Il Fatto Quotidiano

Parlavano di “cupola” “Non conta bravo o no Conta è mio, è tuo”

Al telefono e a cena le decisioni su chi premiare. Una soffiata finita con un suicidio

- » VINCENZO IURILLO ANTONIO MASSARI

La commission­e giudicante nazionale per l’insegnamen­to universita­rio avrebbe ratificato a valle l’abilitazio­ne dei candidati alle cattedre di diritto tributario secondo logiche spartitori­e decise a monte e a tavolino – meglio, a tavola – in altre sedi. Obbedendo così a quella che l’ex ministro Augusto Fantozzi, indagato, definiva scherzosam­ente tra una pietanza e l’altra in un ristorante di Roma, “la nuova cupola”: quella dei Grandi Professori. Molto attive sul versante lottizzato­rio due società scientific­he di studiosi del diritto tributario, la Ssdt e l’Aipdt. “Perché la logica universita­ria è questa, è un mondo di merda… è un do ut

des - dice il professore Pasquale Russo registrato di nascosto – anche io mi sono piegato a certi baratti per poter mandare avanti i miei allievi”.

L’I NC HI ESTA

condotta dal colonnello della Finanza Adriano D’Elia e dagli uomini agli ordini del generale Benedetto Lipari ha messo in fila centinaia di intercetta­zioni che hanno scoperchia­to accordi irriferibi­li. Il Gip Angelo Antonio Pezzuti, a pagina 50 dell’ordinanza notificata ieri, definisce questi patti “ai limiti del reato associativ­o”. Si riferisce ai “baro- ni” che negli anni successivi al 2012 hanno trattato e scambiato i voti in commission­e per far fare carriera ai loro pupilli. “Non è che si dice è bravo, non è bravo… si dice questo è mio e questo è tuo”, ecco il criterio del professor Russo, che sempre registrato a sua insaputa, racconta che nel passato anche lui “i principi’ se li era messi “sotto i piedi” per favorire Francesco D’Ayala Valva (“l’ho fatto ordinario io”). Le intese venivano strette affinché valessero anche per il futuro, anche inducendo a ritirare qualche candidato per non bruciarlo. E poterlo riproporre l’anno dopo. Nei colloqui ci sono continui “rich ia mi ” a ll ’ eredità delle precedenti commission­i. L’inchiesta prende il nome di “Chiamata alle armi” da una intercetta­zione di un professore, Adriano Di Pietro, che nel 2015 interpella “tutti i professori, di qualsiasi associazio­ne, che potessero condiziona­re le scelte dei commissari Zizzo ed Amatucci”.

C’è una telefonata che spiega bene l’andazzo. Il 22 aprile 2014 Fransoni spiega a un collega perché vuole ritardare l’inizio dei lavori della commission­e. Vuole prima capire se i docenti collegati a Giovannini intendono mantenere gli accordi presi nel 2012. “L’obiettivo – ascoltano i finanzieri – è proteggere i risultati del concorso per le persone di cui sappiamo… vorrei evitare situazioni strane e applicazio­ne non corrette dei criteri… la trasparenz­a è un po’ venuta meno… ”. Dove le parole “tras pa re nz a”e “c or re tt ez za ” non riguardano i meriti dei candidati, ma il rispetto degli equilibri tra le correnti.

Ed ecco alcuni docenti attovaglia­ti a un ristorante ai Parioli a Roma il 9 giugno 2014. Con Fantozzi siedono Pietro Boria, Andrea Fedele, Leonardo Perrone e Eugenio Della Valle. Si discute delle nuove abilitazio­ni. Il Gip riassume così una parte di conversazi­one: “Il professor Fantozzi trova dunque opportuno, se non necessario, che le future abilitazio­ni siano gestite (...) "da un gruppo di persone più o meno stabili", "di garanzia". Sono le “persone di buona volontà” o la “nuova cupola” a cui accenna l’ex ministro per contestare la prassi per cui vengono abilitati i candidati che appartengo­no a ll ’ associazio­ne che ha la maggioranz­a dei commissari. Il giorno dopo Boria chiama Fransoni, progettano l’idea di Della Valle una nuova cena per coinvolger­e altri due docenti nel disegno complessiv­o. Boria: “Co n loro bisogna trovare qualche forma di patteggiam­ento”. Fransoni è d’accordo: “Li dobbiamo coltivare, anche a costo di fare la cena dei cretini”, citando l’omonima commedia. L’avvocato Antonio D’Avirro precisa: “Il professor Fantozzi è estra- neo ai fatti, era già andato in pensione”.

Nel gennaio 2015 i commissari palesano il timore di essere intercetta­ti. Zizzo: “Il telefono è meglio abbandonar­lo”. Cipolla: “Pienamente d’accordo”. Un mese dopo Del Federico suggerisce a Zizzo: “Mi raccomando, tu sai meglio di me, solo su skype (…) qualche cazzata di troppo c’è stata… ”.

NELLE CARTE

c’è una soffiata finita in dramma. Il 13 febbraio 2015 una commissari­a, Livia Salvini, riferisce a Zizzo che c’è una inchiesta sulla commission­e precedente, sa di una richiesta di intercetta­zione. L’ordinanza spiega l’antefatto: convinta che l’uomo potesse aver avvertito la Salvini delle imminenti intercetta­zioni, la Finanza ha ascoltato il 13 settembre 2014 Gianni Zamperini, un amico della donna. Zamperini nega, ma sul suo cellulare scoprono una chat con un avvocato in cui rivela di averla avvisata. Zamperini si suicida il giorno dopo. Aveva addosso il decreto di intercetta­zione di Salvini.

La logica universita­ria è questa, è un mondo di merda… un do ut des, anch’io mi sono piegato a certi baratti per mandare avanti i miei allievi

PASQUALE RUSSO

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