Il mondo di mezzo al Nord: centrodestra e ’ndrangheta
Il sindaco FI di Seregno all’imprenditore colluso: “Ogni promessa è debito”
’Ndrangheta e politica. Il rapporto in Lombardia è inscindibile. Diventa sistema che tiene dentro tutto: la corruzione, l’imprenditore colluso e il controllo del territorio per nulla “silente” come si vorrebbe far credere al Nord. Mafia e politica, i pilastri di un mondo di mezzo cresciuto all’ombra della Madonnina. Fotografia attuale quella raccontata ieri attraverso tre ordinanze di custodia cautelare (due le Procure, Monza e Milano), oltre 800 pagine dove la ’ndrangheta del dopo Infinito ritrova nuova linfa, conquistando Comuni, arrivando a colloquiare con i livelli più alti della politica regionale: 24 i provvedimenti totali. Nella rete dell’imprenditore che non è mafioso, ma che usa gli affiliati per i propri bisogni, finisce il sindaco di Seregno (Monza e Brianza). Edoardo Mazza, il primo cittadino, casacca Forza italia e appoggio della Lega di Matteo Salvini (che ieri non ha commentato), corrotto, ma senza aggravante mafiosa. Antonino Lugarà il corruttore senza mafia in curriculum, ma tante conoscenze strette tra i boss che nel 2009 animarono il summit al centro Falcone e Borsellino di Paderno Dugnano (Milano).
VOTI ED ELEZIONI (2015) in cassaforte, in cambio delibere ad hoc per sbloccare maxi speculazioni edilizie. Poche parole, intercettate, per disegnare il quadro. Dice Lugarà al consigliere comunale Stefano Gatti: “Tutto a posto, ho parlato con il sindaco adesso, mi ha detto ogni promessa è un debito”. Gatti, l’uomo in più di Lugarà in Comune. Che dice: “Ci facciamo la nostra nicchia”. Indagati, con altri, un assessore, il vice-sindaco, funzionari vari. In Comune ieri mattina lo tsunami è stato devastante. “Una cosa mai vista”, ha commentato ieri il capo dell’a nt imafia di Milano Ilda Boccassini. L’onda di piena, poi, è salita ai piani alti della Regione Lomba rdia. Indagato per corruzione anche Mario Mantovani, ex presidente della Regione, già assessore alla Sanità, oggi consigliere, con guai giudiziari in corso. Scrive il gip di Monza: “È emerso che Lugarà abbia utilizzato il canale preferenziale intessuto con Mantovani per favorire la candidatura del sindaco e del consigliere Gatti”. Spiega intercettato il figlio di Lugarà (non indagato). “Noi forte forte oggi abbiamo il Mario (…) noi andiamo ogni settimana in Regione da Mario (…) se Mario decide tu sei finito quello c’ha una potenza indescrivibile (…)”. In altra telefonata spiega Lugarà padre. “Mario Mantovani è un mio amico”. E con il Mario, l’imprenditore “tentacolare” e la cui “pervasività negli ambienti istituzionali” è “ipertrofica”, proverà a scalare anche il Comune di Peschiera Borromeo (Milano). Obiettivo: investire in ambito sanitario, grazie, sostiene la Procura, all’aiuto di Mantovani. Il discorso si allarga ad altri, Massimo Ponzoni, ad esempio, già ex assessore regionale, golden boy della politica formigoniana, già condannato per altre vie giudiziarie. Anni di buio per lui fino a quando il “Mario”, spiega sempre Giovanni Lugarà, “ha detto: ve lo dovete portare dietro”. Ed eccolo, allora, Ponzoni (non indagato) intercettato con Lugarà senior che, a urne chiuse, è li a spiegare la nascita della giunta. Ponzoni domanda: “Ha fatto gli assessori?”. Lugarà: “Lui si tiene l'urbanistica”. “Buono, meglio così”, risponde l’ex protetto di Formigoni. Mazza e Lugarà si sentono spesso. Subito dopo la vittoria elettorale. Dice Lugarà: “Dobbiamo stare attenti a non sbagliare”. “Bravo!”, esclama il sindaco. Vittoria a giugno. Poco prima, il 27 mag- gio, l’aperitivo elettorale è in un bar di Seregno. Proprietario un pregiudicato con legami mafiosi. Patatine e noccioline se le dividono Mantovani, Mazza, Lugarà e tra gli altri Carmelo Mallimaci, arrestato ieri e che risulterà la cerniera tra Lugarà e la ’ndrangheta, mettendo in contatto l’imprenditore con Fortunato Calabrò, personaggio di spicco della locale di Limbiate (Monza e Brianza), parente del boss Antonino Lamarmore, “mastro generale” d el la Lombardia vicino alla destra milanese.
Edilizia e sanità Antonino Lugarà e l’affare delle cliniche grazie all’amicizia con Mario Mantovani GIOVANNI LUGARÀ
Forte oggi abbiamo Mantovani. Andiamo ogni settimana in Regione. Se lui decide sei finito, quello ha una potenza indescrivibile
PROPRIO da Calabrò nasce tutto. L’indagine milanese, non a caso, si chiama Ignoto 23. Numero dato, nel 2010, a Calabrò (all’epoca non identificato) che partecipò al summit di Paderno Dugnano. Nel 2014 prende forma e volto, grazie all’intuizione di un maresciallo del Nucleo investigativo, che, a Cesano Maderno, fuori servizio, lo incrocia in auto. Quell’uomo fuma il sigaro e indossa un giubbotto di renna. Il raffronto è rapido. Calabrò partecipa anche al summit di Legnano (Milano= nel 2008. Con lui un altro ignoto. È il noto imprenditore Giovanni Vitalone, definito dal gip di Milano, organico alla locale di Limbiate. Il fratello Gabriele (non indagato) oggi fa l’assessore comunale a Senago (Milano), uffici che ieri sono stati perquisiti. Lugarà è in rapporti con Calabrò, ma anche con Giuseppe Morabito,
27 agosto 2015
classe ’86, nipote di Giuseppe Morabito, alias ’u Tiradrittu, capo storico della ’ndrangheta. È a loro che Lugarà chiede di spicciare faccende: la restituzione di un debito, una controversia civile, l’identificazione del ladro che ha rubato in casa della figlia. Il giovane Morabito, che vive a Cantù e che gestisce a mano armata il business dei locali notturni della zona, esegue. Lo stesso Morabito che si scontrerà con Ludovico Muscatello, nipote di Salvatore, eminenza grigia delle ’ndrine al nord. Mano militare e mondo di mezzo. Lugarà è la prova. Lui che arriva anche al Tribunale di Monza. Giuseppe Carello (ai domiciliari) è lo spione che gli svelerà le indagini. Lugarà avverte tutti. Ordine: niente cellulare “perché una telefonata lascia il sospetto”. Sospetti diventati ieri ordini di arresto.