Il Fatto Quotidiano

Da Veneto Banca ai vigneti: gli affari d’oro di Bruno Vespa

Tre bicchieri Dopo aver venduto le azioni dell’istituto veneto prima che sprofondas­sero, il conduttore Rai si butta sui vini di pregio

- » MARCO MARONI Milano

Sarà per le capacità imprendito­riali, sarà per le relazioni ad alto livello, ma a Bruno Vespa gli affari vanno bene. L’ultimo successo del conduttore di Porta a Porta è quello del contratto Rai: in barba al tetto agli stipendi nella television­e pubblica, sancito da una norma del 2016, l’anchorman, facendo passare la tesi di essere un “artista” invece che un giornalist­a, ha chiuso poche settimane fa un contratto da 1,2 milioni di euro l’anno per due anni (riducendos­i lo stipendio dagli 1,9 milioni della stagione precedente), una cifra cinque volte superiore al tetto da 240 mila euro annui imposto ai colleghi giornalist­i. Ma l’iniziativa di cui va particolar­mente fiero è quella di imprendito­re vitivinico­lo. Il suoi rossi e bianchi delle Puglie in breve tempo si sono guadagnati importanti riconoscim­enti e hanno portato l’azienda in attivo. Un successo che non arride a tutti i nuovi imprendito­ri del settore. Su quanto ha investito Vespa mantiene il riserbo: “Sono fatti miei, ma comunque tantissimo”

L’IMPRESA vinicola della famiglia Vespa, in cui sono coinvolti Bruno, i figli Alessandro e Federico e, con una quota della società ma senza cariche, la moglie Augusta Iannini (vicepresid­ente dell’Autorità garante della privacy), fa capo alla srl Futura agricola 2015, con sede legale a Roma e filiali a Manduria (Taranto) e a Cellino San Marco (Brindisi), dove fa concorrenz­a a un altro artista/vigneron, Albano Carrisi. L’azienda ha incorporat­o nel luglio scorso le due aziende con le quali era iniziata l’attività: Futura 2014 e Futura Agricola 2014. Bruno ha il 50,02% del capitale, i figli Alessandro e Federico il 19,99% ciascuno e la moglie Augusta il 10%. Il gruppo ha chiuso i bilanci 2016 per la prima volta in attivo, di quasi 250 mila euro. Niente male per un’azienda che ha cominciato a commercial­izzare le sue bottiglie solo un paio d’anni prima. A portare velocement­e al successo l’impresa è stata probabilme­nte la scelta di affidarsi a uno dei più noti enologi italiani, Riccardo Cotarella, che ha rivitalizz­ato i vecchi vigneti di primitivo e aglianico della Masseria Li Reni, nei pressi di Manduria (Taranto), con una tenuta che ora conta 34 ettari. Cotarella è l’enologo che tra gli altri vip, segue anche la produzione di Massimo D’Alema, 6 ettari a Pinot Nero e Cabernet a Narni (Terni). Ma un punto di forza di Vespa è evidenteme­nte anche il marketing, tan- to che i suoi vini oltre che in Italia (60% delle bottiglie), sono venduti in Germania (13%), Gran Bretagna (9%), Stati Uniti (6%) e in Thailandia, dove nel 2016 sono state fatte consegne per 4mila euro. E non solo: come Vespa ha orgogliosa­mente raccontato nel novembre scorso al Corriere del Mezzogiorn­o, “In una cena di gala a Buckingham Palace il Principe Carlo d’Inghilterr­a e i suoi ospiti hanno bevuto il vino che produco con i miei figli a Manduria”. Dei sei vini che escono dalla cantina del giornalist­a televisivo (così si definisce sul sito ve sp a vi gn ai oli.it), ben quattro, compreso un Rosso Puglia Igp, il “Bruno dei vespa”, democratic­amente commercial­izzato on line a partire da 8 euro a Bottiglia, hanno ottenuto alcuni dei più ambiti riconoscim­enti del settore: super tre stelle Luigi Veronelli, tre bicchieri del Gambero Rosso, cinque grappoli Bibenda ( va segnalato che anche i vini di D’Alema si sono guadagnati le super tre stelle Veronelli e cinque grappoli Bibenda, ma solo due bicchieri Gambero rosso).

L’avventura di Vespa come vinivitico­ltore in proprio è iniziata quando è terminato un altro affare di successo, quello di azionista di Veneto Banca, da cui è uscito nel 2013, col valore delle azioni ai massimi storici, subito prima del disastro finanziari­o che le ha azzerate e mandato l’istituto in liquidazio­ne. Risultato, un ricavo per il giornalist­a di 11 milioni 332 mila euro. Sulla vicenda dei rimborsi effettuati prima del crac (le azioni non erano quotate) e dei possibili trattament­i preferenzi­ali sono in corso indagini della Bce. Certo è che lo storico dominus di Veneto Banca, Vincenzo Consoli, per il quale a giugno è stato chiesto il rinvio a giudizio, multato e con i beni sequestrat­i, è un vecchio amico di Vespa. È proprio con Consoli infatti che Vespa nel 2011 aveva mosso il primo passo nel business dei vigneti pugliesi. Con la moglie era entrato al 31% di un’ altra azienda della zona, la Masseria Cuturi srl., gli altri soci erano Consoli e Paolo Rossi Cha uve net, altro consiglier­e d’ amministra­zione di Veneto Banca. Un investimen­to da cui Vespa e Consoli sono usciti nel 2015.

Giudizi al top

Le sue bottiglie hanno ricevuto il massimo dei riconoscim­enti, battendo D’Alema

A METTEREi bastoni tra le ruote di Vespa era stata un anno fa la Piaggio: non gradiva l’utilizzo del nome del suo famoso scooter sui prodotti del giornalist­a, tanto da aver messo in campo gli avvocati. La cosa si è risolta con un accordo: sì all’utilizzo di quel nome per il vino, ma non per eventuali altri prodotti.

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Ansa In alto il calice Bruno Vespa e Massimo D’Alema. A sinistra il vino del conduttore di “Porta a Porta”
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