Il Fatto Quotidiano

Per i cittadini è un costo occulto: aumenti, tariffe troppo alte e mancati introiti per l’Italia se gestisse le strade in proprio

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corsia; quegli investimen­ti però furono poi puntualmen­te remunerati con forti incrementi di pedaggio. Quindi c’è il rischio che dei benefici ottenuti grazie alle proroghe il ministero non tenga un’esatta contabilit­à e che alla fine la proroga si traduca in profitto netto per il concession­ario e gli investimen­ti finiscano così per essere remunerati due volte, prima con la proroga e poi con gli incrementi di tariffa. Tutto è possibile, nei meandri di piani economico- finanziari proiettati su molti anni e secretati. Consideraz­ioni analoghe valgono anche per la proroga di 10 anni alla Brescia- Padova, ottenuta col pretesto di dover completare la Valdasti- co e per l’altra proroga di quattro anni che il ministero intende concedere all’Aspi, prevalente­mente al fine di finanziare la “gronda” di Genova che costerebbe circa 4 miliardi. Anche qui l’aritmetica lascia perplessi: l’Aspi ha un margine operativo lordo di 2,4 miliardi e un flusso di cassa operativo di 2,1 miliardi l’anno, che per quattro anni farebbero più del doppio dell’i n v e s t imento previsto, senza considerar­e poi l’incremento delle tariffe nei prossimi due decenni.

Le proroghe sono uno dei rari casi in cui si può avere “un pasto gratis”, visto che gli utenti che pagheranno il conto ne restano ignari. È possibile quindi mantenere buoni rapporti con i concession­ari e soddisfare i loro appetiti senza il costo politico di un’opinione pubblica contraria. Perché allora un ministro dovrebbe scontrarsi con loro cercando di ridurne i profitti o revocando allo Stato le concession­i che vengono a scadenza?

BRUTTE SORPRESE

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