Corvi contro Bertone: la spinta al clamoroso addio di Ratzinger
COS’È SUCCESSO Dai misteri dello Ior alla lobby gay
Era il 2012: il sesto anno del regno di Benedetto XVI, il papa teutonico successore di Giovanni Paolo II. Accanto a Ratzinger troneggiava la figura del cardinale Tarcisio Bertone, Segretario di Stato vaticano, cioè il primo ministro della Santa Sede. Un ruolo politico che garantisce potere vero.
Un misterioso corvo divulga documenti riservati sulla gestione bertoniana delle finanze, a partire dal famigerato Ior, la storica banca della Chiesa già al centro del “suicidio” di Roberto Calvi. Vatileaks I porta alla luce opere e misfatti del clan di Bertone e fa emergere la figura di Marco Simeon, legato al faccendiere piduista Luigi Bisignani.
In una lettera al papa, infine, si parla esplicitamente anche di lobby gay.
I PROTAGONISTI Il maggiordomo e il monsignore
La gendarmeria dello Stato vaticano identifica il corvo in Paolo Gabriele detto “Paoletto”. È un arresto clamoroso. Gabriele è l’aiutante di camera del pontefice. In una parola: maggiordomo. È lui ad a- ver trafugato le carte. Vatileaks I si profila come un complotto per liberare Ratzinger da Bertone e dal suo cerchio magico, cui non è estraneo il segretario di Benedetto XVI, il fido Georg Gänswein. Vengono fuori, però, anche le accuse di monsignor Carlo Maria Viganò, ex segretario del Governatorato del piccolo Stato, su corruzione, appalti e l’esistenza di una lobby gay all’ombra del cardinale Bertone. GLI EFFETTI
Le minacce di morte e la “declaratio” del 2013
Un altro documento anonimo e clamoroso che viene fuori è quello in cui l’arcivescovo di Palermo, il cardinale Paolo Romeo prevede addirittura la morte di Ratzinger entro il novembre del 2012. Un capitolo è dedicato anche alla successione di Benedetto XVI: il designato è Angelo Scola, pastore di Milano. È questo il clima che regna negli ambien- ti curiali del Vaticano. Siamo ben oltre i veleni. Stanco e affaticato, il papa tedesco chiude il suo regno con una decisione che mancava da secoli. È l’11 febbraio 2013 quando in latino comunica al Concistoro: “Dichiaro di rinunciare al ministero di vescovo di Roma, successore di San Pietro, a me affidato per mano dei cardinali il 19 aprile 2005”.
IL PROCESSO Per la giustizia vaticana non ci sono “mandanti”
Il maggiordomo-corvo, Paolo Gabriele, colpevole di aver divulgato documenti finiti anche in un libro di Gianluigi Nuzzi, viene processato e condannato in Vaticano a tre anni ridotti alla metà. Dopo “Paoletto”, tocca a un tecnico informatico, Claudio Sciarpelletti. Indi la grazia dello stesso Benedetto XVI. Siamo ancora nel 2012. La Segreteria di Stato ritiene “infondate” le varie “congetture” su un possibile complotto. Ma successivamente papa Ratzinger istituisce una commissione di tre cardinali per individuare altri colpevoli. Il lavoro finisce in un grande scatolone bianco, quello che Benedetto XVI consegna al suo successore Francesco.