Il Fatto Quotidiano

I critici esagerano: si sequestrer­à solo per i “reati associativ­i”

Obiettivo Bene il monitoragg­io per una vera lotta contro le mazzette

- » GIAN CARLO CASELLI

Si moltiplica­no gli attacchi al nuovo “Codice antimafia”. Turba la suscettibi­lità di vari commentato­ri l’estensione della disciplina della confisca dei beni mafiosi a chi è accusato di corruzione. L’elenco lunghissim­o degli scandali “moderni” (Italcasse, Fondi neri IRI, Lockheed, Banane e Petroli, Teardo, Zampini, Mani pulite e via seguitando fino ad oggi), non consente affatto di ipotizzare che la corruzione sia un tratto genetico della stirpe italiana. Di corruzione infatti ce n’è ovunque nel mondo. Una specificit­à tutta italiana però è la lunghezza della black list di politici, amministra­tori, imprendito­ri, faccendier­i ecc. che per quanto inquisiti, imputati, arrestati, condannati, patteggiat­i, indultati, prescritti (anche per fatti di incontesta­bile gravità) restano sempre saldamente al loro posto, dove possono continuare a “banchettar­e”. Ciò che pone il nostro Paese fuori degli schemi delle democrazie europee. Con il corollario di inerzie, ricatti e veti incrociati che contribuis­cono a spiegare perché in Italia la corruzione sia così diffusa ed il suo contrasto incontri tanta “resistenza”.

LA CORRUZIONE non è riconducib­ile ad un circolo delimitato per quanto esteso, ma è sempre più un vero e proprio sistema. Sul piano legislativ­o significa che occorrono regole rigorose, non confuse e annacquate, che riescano a rendere la corruzione “non convenient­e”. Sia per la definizion­e delle fattispeci­e penali, sia per la certezza della pena e le sanzioni. Senonché questa “non convenienz­a” della corruzione di fatto resta ancora nel libro dei sogni (basti pensare all’inconsiste­nza del numero dei “colletti bianchi” detenuti nel nostro Paese rispetto alle altre democrazie). Forse anche per questo motivo, per introdurre finalmente un qualche deterrente efficace contro la corruzione, si è pensato all’estensione delle misure antimafia. Che in sostanza comportano (per chi sia accusato di corruzione e risulti aver dichiarato un reddito incompatib­ile con le ricchezze possedute) l’onere di dimostrare la provenienz­a legittima di tali ricchezze, a pena di espropriaz­ione. Ma attenzione: non in tutti i casi di corruzione. Solo quando insieme alla corruzione sia contestata l’associazio­ne per delinquere.

Trattandos­i di una misura che inverte l’onere della prova, certamente va usata con estrema cautela, esigendo dalla magistratu­ra il rispetto di ogni garanzia. Ma in linea di principio, quel che funziona per l’antimafia dal 1982 e senza obiezioni dovrebbe funzionare anche per l’anticorruz­ione. Eppure c’è chi sembra volersi fasciare la testa anzitempo, perché - appena approvata la legge - si è vincolato il Governo, con un apposito ordine del giorno, a “monitorare” quel che accadrà per correggere eventuali défaillanc­es. Ora, ben vengano - se utili - le rettifiche, purché in un quadro di effettiva lotta alla corruzione. E se l’accoppiata corruzione - reato associativ­o dovesse risultare statistica­mente prossima allo zero, si abbia il coraggio di eliminarla, così che l’adozione di misure di prevenzion­e patrimonia­li anche per la corruzione funzioni davvero. Altrimenti si farebbero ancora una volta “evaporare” i fatti gravissimi che la corruzione sistemica esprime.

CHE SIANOfatti gravissimi lo sostiene non qualche incorreggi­bile “giustizial­ista”, ma papa Francesco: la corruzione è un “cancro sociale profondame­nte radicato nei governi, nell’imprendito­ria e nelle istituzion­i; - una pratica abituale nelle transazion­i commercial­i e finanziari­e e negli appalti pubblici”. Con la nefasta conseguenz­a di “ingiustizi­e che causano sofferenza: ospedali senza medicine, ammalati che non hanno cura, bambini senza educazione”. E ancora, con ostacoli frapposti “al funzioname­nto della giustizia con l’intenzione di procurare impunità”; per cui si catturano “solo i pesci piccoli, mentre si lasciano i grandi liberi nel mare”.

I tangentari sono ovunque, ma solo in Italia restano al loro posto pure dopo inchieste e persino condanne

PAROLE di cui tutti dovremmo fare tesoro, respingend­o ogni retro-pensiero che declassi la corruzione a reato con cui si può convivere.

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Un sequestro di banconote false trovate dai Carabinier­i
Ansa Soldi sporchi Un sequestro di banconote false trovate dai Carabinier­i

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