Tutto è permesso all’A22 Servono i voti del Volkspartei
Come nell’orwelliana Fattoria degli animali dove tutti erano uguali ma qualcuno più uguale degli altri, così nel Paese di Bengodi delle autostrade italiane ce n'è una davvero speciale. È la A22-Autobrennero, 314 chilometri di privilegi da Modena fino al confine con l'Austria. La concessione per la gestione di quel lunghissimo tratto è in mano a una società per azioni di cui gli elementi forti sono la Regione autonoma del Trentino Alto Adige, le province autonome e i Comuni di Trento e Bolzano. La concessione stessa è scaduta da tre anni, ma invece di metterla a gara il ministro dei Trasporti Graziano Delrio si prodiga perché venga allungata della bellezza di 30 anni ( vedi articolo a fianco).
DELRIO CI TIENE PARECCHIO a lisciare il pelo alla A22, per due motivi soprattutto. Il primo è che Trentino-Alto Adige e Bolzano significano Volkspartei e i voti del drappello di parlamentari Volkspartei pesano parecchio a Roma per la tenuta del governo, al Senato in particolare. E poi alla guida dell'A22 come direttore generale c'è un amico di partito, l'ingegner Carlo Costa, che sta facendo una rapida carriera nel Pd: alle primarie era il capo della lista per Renzi nell'area altoatesina e quattro mesi fa è stato cooptato nella Direzione nazionale con l'incarico speciale di dare consigli al segretario per l'Alto Adige.
Premuroso, il ministro dei Trasporti è volato a Bruxelles per sostenere le pretese della A22 e ora in Europa stanno esaminando la faccenda, ma risulta non siano affatto convinti della bontà dell'operazione. Nel frattempo la società che gestisce l'Autobrennero è diventata ricca e si è ingrandita diventando una holding con in pancia tante altre attività, anche lontane dal business autostradale, come per esempio l'Interporto di Trento, quote della società che sta realizzando quello di Verona, e poi aziende di trazione ferroviaria e perfino immobiliari. L'Europa non è disposta a concedere il suo ok se prima la Autobrennero non vende le sue innumerevoli partecipazioni. E se poi non elimina dalla compagine azionaria i privati, Serenissima Partecipazioni, Condotte d'acqua, Infrastrutture Cis, Banco Popolare, che non arrivano al 15 per cento e contano poco o nulla, ma ci sono, e non avrebbe senso percepissero i vantaggi dell'allungamento della concessione che Autobrennero rivendica presentandosi come società pubblica.
LA A22 PER L'ALTO ADIGE è un bancomat alimentato dagli automobilisti che al casello pagano circa un milione di euro al giorno. I dividendi per gli azionisti sono elevati, circa 70/80 milioni prima delle tasse, che peraltro rimangono quasi per intero a disposizione della Regione e degli altri enti locali. Curiosamente, però, i costi di ma- Milioni: i dividendi (ante-tasse) per gli azionisti di Autobrennero (i principali sono Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e Bolzano) Milioni: quanto dovrebbe versare ogni anno il gruppo per finanziare il tunnel ferroviario del Brennero (lo dice una legge di 20 anni fa). Soldi mai versati, tanto che Cantone dell’Anac si è detto “incredulo” nutenzione sono altissimi rispetto alla media e altrettanto curiosamente i lavori vengono assegnati quasi sempre alle aziende altoatesine.
Sulla carta l'Autobrennero dovrebbe impiegare parte degli incassi per la costruzione del tunnel ferroviario del Brennero: 3 gallerie lunghe una cinquantina di chilometri sotto le Alpi. C'è una legge approvata 20 anni fa ai tempi del governo Prodi che li obbliga a farlo versando una rata di 32,7 milioni di euro l'anno, ma finora i soldi non sono mai usciti dalle casse della A22 e sono invece andati ad alimentare un conto in banca il cui saldo dovrebbe aver superato i 600 milioni. L'inadempienza non ha giustificazioni ed è così clamorosa che il presidente dell'Anticorruzione Raffaele Cantone si è detto “incredulo”, anche se poi non è successo nulla.
Su quel conto nel corso degli anni sono maturati pure gli interessi, dai 30 ai 40 milioni di euro di cui pochi conoscono la destinazione.
Ad aziendam
Il titolare dei Trasporti ha sottoposto l’operazione all’Europa. A Bruxelles, però, storcono il naso I numeri