Il tiro al codice antimafia: “Un errore madornale”
Boccia (Confindustria), Cassese, De Luca e Caltagirone contro la norma
Adue giorni dall’a p p ro v azione del codice antimafia, la reazione è impressionante. “Un errore madornale”, “stravolge lo Stato di diritto”, “afferma la cultura del sospetto”. L’attacco arriva dal presidente di Confindustria Vincenzo Boccia, durante un convegno a Santa Teresa di Gallura. La norma più contestata è all’articolo 1 della legge, che estende il sequestro preventivo ai casi di presunti reati contro la pubblica amministrazione, come peculato, corruzione (solo nel caso di reato associativo), anche in atti giudiziari, e concussione. Si applicano ai presunti corrotti, in sostanza, le misure preventive già previste per i mafiosi. Queste regole per Boccia addirittura “stravolgono i principi costituzionali e, per l’alta discrezionalità che concedono, minano il bene assoluto della certezza del diritto”. Con il nuovo codice antimafia, secondo il capo degli industriali, “si equipara l’attività degli imprenditori a quella dei delinquenti. Gli imprenditori li fai scappare, se li fai sentire disprezzati”.
IL FUOCOdi fila contro il codice arriva da diversi settori: c’è chi prova a demolirla anche tra amministratori e giuristi. Vincenzo De Luca, presidente della Regione Campania del Pd (il partito che ha presentato la legge), è come al solito piuttosto colorito: “È propaganda politica, sostanzialmente una truffa ai danni dei cittadini italiani, una violazione dei principi elementari di civiltà politica”, ha detto durante il consueto mono- logo ai microfoni della rete locale salernitana, Lira Tv. Il governatore ha allargato la critica ( eufemismo) a ll ’ intera attività parlamentare: “Tutte le leggi promosse dalle Camere ultimamente sono un monumento di distruzione della grammatica e della sintassi. Pensiamo alla differenza tra reato di mafia e altri reati come quelli degli stalker, dei corrotti. Se equipari la mafia e la camorra allo stalker fai una cosa demenziale”.
ALLE NORME del codice è sensibile. per così dire, anche parte dell’editoria. Giovedì il Mattino di Napoli – di proprietà Caltagirone – aveva la prima pagina nera, in segno di lutto, con una falce e la scritta “La nuova giustizia”. Il Messaggero – sempre Caltagirone – titolava “Schiaffo al codice”. Sugli stessi giornali, ieri mattina il presidente emerito della Consulta Annibale Marini ha parlato della legge come di una “palese violazione del principio di legalità”. Invece sul Quotidiano Nazionale è arrivato il giudizio severissimo di Sabino Cassese, ex giudice della Corte Costituzionale: “La riforma del codice antimafia è palesemente anticostituzionale” e “il Parlamento ha perduto il senso delle proporzioni. Non si sa se criticare di più ministri imbelli o parlamentari dormienti”. Per l’ex giudice, si tratta di “una grave violazione dello Stato di diritto”. Davide Mattiello, deputato del Pd relatore del codice, non si capacita di giudizi tanto perentori. “Studio questa materia da cinque anni. Ci abbiamo lavorato tantissimo, ascoltando tutti e mediando con tutti. Ora si parla solo degli aspetti critici. Ma il 13 settembre il consiglio superiore della magistratura ha deliberato all’unanimità un parere positivo sulla legge. L’ho imparato a memoria: in 40 pagine, non c’è nemmeno una riga sull’articolo 1. Il documento si conclude con l’invito al legislatore ad approvare il testo così com’è”. Mattiello cita il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, che “a luglio ci ha detto che le norme vanno bene, sono quelle che servono, non vanno toccate ”, e il suo predecessore all’antimafia, il presidente del Senato Pietro Grasso, anche lui convinto sostenitore del codice.
“HO L’I M PR E SS IO N E –c o n t in u a Mattiello – che ci sia un pregiudizio negativo nei confronti della magistratura. Come se i giudici fossero un problema di questo paese. Loro, e non la corruzione di sistema”. E poi, conclude, “trovo inaccettabile che certi critici facciano passare questo messaggio: con il semplice indizio di colpevolezza ti verrà sequestrata l’azienda. È falso. L’indizio di colpevolezza è solo il presupposto iniziale che serve ad avviare un’indagine patrimoniale rigorosissima. Infine c’è un giudice terzo che valuta la proposta di sequestro. Avviene solo quando c’è una sproporzione illecita tra i beni di un soggetto e il suo reddito dichiarato. Stanno raccontando un sacco di sciocchezze”.
Ieri è tornato sull’argomento Raffaele Cantone, direttore dell’Anticorruzione: “Nella legge ci sono criticità e rischi, ma adesso va applicata. Contiene norme molto utili sull’uso dei beni confiscati”.