Sì del Kurdistan: “Vogliamo essere indipendenti”
Kurdistan La consultazione dei curdi sancisce la voglia di distacco dall’Iraq. Il presidente la utilizzerà per trattare l’indipendenza
Il sole splendente che campeggia al centro della bandiera di quella che da 26 anni è la Regione autonoma del Kurdistan iracheno, riflette, per la prima volta dal 1923 – data del voltafaccia di Losanna – lo spirito raggiante della popolazione curda, non solo di quei cinque milioni che vivono qui nel nord dell’Iraq, ma anche dei curdi sparpagliati in Turchia, Siria e Iran (dopo il disegno a tavolino dei confini iracheni e siriani realizzato dalle potenze coloniali, inglese e francese, all'inizio del Novecento), oltre a quelli delle diaspora.
Il primo referendum nella storia del popolo curdo – 30 milioni – ne ha portati al voto 5 milioni, che hanno decretato la vittoria del Sì all’indipendenza da Baghdad. Un voto consultivo che ora il presidente Massoud Barzani uti- lizzerà per negoziare una graduale indipendenza con il governo centrale iracheno in mano agli sciiti di Abadi e del vice premier al Maliki.
Non ci sono stati i temuti scontri tra l’esercito iracheno e i peshmerga curdi, sia quelli fedeli al presidente Barzani, sia quelli devoti al Puk, il partito della tribù dei talebani, che si contendono da anni il potere della Regione autonoma. Il Puk, il partito curdo tuttora egemone a Sulaymaniyah e Kirkuk, aveva inizialmente tentato un colpo di mano per impedire l’allestimento dei seggi ipotizzando persino di “rapire” il governatore della città che, come vuole la tradizione, appartiene allo stesso partito.
LA PARTITA èstata dura, tanto da richiedere la “visita” del famigerato uomo forte di Teheran, Qassem Sulaimani, ricercato da tutte le polizie del pianeta, a capo delle forze internazionali iraniane e di fatto delle milizie sciite irachene, di Hezbollah libanese e siriane. Sulaimani aveva visitato nei giorni scorsi Suleymanyah e la stessa Erbil, roccaforte dei Barzani, allo scopo di imporre, forte di un accordo sottobanco con gli americani e la Turchia, il volere della potenza locale sciita iraniana, manovratrice delle autorità di Baghdad. Pur essendo stato imposto il coprifuoco a Kir- kuk, i curdi che dominano la città contesa non si sono lasciati intimorire e sono andati ai seggi in massa per votare a favore dell'indipendenza.
Il referendum si profila dunque come un successo della strategia del presidente Barzani che con il vicepresidente del Krg (il partito di Barzani) Kosrat, ha imposto che si votasse nell’intero territorio, comprese le quattro aree contese con il governo centrale di Baghdad. La reazione: minacce di provvedimenti discipli- nari contro tutti i dipendenti pubblici se si fossero assentati (a Kirkuk negli impieghi pubblici sono in gran maggioranza arabi e turkmeni). Nonostante il parere contrario degli americani, alleati di sempre di Barzani, il risultato di ieri non può più essere ignorato nemmeno da loro. E anche la Turchia, ostile al referendum, ma da anni in ottimi rapporti con Barzani, da cui compra fiumi di petrolio, si trova di fronte al fatto compiuto.
FINO A POCHI GIORNIfa gli avversari interni di Barzani lo dipingevano come un burattino nelle mani del presidente turco Erdogan, che ora minaccia di mandargli l'esercito, in un gioco delle parti con il primo ministro Yildirim che, invece, si esprime con toni più sobri. Anche il Puk, il partito di “sinistra” del clan Talabani, considerato lo zerbino dell'Iran, ha dimostrato che di fronte alla prima vera prova di unità dei curdi della regione autonoma, non poteva che sostenerla e abbandonare i tatticismi.
Ieri sera Baghdad, a corto di argomenti, ha tentato la carta della chiusura dei consolati nella regione ribelle e chiesto al mondo di fare altrettanto. Bisognerà vedere cosa risponderanno le potenze coinvolte, compresa l’Europa, che finora non ha saputo fare altro che ripetere la solfa dell'inviolabilità dei confini. L’unità indivisibile dell’Iraq è da sempre una formula vuota. Da ieri i curdi del Sì potranno discutere con alleati e detrattori finti o reali di indipendenza, confederazione o qualunque altro assetto statuale. E difficilmente la Turchia, la più spaventata dall'irredentismo curdo, e l’Iran, manovratore di Baghdad, potranno continuare a ricattare o minacciare Erbil. Anche perché , dopo decadi di conflitti interni, anche il Pkk di Ocalan e i gemelli curdi siriani del Kdp (il partito democratico curdo-siriano) che combatte con i guerriglieri dell’Ypg a Raqqa e nelle zone limitrofe siriane contro l’Isis, si sono detti pronti a riappacificarsi con i peshmerga di Barzani e di Talabani per debellare le ultime sacche dei jihadisti ancora a poche decine di chilometri da Kirkuk e, all’occorrenza, contro l’esercito di Baghdad e le milizie sciite eventualmente inviate dall’Iran.
Voto col coprifuoco Oggi i risultati: tensione a Kirkuk , Iran e Turchia contrari alla disgregazione