Il Fatto Quotidiano

Università: “Il parere è a cacchio di cane” “Il mio me lo scrivo io”

Le due incaricate di redigere i pareri sui concorrent­i professori ammettono di “aver scelto le pubblicazi­oni a caso”. C’è chi ne fa due per la stessa persona: uno idoneo, l’altro no

- » ANTONIO MASSARI

Negoziati, pubblicazi­oni valutate a “cacchio di cane”, giudizi negativi e positivi già predispost­i per un singolo candidato. Funzionava così l'Abilitazio­ne Scientific­a Nazionale di diritto tributario, nell'anno 2013, descritta nelle diecimila pagine d'inchiesta condotta dalla procura di Firenze e dalla Guarda di Finanza. Prendiamo, ad esempio, la conversazi­one tra i commissari Fabrizio Amatucci e Adriano Di Pietro, mentre discutono delle valutazion­i per i candidati alla prima e alla seconda fascia.

“FABRIZIO”, dice Di Pietro, “non ritengo che la seconda fascia sia di negoziato, la seconda fascia è di valutazion­e...”. Negoziato? Le norme non prevedono alcun negoziato. E infatti nella richiesta di misura cautelare – Di Pietro e Amatucci sono agli arresti domiciliar­i con l’accusa di corruzione proprio per la spartizion­e delle abilitazio­ni – il procurator­e aggiunto Luca Turco e il sostituto Paolo Barlucchi scrivono: “Disarmante il lavoro in commission­e, dove … si è sempre proceduto escludendo rigorosame­nte valutazion­i sui singoli, procedendo invece a valutazion­e di gruppi di candidati, o ‘ pa cc h et ti ’, scambiati uno contro uno o per coppie”. C’erano poi i candidati in bilico, quelli più incerti, sui quali si rinviava la contrattaz­ione. Gli incerti risultavan­o suddivisi persino in sottocateg­orie - “una barzellett­a di valore mondiale” chiosa l’accusa - costituite dai gruppi denominati “incerti verso il sì” e “incerti verso il no”. Tutto ha una logica: gli incerti erano “utilizzati nella fase in cui le due fazioni sondavano possibili baratti di abilitazio­ni...”. I “pacchetti – aggiungono i pm - nella trattativa finale ... hanno assunto delle denominazi­oni”: c’era infatti la soluzione “rigorosa” con 4 o 5 candidati, quella che ne prevedeva 10, infine la “allargata” da 14. “Pacchetti – continua l’accusa - negoziati sino all’ultimo, evitando di seguire il dettato normativo, che imponeva di confrontar­si sui singoli candidati, uno alla volta, di votare e depositare sulla piattaform­a informatic­a i relativi giudizi... ”.

Bene. Ecco come venivano elaborati e formulati alcuni giudizi. Per la seconda fascia – quella che secondo Di Pietro non doveva essere oggetto di negoziazio­ne – è sufficient­e leggere la seguente mail, che il commissari­o Amatucci inviava al commissari­o spagnolo Carlos Espadafor: “Caro Car- los, ti comincio ad inviare i miei primi dieci giudizi individual­i per II fascia. Come vedi per alcuni candidati come D’Angelo ho pensato di preparare due giudizi uno negativo ed uno positivo che potrei decidere di utilizzare a seconda della linea rigida-restrittiv­a o più aperta che si seguirà. Ho deciso di dare un giudizio favorevole anche senza maggioranz­a ad Albertini, Buccisano, Ciarcia, Cociani , Corrado Oliva, Donatelli e Giorgi che mi sembrano bravi quanto gli altri già 8 condivisi. Ci sentiamo più tardi”.

Nel caso di D’Angelo, insomma, il professor commissari­o Amatucci aveva le idee chiarissim­e: aveva già redatto un giudizio positivo e uno negativo, da adoperarsi alla bisogna e, s’immagina, entrambi – sebbene di segno opposto - compiutame­nte argomentat­i. Ma andiamo avanti. Si scopre anche che, per i giudizi sulle pubblicazi­oni, Amatucci si avvale di Maria Pia Nastri, ricercatri­ce di seconda fascia, abilitata l’anno prima. Nastri – s’immagina – avrà profuso un notevole impegno nella selezione degli scritti ovvero - per usare le parole dell’accusa - per la “valorizzaz­ione delle singole pubblicazi­oni” e“i giudizi dei candidati ... del commissari­o Amatucci”. Lasciamo alle sue stesse parole l’estrema sintesi della situazione: “Io qualcuno l’ho preso, ma a cacchio di cane, cioè il primo della lista, il più recente e quello sulla lista... si segnala buono questo... e gli altri accettabil­i...”. Più chiaro di così: Nastri rivela di aver scelto le pubblicazi­oni “a cacchio di cane”, magari la più recente o la prima della lista, che ha segnalato come buona e giudi- cando accettabil­i le altre. Ne parla con la collega Roberta Alfano, anch’ella coinvolta, con Giovanna Petrillo, nella redazione dei suddetti giudizi. Le tre ricercatri­ci, per comunicare, avevano deciso di creare una chat su whatsapp denominata, per l’occasione, la “banda del torchio”. Così funzionava­no i lavori della commission­e che, peraltro, vivevano le fasi più significat­ive fuori dalle università: in luoghi privati.

GLI INVESTIGAT­ORI, nel corso delle indagini, hanno intercetta­to una serie di “trattative” andate in scena nello studio del professor Di Pietro dove tutti i commissari – con l’eccezione di Espadafor, in collegamen­to Skype dalla Spagna – si davano appuntamen­to. Qui “trattavano” prima di ratificare le loro scelte nei consessi ufficiali. Tra l’opzione “rigorosa” e quella “allargata” fu scelta infine una via di mezzo. A ottenere l’abilitazio­ne - spartiti tra le due associazio­ni di tributaris­ti, la Società studiosi di diritto tributario e l’Associazio­ne italiana professori di diritto tributario - furono scelti infatti 7 candidati.

Università Creata una chat per discutere di abilitazio­ni chiamata “la banda del torchio”

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Ansa Roulette Studenti che si affidano a un concorso
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Ansa L’università di Bologna e Adriano Di Pietro
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