“Germano è come Nino: un artigiano del nostro cinema”
Erminia e Luca Manfredi sul film per la tv
Oggi e cinquant’anni fa Oltre a lui c’erano Sordi, Tognazzi e Gassman Ora penso a Germano, Servillo e Favino
Nino Manfredi, quello non ancora consegnato alla storia del cinema, e dello spettacolo tutto, italiano. Nel 1943 si chiama ancora Saturnino, ma diventerà In arte Nino, titolo del film-tv diretto dal figlio Luca Manfredi e interpretato da Elio Germano.
Regista e attore ne rileggono il romanzo di formazione esistenziale e artistico, dal ricovero in sanatorio per tubercolosi agli studi all’Accademia d’Arte drammatica, fino alle avvisaglie del successo, esploso nel 1958 a Canzonissima.
Gli anni della guerra a Roma, gli studi in Legge prescritti dal padre Romeo, gli esordi attoriali con Tino Buazzelli (Stefano Fresi) e l’incontro con la donna della sua vita, l’indossatrice Erminia Ferrari (Miriam Leone): Nino rivive letteralmente attraverso Elio, strepitoso. E gli ascolti hanno ripagato: la produzione Compagnia Leone Cinematografica e Rai Fiction ha fatto registrare cinque milioni e 595 mila telespettatori e il 23.4% di share, lunedì in prima serata su Rai1.
Erminia e Luca Manfredi, un successo. Pardon, un grande successo.
Er min ia: Sì, per fortuna. Anzi, la fortuna non c’entra: quando le cose sono fatte con amore, intelligenza e grandi interpreti, perché non dovrebbero avere successo? Senza dimenticare la cosa più importante: l’amore della gente per Nino. Oggi come ieri, gli spettatori hanno trovato uno di loro, ci si sono riconosciuti. Lui è la Stella Cometa, poi arrivano i Re Magi.
Luca: Abbiamo ricevuto centinaia di complimenti, sui social, persone che manco conosco, mi hanno riempito d’affetto. In arte
Nino ha saputo essere popolare come mio padre, e non era per niente facile: il produttore Federico Scardamaglia mi aveva proposto un film su di lui, ma non sapevo come affrontarlo, riprodurre il successo di Nino sarebbe stato inutile, se non contro produ-cente. La chiave l’ho trovata una mattina, sotto la proverbiale doccia: fare un prequel, i 20 anni della sua vita che nessuno conosce, quelli della formazione artistica.
C’è qualcosa che vi ha sorpreso sullo schermo?
E: E come poteva? È qualcosa che ho vissuto in prima per-
sona. Ho confezionato io l’uovo di Pasqua, ci ho messo la sorpresa e poi mi sorprendo?
L: Abbiamo fatto un grande lavoro di ricerca, ho potuto basarmi sul libro autobiografico, Nudo d’attore, che avevo scritto con lui, e in aggiunta ho approfondito un’epoca e un mondo che – sono nato nel ’58 – non conoscevo se non dai suoi racconti. La sorpresa è stato proprio mio padre: da spettatore lo conoscevo benissimo, meno come figlio. Ci ho fatto spot pubblicitari, serie tv, film tv, uno pure per il cinema, però mai siamo riusciti a stabilire un dialogo profondo. Era molto riservato, tornava a casa e si rinchiudeva nel suo studio: Nino ha dedicato la vita al lavoro, un po’ meno ai figli.
E: Gli attori devono crescere il bambino che è in loro: ne sono interamente assorbiti e allora sono meno attenti ai bambini, soprattutto, se sono figli loro.
Gli attori, appunto: Elio Germano è Nino Manfredi, Miriam Leone è Erminia.
L: Chi lo fa Nino? Chi può farlo? L’unico, risposi ai produttori, è Elio. Ne sono un grandissimo fan, gli ho mandato il soggetto, ci siamo incontrati, gli ho detto che nel suo lavoro riconoscevo piccole cose che appartenevano a papà. Elio ha sorriso: “Mi hai scoperto, mi sono sempre ispirato a Manfredi, è il mio faro, la mia guida. So che è un salto nel vuoto per me, ma questo film devo farlo, lo devo a lui”. E: Erminia ed Erminia. Miriam è siciliana come me, mi è venuta a conoscere, abbiamo tirato fuori un po’di fotografie, mi sono sentita ben incarnata, nulla da eccepire.
Che cosa Elio condivide con Nino?
L: La preparazione, maniacale. Per renderne il burino della Ciociaria che era agli inizi, Elio ha voluto andare nel paese natale di Nino, Castro dei Volsci, a intervistare dei novantenni e carpire il ciociaro di una volta. L’ha fatto proprio con accuratezza incredibile, e poi i restanti interpreti del gruppo familiare hanno dovuto sintonizzarsi. Giuliano Montaldo appellava Manfredi “l’orologiaio”, e vale anche per Elio: Germano è un altro che vive questo mestiere in maniera artigianale, gli dispiace che i giovani d’oggi pensino solo a divenire famosi e perdano di vista il percorso. E: Elio è bravissimo, e ha lo stesso principio di mio marito: studia, non fa niente a caso. Qui s’è dedicato, s’è immedesimato, a tal punto da suggerire tante cose del copione.
Al di là dell’intrattenimento, a che cosa serve un film come In arte Nino?
E: A mostrare come anche oggi ci siano bravissimi attori in Italia: una volta c’erano Mastroianni – all’inizio lo doppiava proprio Nino, non avevano ancora realizzato che bella voce avesse Marcello – Sordi, Tognazzi, Gassman e Manfredi, ora penso a Elio, Servillo, Favino. Però bisogna imparare a conoscerli: se vuoi andare a caccia di balene, diceva Nino, devi andare dove ci sono le balene, se no è tempo sprecato.
L: Per me è stato una seduta psicanalitica, ci ho messo anche le viscere dentro. Dovevo chiudere delle cose aperte con mio padre, questo omaggio mi è servito per fare pace con lui.