contestazione, né nelle dichiarazioni dei deferiti che, al contrario, riconoscono di non essere mai stati né minacciati, né particolarmente pressati”.
Gli avvocati bianconeri hanno cercato di salvare Agnelli elevando a nobili attività sociali il bagarinaggio degli ultrà: “La tesi sostenuta dalle difese secondo la quale all’interno del prezzo ‘maggiora- to’ la tifoseria avrebbe offerto ai tifosi alcuni ‘bonus’ collaterali quali il viaggio, e/o una probabile consumazione in pasti alimentari non è idonea ad incidere sulla fattispecie sanzionatoria giacché, in ogni modo, con tale modalità gli odierni deferiti hanno garantito il mantenimento, anche economico, dei gruppi organizzati”.
Dalla sentenza firmata da Cesare Mastrocola emerge la sfacciataggine con cui il presidente juventino ha tentato di scaricare le responsabilità su Calvo, passato al Barcellona, ex marito dell’attuale compagna di Agnelli: “Il massimo dirigente del club ha sostenuto di non essere affatto a conoscenza dei rapporti interpersonali tra i suoi preposti e la tifoseria, dichiarandosi totalmente estraneo a qualsivoglia ingerenza gestionale in ragione della sua funzione apicale, essendosi limitato a fornire delle ben determinate direttive al proprio dirigente e di aver delegato le funzioni inerenti al servizio biglietteria al Sig. Calvo”.
Il Tribunale ha applicato lo sconto al presidente, da 30 a 12 mesi, perché non ha ritenuto valide le contestazioni della Procura federale sulla questione dello zaino con i petardi di D’Angelo e, soprattutto, sugli incontri fra Agnelli e Rocco Dominello, fondatore del gruppo “Gobbi”, ultrà per denaro, esponente della cosca Pesce-Bellocco, condannato in primo grado a 7 anni e 9 mesi di carcere per associazione mafiosa e tentanto omicidio (12 anni per il padre Saverio).
Per Mastrocola e colleghi, che abbondano con la riverenza, Dominello era per Agnelli un semplice “tifoso deferente”. Quantomeno originale. Per fortuna, non tutti i tifosi deferenti chiedono scorte di biglietti e appuntamenti al presidente di una squadra di calcio.
SCRIVE MASTROCOLA:“Il Tribunale, dopo ampia valutazione del materiale probatorio acquisito, è giunto alla determinazione che tale frequentazione avvenne in maniera decisamente sporadica ma soprattutto inconsapevole con riferimento alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati. Del resto risulta per tabulas che la notizia ufficiale riferita alla presunta appartenenza dei citati soggetti a cosche illecite, venne resa pubblica in epoca successiva rispetto ai rapporti intercorrenti tra la dirigenza e la tifoseria, e che non appena appresa la notizia connessa allo status malavitoso, ogni contatto ebbe immediato termine”.
In realtà, la famiglia Dominello era nota. I fratelli di Rocco, per esempio, sono stati arrestati nel 2012 per associazione mafiosa, condannati in primo grado e in appello e, a fine luglio, la Cassazione ha ordinato un nuovo processo.
Contatti con le ‘ndrine Per i giudici, però, il figlio di Umberto non sapeva della pericolosità di Rocco Dominello Agnelli, col suo comportamento ha agevolato e in qualche modo avallato o non impedito le perduranti e non episodiche condotte illecite Le vicende contestate assurgono a vero e proprio modus operandi di una delle società più blasonate a livello europeo per un lunghissimo tempo