Un “testimonial” per la svolta dei Cinquestelle
“Raramente il talento e l’abnegazione vengono ripagati in modo così incontrovertibile”
(da “Dove la storia finisce” di Alessandro Piperno – Mondadori, 2016 – pag. 127)
Non saremo proprio noi giornalisti, bersagliati spesso da querele per “diffamazione a mezzo stampa” per lo più temerarie o intimidatorie, a infierire per analoghi motivi su Luigi Di Maio, vicepresidente della Camera e candidato premier del M5S.
Il suo “status” giudiziario di indagato potrà anche risultare in contrasto con lo spirito originario del cosiddetto “Non Statuto” (art. 7). Ma l’ipotesi accusatoria a suo carico non riguarda né fatti di corruzione né abusi d’ufficio o altri reati connessi alla Pubblica amministrazione, bensì una polemica politica con l’ex candidata a sindaco di Genova, Marika Cassimatis, poi espulsa dal Movimento.
Per giustificare quella controversa decisione, Di Maio aveva detto in burocratese che “i cittadini apprezzano sempre quando una forza politica allontana chi si approfitta della stessa”. Laddove la “stessa” è la forza politica, beninteso, non la signora in questione. E perciò, invece di essere deferito all’Accademia della Crusca, è stato querelato per diffamazione.
Si può anche discutere sulla linearità e sulla trasparenza di un Movimento politico che modifica in corsa il suo Codice di comportamento, introducendo deroghe e varianti ad personam, per salvaguardare i propri rappresentanti. La querellei nteressa in realtà più all’interno che all’esterno. E non a caso ha suscitato le ire dell’ala grillina più ortodossa: dal silenzio sdegnato di Alessandro Di Battista al polemico Aventino di Roberto Fico.
A NOI, OSSERVATORIo semplici cittadini ed elettori, può interessare semmai un aspetto più generale che attiene all’affidabilità politica del Movimento 5 Stelle. Questa sembra la classica pena del contrappasso che rivela i limiti dell’estremismo e del radicalismo grillino. Un soggetto politico che, come ha scritto recentemente il direttore del Fatto, Marco Travaglio, rischia ora di invecchiare senza essere diventato adulto.
Dall’intransigenza e dal massimalismo delle origini, il M5S – via via che si approssima all’area di governo – tende a virare verso una posizione più soft, costruttiva e rassicurante: fino a partecipare ai workshop dello Studio Ambrosetti con il “gotha” dell’economia o a baciare l’ampolla con il sangue di San Gennaro, come ha fatto recentemente Di Maio. Non ci sarebbe poi nulla di tanto scandaloso se non fosse che agli occhi di buona parte degli stessi grillini questa “conversione sulla via di Damasco” appare quantomeno incoerente e strumentale. Per una forza politica che alle prossime elezioni si prepara a contendere la guida di Palazzo Chigi agli altri partiti, non sono “credenziali di accesso” beneauguranti.
Ha perfettamente ragione dunque il fondatore di questo giornale, Antonio Padellaro, quando avverte che “la politica del vaffa non basta più”. A dieci anni dall’esordio sulla scena nazionale, la verità è che i grillini non sono ancora cresciuti abbastanza per offrire garanzie sulla propria tenuta e attendibilità come forza di governo.
Più che un candidato premier o un capo partito, Di Maio appare il “testimonial” perfetto per promuovere la svolta moderata e istituzionale dei Cinquestelle, nel tentativo di raccogliere consensi anche all’esterno del proprio perimetro. Se riuscirà a ristabilire un rapporto più composto e corretto con i mezzi d’informazione, accantonando gli insulti e le offese di Beppe Grillo ai giornalisti, forse contribuirà a svelenire il clima politico e soprattutto quello civile.