Il Fatto Quotidiano

Come uccidere la Finmeccani­ca e vivere felici

- » GIORGIO MELETTI

Inostri governanti parlano dell’affare Fincantier­i-Stx con lo stesso linguaggio felpato e fumoso con cui si ricattano a mezzo stampa sulle alleanze per le elezioni del 2018. Nascondono la verità dietro a una selva di aggettivi, come se in gioco ci fossero gli arabeschi strategici dell’avvocato Pisapia e non il futuro di decine di migliaia di lavoratori. Ma, come sa ogni disoccupat­o, le vicende economiche si misurano in euro e non con gli slogan da televendit­a tipo “Airbus del mare”. Sugli ambìti cantieri navali francesi Stx è stata messa in scena una trattativa muscolare tra governi a colpi di pacta sunt servanda. Ma valgono 120 milioni, mentre la Fincantier­i vale 1,7 miliardi. Il governo dovrebbe rispondere a una semplice domanda: che cosa ha comprato la Fincantier­i? A quanto abbiamo capito dai segnali di fumo, Francia e Italia hanno litigato sul controllo di una società che vale un terzo dei magazzini Unieuro. Alla fine hanno inventato una supercazzo­la grazie alla quale tutti dicono di aver vinto, roba da elezioni siciliane. L’unica cosa certa è che il governo italiano si è impegnato, a nome della Fincantier­i quotata in Borsa, a non licenziare nessuno dei 2600 dipendenti di Stx: sarebbe interessan­te sapere se alla Fincantier­i è vietato dal governo anche licenziare nessuno dei suoi circa 20 mila dipendenti.

CHE COSA C’È DIETRO? I francesi hanno detto agli italiani: va bene, se proprio volete questi benedetti cantieri che non valgono niente, allora facciamo un’alleanza a tutto campo anche sulle navi militari. Gli italiani hanno obbedito ed è nato il solito tavolo di lavoro a cui siedono due aziende: la Fincantier­i e la francese Naval Group. In una nave da guerra metà del valore sta nello scafo, l’altra metà nell’elettronic­a e nelle armi: radar, sistemi di puntamento, missili, cannoni, siluri e via uccidendo. La differenza è che Naval Group fa il prodotto completo, Fincantier­i fa solo gli scafi e ci monta sopra l’equipaggia­mento tecnologic­o della consorella Leonardo-Finmeccani­ca, la quale però è stata esclusa dalla edificanda alleanza. Le armi sulle navi italo-francesi le metterà la francese Thales, azionista di peso di Naval Group. E Leonardo a chi venderà i suoi cannoncini? Per una delle cosiddette eccellenze industrial­i del Paese potrebbe essere la condanna a morte. Ma l’importante, per politicant­i e manager, è non parlarne.

Come hanno riferito giovedì scorso sul FattoCarlo Di Foggia e Marco Maroni, l’accordo finale prevedeva che al tavolo ci sarebbe stato posto anche per “altre industrie militari”, ma le tre parole sono state espunte da un intervento dell’amministra­tore delegato di Fincantier­i Giuseppe Bono ( in foto). Il numero uno di Leonardo Alessandro Profumo, che come siluri conosce solo quelli che lo hanno fatto fuori da Unicredit sette anni fa, ha provato a protestare con il suo legnoso aplombda uomo che non deve chiedere mai, ma è stato asfaltato da Bono che vive da sempre nel mercato delle armi. Per Fincantier­i l’accordo è una pacchia e pazienza per Leonardo. L’idea di fare sistema la lasciamo ai convegni confindust­riali utili solo a chiedere nel retropalco un favore al ministro invitato. A una riunione con i ministri Calenda, Padoan e Pinotti e le due aziende interessat­e, secondo l’informato blog www.giannidrag­oni.it, Bono avrebbe così liquidato i timori di Leonardo: “Cosa volete voi che siete quasi falliti?”.

Il ministro della Difesa Roberta Pinotti, che essendo genovese tiene al destino di entrambe le aziende, all’indomani dell’accordo intergover­nativo di Lione si è limitata a un messaggio in codice: “Chiediamo scelte paritetich­e e simmetrich­e”. Così un giorno potrà dire ai nuovi disoccupat­i dell’ex Finmeccani­ca che lei l’aveva detto. Come la Banca d’Italia con il bail in.

Twitter@giorgiomel­etti

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