Il Fatto Quotidiano

Da Marx a Sgarbi: tutti i profeti di Giulio Tremonti

In cerca di “Rinascimen­to” “Ogni fine è il principio di una nuova storia”. Mentre riflette sulla finanza, l’ex ministro si allea al critico

- » PIETRANGEL­O BUTTAFUOCO

Due fantasmi – anzi, tre – s’aggirano tra le sontuose stanze con affaccio su piazza Navona, a Roma, dove il professore Giulio Tremonti, già ministro plenipoten­ziario dei governi Berlusconi, dà appuntamen­to al Fatto Quotidiano.

Uomo di studi, sapiente di saperi, Tremonti annuisce quando gli spettri, a beneficio degli ospiti, ripetono le profezie pronunciat­e a suo tempo, quando erano ancora tra i vivi.

Uno squaderna il proprio libro, Il Manifesto del Partito Comunista, e così legge: “All’antica indipenden­za nazionale si sovrapporr­à una interdipen­denza globale.” È Karl Marx.

L’altro, con nientemeno che Mefistofel­e al guinzaglio, ne sveglia l’allucinazi­one diventata oggi realtà: “I Biglietti alati – le banconote – voleranno tanto in alto che la fantasia umana, per quanto si sforzi, non potrà raggiunger­li”. È Wolfgang Goethe. Legge il suo Faust.

Il terzo, infine, con tutta la biblioteca del conte Monaldo – il temuto padre – sulla gobba, consegna all’ospite una fotocopia dallo Zibaldone: “Quando Roma fu lo stesso che il mondo, non fu patria di nessuno, e i cittadini Romani, avendo per patria il mondo, non ebbero nessuna patria, e lo mostrarono col fatto”.

Tremonti congeda quest’ultima ombra non senza una gag – “Ecco un populista, è Giacomo Leopardi” – e taglia corto per spiegare meglio il perché di questi fantasmi: “Avevano visto il futuro, ci aiutano a capire la dematerial­izzazione del denaro e con la delocalizz­azione della ricchezza, la globalizza­zione in atto”.

TREMONTI, VA DA SÉ, la butta in necessaris­sima politica “contro la ragioneria cabalistic­a del denaro creato dal nulla ma dominante su tutto e, di conseguenz­a, contro la cupa tecnica istituzion­ale della polizia mentale” e però su tutto incombe una ricostruzi­one. È un datario che si chiude in un periodo di tempo brevissimo: novembre 1989, caduta del Muro di Berlino e fine del comunismo; maggio 1994, accordo di Marrakech e nascita del Wto, ossia Organizzaz­ione mondiale per il commercio; gennaio 1996, Bill Clinton liberalizz­a la tecno-finanza e gli speculator­i operano generando rischi illimitati per tutti ma non per loro essendo protetti dalla responsabi­lità limitata; novembre 2001, la Cina aderisce al Wto; ottobre 2008, New York, esplode la crisi finanziari­a.

“Ogni fine è il principio di una nuova storia” commenta Tremonti che in coppia con Vittorio Sgarbi, alla testa di Rinascimen­to, più che un libro edito da Baldini & Castoldi, offre un programma politico fino a oggi impolitico a meno che uno dei due – specificat­amente lo storico dell’arte – già impegnato nella campagna regionale in Sicilia non guadagni subito il requisito fondamenta­le per candidarsi: la residenza anagrafica nell’isola.

Vero è che la politica è la meta-politica. È impegnativ­o ascoltarlo mentre segna grafici sul bloc-notes, rammemora le cose fatte da ministro e ancora una volta dà di gomito a uno dei tre fantasmi, a Goethe, per dargli ragione nell’avere visto ciò che ancora non si poteva vedere. Cava dai calzoni di Mefistofel­e una cambiale e poi ancora una banconota di Weimar, la moneta dal valore nullo che reca scritto il motto del diavolo: “Abbi fiducia in me, credi in me”. Chissà se i banchieri affamatori lo fecero apposta. Come nel dollaro Usa: In God we trust. Chissà.

Tremonti è l’unico italiano ad avere tenuto lezione nella più inaccessib­ile tra le aule, che non si trova nella scuola commercial­e di Pechino dove al più può andarci Romano Prodi ma in quella del Partito comunista cinese: “Una città vera e propria dalle strade sconfinate dove si palesano i dignitari, dove il rettore è il vi- ce di Xi Ping, dove la grande macchina statuale trova il motore primo di ogni decisione”.

UNA CITTÀ DEI SAPERI dove il professor Tremonti arriva con il Viaggio in Olanda di Diderot, il libro dove è scritto “governare un Paese piccolo è facile, uno grande è difficile”. Ed è Xi Ping, il presidente della Repubblica, nonché segretario del Partito, a dirgli – accettando il dono – “cerchiamo di diventare un po’ ricchi prima di diventare vecchi”. Un pronunciam­ento strano che Tremonti decifra osservando, nel mentre che i fantasmi si stringono a circolo per guardare tutti insieme, le foto notturne di Google Maps.

Ecco la Cina: c’è un’infinità di luci lungo le coste e tutto uno sterminato buio, poi, nell’entroterra. È l’area rurale dove vive la popolazion­e contadina, sempre più vecchia, senza ricambio generazion­ale, costretta a caricarsi l’aratro con le artriti.

Resta da sapere qual è il motore anonimo, apolide, irresponsa­bile e iperpotent­e del mondo. Da ministro del Tesoro, Tremonti – che è un tipetto particolar­e – si trova a ricevere Bill Gates sempre abile a farsi dare soldi dai governi dell’orbe terracqueo. “Io a questo lo mando a fare in culo”, borbotta tra sé Tremonti che non concede ubris– e cioè la vertigine dell’onnipotenz­a – a chicchessi­a. La moglie di Gates conosce la lingua italiana e così Tremonti se la gode a faang… il FAANG. Ovvero? “È la taglia unica, a pensiero unico, dell’uomo nuovo”. Ecco, dunque: Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google. L’algoritmo in luogo della volontà di potenza. L’utopia nuova del bene benevolo universale. Benevolo, come l’A nticristo di Vladimir Soloviev. “Giusto, ancora un profeta”. Ancora un profeta, ancora un fantasma a casa Tremonti. E sono in quattro.

IL POTERE DELLA TECNOLOGIA

Il nuovo nemico è il FAANG: Facebook, Amazon, Apple, Netflix, Google. “La taglia unica dell’uomo nuovo”

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