Bindi e Cantone contro il partito dell’impunità
CODICE ANTIMAFIA Pronta la “normalizzazione” delle norme anti-corrotti
■“Mi indigno perché vedo direttori di giornale che fanno l’interesse dei loro editori in quanto costruttori”, attacca la Bindi. Preoccupato anche il presidente Anac
Certa stampa fa gli interessi degli editori. E se gli editori sono anche costruttori o imprenditori, ecco che la levata di scudi contro il nuovo codice antimafia si spiega facilmente.
ROSY BINDI , presidente della Commissione antimafia e senatrice del Pd, difende il provvedimento (“è garantista”) e attacca Confindustria e il gruppo Caltagirone, pur senza farne mai il nome: “Mi indigno perché vedo che ci sono alcuni direttori di giornale che fanno gli interessi dei loro editori non in quanto editori, ma in quanto costruttori, e attaccano questa legge in qualche modo per minare tutto il sistema delle misure di pre- ve nz ion e”. Il riferimento, implicito ma chiaro, è al fuoco incrociato partito negli ultimi giorni contro il nuovo codice antimafia. Giovedì Il Mattino di Napoli, di proprietà dei Caltagirone, è uscito in edicola con la prima pagina nera, in segno di lutto. Mentre Il M es sa gg er o – sempre con proprietà Caltagirone – titolava “Schiaffo al codice”. E i giornali del co- struttore romano non sono i soli: il Quotidiano nazionale (gruppo Riffeser) ha ospitato il severissimo parere di Sabino Cassese, ex giudice della Corte Costituzionale.
La riforma approvata in settimana prevede infatti il sequestro preventivo anche per i casi di presunti reati contro la pubblica amministrazione, come peculato e corruzione (per i reati associati- vi). E questa novità evidentemente non è stata molto apprezzata da una certa classe imprenditoriale e quindi dalla stampa che fa capo ad essa.
BINDI RISPONDE anche a Confindustria, che aveva stroncato apertamente la riforma, parlando di possibili elementi di incostituzionalità: “Prima di criticarla, almeno la si legga. Anche Confindustria ha fior fior di uffici legislativi, facciano approfondire la legge: è una riforma più garantista per coloro ai quali sono sottratti i beni”. Con l’asso- ciazione degli industriali, però, prosegue la polemica a distanza.
Immediata, infatti, la replica del presidente Vincenzo Boccia: “Il testo lo abbiamo letto molto bene e sembra che i profili di incostituzionalità non sono solo la nostra riflessione, ma anche di altri. Vale la pena evitare dogmi che in questo Paese fanno solo danni: l’ipotesi di presunzione di colpevolezza e di sequestro di imprese è un danno grave, perché gli imprenditori vivono di reputazione e una volta che si fa un errore quando restituiamo l’impresa, l’impresa
è fallita”. Il timore della presidente della Commissione antimafia è che gli attacchi e le critiche incrociate possano in qualche modo delegittimare il nuovo codice: “Non si deve mettere a rischio tutta la riforma perché qualcuno ha paura: questa legge, se ci si comporta bene, non toglie nulla. Quindi dia- moci una calmata.” L’appello sembra rimasto inascoltato: “È ovvio che alla Bindi il codice antimafia piaccia: chi si somiglia, si piglia”, è il commento di Luca d’Alessandro, deputato di Scelta Civica-Ala. L’attacco al codice continua.