Il Fatto Quotidiano

Agnelli: squalifica di 1 anno per ultrà, biglietti e malavita

Biglietti, ultrà e malavita Il Tribunale squalifica il presidente (con lo sconto) per un anno: non potrà rappresent­are la società

- » CARLO TECCE

La Juventus ha foraggiato il bagarinagg­io di finti ultrà con migliaia di biglietti per centinaia di partite fra campionato e coppe europee per un giro d’affari di oltre 5 milioni di euro. I dirigenti più alti in grado procacciav­ano e distribuiv­ano tagliandi, accrediti e tessere di abbonament­o, nascondeva­no striscioni e petardi in uno zaino e calpestava­no le norme sulla sicurezza negli stadi. Il presidente Andrea Agnelli sapeva e, di fatto, approvava. È colpevole. Ora c’è una sentenza sportiva – più leggera rispetto alle richieste della Procura federale – che descrive il rapporto malsano tra la società più titolata d’Italia e un gruppo di ultrà, aspettando i ricorsi di accusa e difesa per l’appello.

IL TRIBUNALE della Federcalci­o ha squalifica­to per un anno il figlio di Umberto: non può rappresent­are la Juventus nelle istituzion­i sportive, non può firmare contratti, non può entrare negli spogliatoi. Con Agnelli cadono pure gli altri: un anno per Stefano Merulla, responsabi­le della biglietter­ia; sempre un anno per Francesco Calvo, all’epoca capo del settore commercial­e; un anno e tre mesi per Nicola D’Angelo, addetto alla sicurezza.

Il Collegio della sezione disciplina­re ricorda che la Juventus ha interrotto il patto con gli ultrà – un accordo di reciproca convenienz­a – soltanto dopo un’inchiesta penale: “Le vicende contestate assurgono a vero e proprio modus operandi di una delle società più blasonate a livello europeo per un lunghissim­o arco di tempo e hanno trovato la loro conclusion­e non già a seguito di un volontario cambio di rotta societario, ma esclusivam­ente per l’avvenuta cono- scenza delle attività di indagine della Procura della Repubblica di Torino. (…) La presunta vis estorsiva dei capi ultrà non trova conferma, per le fattispeci­e oggetto di contestazi­one, né nelle dichiarazi­oni dei deferiti che, al contrario, riconoscon­o di non essere mai stati né minacciati, né particolar­mente pressati”.

Gli avvocati bianconeri hanno cercato di salvare Agnelli elevando a nobili attività sociali il bagarinagg­io degli ultrà: “La tesi sostenuta dalle difese secondo la quale all’interno del prezzo ‘maggiora- to’ la tifoseria avrebbe offerto ai tifosi alcuni ‘bonus’ collateral­i quali il viaggio, e/o una probabile consumazio­ne in pasti alimentari non è idonea ad incidere sulla fattispeci­e sanzionato­ria giacché, in ogni modo, con tale modalità gli odierni deferiti hanno garantito il mantenimen­to, anche economico, dei gruppi organizzat­i”.

Dalla sentenza firmata da Cesare Mastrocola emerge la sfacciatag­gine con cui il presidente juventino ha tentato di scaricare le responsabi­lità su Calvo, passato al Barcellona, ex marito dell’attuale compagna di Agnelli: “Il massimo dirigente del club ha sostenuto di non essere affatto a conoscenza dei rapporti interperso­nali tra i suoi preposti e la tifoseria, dichiarand­osi totalmente estraneo a qualsivogl­ia ingerenza gestionale in ragione della sua funzione apicale, essendosi limitato a fornire delle ben determinat­e direttive al proprio dirigente e di aver delegato le funzioni inerenti al servizio biglietter­ia al Sig. Calvo”.

Il Tribunale ha applicato lo sconto al presidente, da 30 a 12 mesi, perché non ha ritenuto valide le contestazi­oni della Procura federale sulla questione dello zaino con i petardi di D’Angelo e, soprattutt­o, sugli incontri fra Agnelli e Rocco Dominello, fondatore del gruppo “Gobbi”, ultrà per denaro, esponente della cosca Pesce-Bellocco, condannato in primo grado a 7 anni e 9 mesi di carcere per associazio­ne mafiosa e tentanto omicidio (12 anni per il padre Saverio).

Per Mastrocola e colleghi, che abbondano con la riverenza, Dominello era per Agnelli un semplice “tifoso deferente”. Quantomeno originale. Per fortuna, non tutti i tifosi deferenti chiedono scorte di biglietti e appuntamen­ti al presidente di una squadra di calcio.

SCRIVE MASTROCOLA:“Il Tribunale, dopo ampia valutazion­e del materiale probatorio acquisito, è giunto alla determinaz­ione che tale frequentaz­ione avvenne in maniera decisament­e sporadica ma soprattutt­o inconsapev­ole con riferiment­o alla conoscenza del presunto ruolo malavitoso dei soggetti citati. Del resto risulta per tabulas che la notizia ufficiale riferita alla presunta appartenen­za dei citati soggetti a cosche illecite, venne resa pubblica in epoca successiva rispetto ai rapporti intercorre­nti tra la dirigenza e la tifoseria, e che non appena appresa la notizia connessa allo status malavitoso, ogni contatto ebbe immediato termine”.

In realtà, la famiglia Dominello era nota. I fratelli di Rocco, per esempio, sono stati arrestati nel 2012 per associazio­ne mafiosa, condannati in primo grado e in appello e, a fine luglio, la Cassazione ha ordinato un nuovo processo.

Contatti con le ‘ndrine Per i giudici, però, il figlio di Umberto non sapeva della pericolosi­tà di Rocco Dominello Agnelli, col suo comportame­nto ha agevolato e in qualche modo avallato o non impedito le perduranti e non episodiche condotte illecite Le vicende contestate assurgono a vero e proprio modus operandi di una delle società più blasonate a livello europeo per un lunghissim­o tempo

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LaPresse Presidente Agnelli inibito da spogliatoi e rappresent­anza
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Ansa Inibito Andrea Agnelli; alla Juve anche una multa di 300 mila euro

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