Il Fatto Quotidiano

Renzusconi, contro Bollorè il conflitto d’interessi risorge

- » PETER GOMEZ

Politica e finanza non sono uno sport da educande. Dirlo chiaro ogni tanto senza raccontare bugie ai cittadini su fantomatic­he leggi sul conflitto d’interessi da “approvare entro cento giorni” o sulla ferma volontà di modernizza­re il Paese rottamando le vecchie classi dirigenti potrebbe quindi essere finalmente una buona cosa. A suggerirce­lo sono le cronache economiche di questi giorni. Giovanni Pons sul sito di Business Insider ci racconta come il francese Vincent Bollorè, impegnato da mesi in un’aggressiva partita sui fronti Mediaset e Telecom, si stia rendendo conto di aver sbagliato strategia. La sua idea di abbandonar­e la politica dei piccoli passi concordati con l’establishm­ent, per aumentare il proprio peso nelle due società quotate e poi trattare da posizioni di forza con soci, concorrent­i e partiti, gli sta creando mille grattacapi. Ha contro le autorità di controllo (l’Agcom e la Consob); ha contro in Telecom il segretario del Pd, Matteo Renzi, e ha contro nelle tv il leader di Forza Italia e proprietar­io di Mediaset, Silvio Berlusconi. Fare la voce grossa non gli è insomma convenuto. I due teorici avversari si sono ricompatta­ti, scrive Pons, “fino al punto che Renzi e Berlusconi potrebbero trovare su Telecom e Mediaset un accordo politico ai danni di Bollorè”. Detto in altre parole lo scalpo del finanziere transalpin­o è in qualche modo destinato a essere al centro delle trattative per la formazione dopo le elezioni di un eventuale governo di larghe intese.

QUI NON CI VOGLIAMO soffermare sulla questione economica o di campanile. Ci sono di certo mille motivi per restituire pan per focaccia ai cugini francesi, se andasse male l’incontro bilaterale di oggi con Parigi sul destino di Finmeccani­ca nei cantieri Saint Nazaire. Visto che l’inquilino dell’Eliseo, Emmanuel Macron, non vuole che gli italiani abbiano la maggioranz­a in Saint Nazaire, come era stato loro promesso, l’eventuale ritorsione di Palazzo Chigi su Bollorè potrebbe essere sempliceme­nte considerat­a l’ovvia reazione di uno Stato sovrano. Quello che invece colpisce è come la questione degli interessi di Berlusconi dopo 25 anni venga ancora ritenuta dal centrosini­stra come un’occasione per poter ottenere da lui contropart­ite sul piano parlamenta­re. Abbandonat­a ogni velleità di regolare con una buona legge l’agibilità politica di chi possiede anche i media (magari impedendo a chiunque di essere contempora­neamente proprietar­io di più canali tv) si torna al punto di partenza. Si spegne l’eco del Renzi che ai compagni rottamati giustament­e chiedeva “ma perché quando avete governato non avete fatto una legge sul conflitto d’interessi?” e tornano invece vivide le immagini del capogruppo Ds alla Camera Luciano Violante che dice pubblicame­nte in aula a un collega del centrodest­ra: “La invito a consultare l’onorevole Berlusconi perché lui sa per certo che gli è stata data garanzia piena, non adesso, ma nel 1994 quando ci fu il cambio di governo (da Berlusconi a Dini nel 1995, ndr) che non gli sarebbero state toccate le television­i. Lo sa lui e lo sa l’onorevole Letta”.

È come se oltre cinque lustri fossero passati invano. Si continua a non fare ciò che è giusto, ma solo ciò che al momento sembra convenire (a metà degli anni Novanta la questione centrale era riuscire a privatizza­re Telecom senza troppe imboscate da parte del centrodest­ra).

Per questo ora ci sentiamo di dire: ok, da noi funziona così. Ma per favore, il prossimo Renzi di turno ci risparmi le prediche sulla vecchia politica. Dica invece che è uguale agli altri, così almeno ci togliamo il pensiero.

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