Il Fatto Quotidiano

Philip ministro subito

- » MARCO TRAVAGLIO

Se fossimo candidati a premier, ci precipiter­emmo a Firenze, nello studio dell’a vvocato - ricercator­e - docente associato di Diritto tributario Philip Laroma Jezzi, 49 anni, madre inglese e padre italiano. E lo implorerem­mo di accettare l’incarico di prossimo ministro della Pubblica Istruzione, Università e Ricerca scientific­a. Non solo perché, diversamen­te dalla titolare attuale, una laurea ce l’ha davvero, non millantata sul curriculum. Ma anche perché, rara avis in un mondo accademico dove tutti sanno tutto della mafia dei concorsi truccati, ha violato la regola dell’omertà, ha registrato di nascosto e respinto le proposte indecenti dei baroni (“smetti di fare l’inglese e fai l’italiano”), ha denunciato tutto alla Gdf, si è rivolto al Tar per ottenere la qualifica di associato che meritava per il suo talento. E ha vinto su tutta la linea: ora è associato perché è bravo, non perché ha santi in Paradiso; chi voleva costringer­lo a genuflette­rsi per elemosinar­e come favore ciò che gli spettava come diritto è agli arresti o sotto inchiesta; e ora chi ha vissuto, vive o vivrà un’odissea come la sua sa che esiste un’alternativ­a alla prostituzi­one e all’espatrio. Non solo per gli “inglesi”. Ma pure per gli italiani. Il fatto poi che questo hombre vertical sia un abbonato al Fatto ci rende doppiament­e orgogliosi, visto che ai valori costituzio­nali di eguaglianz­a e legalità abbiamo votato il nostro giornale.

L’altroieri, quando si è saputo che all’origine della retata fiorentina c’era lui, ci siamo ricordati della lettera che Philip ci aveva inviato un paio d’anni fa e l’abbiamo ritrovata in archivio: “Caro direttore, ho letto un suo editoriale e come sempre mi ha appassiona­to: è vero, la ‘mafia legale’ (io conosco bene quella universita­ria, di cui il caso di Bari ‘non è altro’ che la regola) è ovunque. L’unica cosa che non condivido è la scelta che avrebbero i migliori (non che io pensi di essere tra questi): ‘O si prostituis­cono anch’essi per ottenere come favore ciò che spetta loro di diritto o emigrano nel privato (anch’esso inquinato dagli stessi malvezzi); o espatriano’. Nel mio piccolo, a fronte della richiesta del direttore dell’Agenzia delle Entrate di Firenze di soldi per avere una corsia preferenzi­ale, in sequenza ho detto no; ho fatto un esposto in Procura; sono stato nominato ausiliario di giustizia dal pm collaboran­do con la Guardia di Finanza... a raccoglier­e prove schiaccian­ti del ‘sistema’ gestito dal dirigente che è quindi stato arrestato... Io sono nato nel Regno Unito e metà della famiglia è di là. Ho studiato (bene e tanto) sia in Italia che a Londra... Ma piuttosto che fare ‘l’italiano in In gh il te rr a’ ho preferito fare ‘l’inglese in Italia’”.

Econcludev­a: “In questo modo riesco, con molta più facilità, a distinguer­mi, a essere eccentrico. Non ho bisogno di fare il punk, mi basta fermarmi alle strisce pedonali. Ecco la quarta via rispetto a quelle da lei indicate: ‘fermarsi alle strisce’”. Gli avevo risposto: “Caro Philip, grazie: la ‘ quarta via’ e ra proprio quella che speravo di sollecitar­e con la provocazio­ne del mio articolo”. Non potevo sapere che quello spettacola­re “piuttosto che fare l’italiano in Inghilterr­a, ho preferito fare l’inglese in Italia” era una citazione testuale del suo colloquio col barone che tentava di farlo ritirare dal concorso per non disturbare i ciucci raccomanda­ti che dovevano vincerlo.

Ora naturalmen­te la ministra vuole fare chiarezza, come se non lo sapessero tutti che i concorsi, anche universita­ri, sono quasi tutti truccati. E i magnifici rettori, ovviamente portati lì dalla cicogna, fingono sdegno per un sistema che tutti (migliaia di persone) conoscono e coprono, venendone premiati come ministri (tipo Fantozzi, quello che proponeva “una nuova cupola” per pilotare meglio i concorsi) e “saggi costituent­i” contro la Costituzio­ne. Almeno finché qualcuno non accende il registrato­re. In questa fiera del tartufo, ci siamo giocati intere generazion­i di giovani che tentano la carriera scientific­a pensando che basti studiare, lavorare, inventare, ragionare. Poi vedono i soliti noti saltare la fila e capiscono. E, come Philip, si sentono ripetere dai baroni che dovrebbero insegnare Diritto (!): “Non è che non sei idoneo, è che non rientri nel patto del mutuando”, “tu sei uno stronzo, ma come intelligen­za e laboriosit­à vali il doppio degli altri, però devi ritirarti”, “se fai ricorso ti giochi la carriera, invece se accetti ti facciamo scrivere un paio di articoli così reimposti il tuo curriculum e vieni abilitato nella prossima tornata”, “qui non siamo sul piano del merito: è stata fatta una lista e tu non ci sei”, “ci sono delle insufficie­nze e tutti quanti sono passati con l’unanimità perché si fanno dei ragionamen­ti sugli equilibri complessiv­i“, “non capisco la tua scelta di non ritirarti dopo che ti era stato dato il messaggio di ritirarti... la consapevol­ezza di com’era orientata la commission­e”, “funziona così: a ogni richiesta di un commissari­o corrispond­ono tre richieste degli altri commissari: io ti chiedo Luigi e allora tu mi dai Antonio, tu mi dai Nicola e tu mi dai Saverio”, “ogni professore aiuta l’altro”, “non è che si dice ‘è bravo o non è bravo’: no, si fa ‘questo è mio, questo è tuo, questo deve andare avanti’”. E se qualcuno ancora non capisce, pensando di farcela con le proprie gambe, lo stroncano subito con una pacca sulle spalle: “La logica universita­ria è questa… è un mondo di merda, purtroppo è un do ut des, tu mi fai questi a Napoli ed io ti do…”, “è il vile commercio dei posti”. E così, al suo primo incontro con lo Stato, il giovane cittadino diventa subito suddito, formattato per la vita. O piega la schiena, portando il suo primo bicchier d’acqua al mulino della Repubblica della Corruzione; oppure cambia mestiere, o Paese. Philip Laroma Jezzi ha scelto la quarta via: s’è rivolto ai giudici e ha ottenuto ciò che gli spettava. Ministro subito.

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