Curarsi con la cannabis e rischiare la galera
TERAPIE Farmaci legali, ma sono introvabili
■Le farmacie che decidono di renderla disponibile rischiano di andare in perdita e per molti medici la sostanza rimane un tabù da prescrivere solo in casi estremi. Così il THC terapeutico è praticamente introvabile. E a chi ne ha bisogno non resta che rivolgersi ai pusher
IL MARITO IN SOCCORSO Non sopportava più i dolori di sua moglie e si è rivolto allo spacciatore. Non creduto, si è fatto sei mesi di galera ALESSANDRO E LA SCLEROSI MULTIPLA “Ho chiesto al dottore di curarmi con il THC. Risposta: ‘Prima di farlo, devo vederti su una sedia a rotelle’”
IN CELLA PER CURARSI La marjuana terapeutica non si trova nelle farmacie, ai malati non resta che rischiare con i pusher di strada E i medici continuano a considerarla come estrema ratio nonostante sia permessa
Al l’alba di un giorno di fine marzo, le forze dell’ord ine bussano a casa, trovano 50 grammi d’erba e arrestano suo marito. Da quel giorno Anna, 42 anni della provincia di Gorizia, è sola contro la malattia. Dal 2010 soffre di fibromialgia, nevralgia del trigemino e sindrome cranio mandibolare. “Dolori insopportabili, da svenire”, racconta Anna. La cannabis allevia la pena, ma i medici non le credono. La cura prevede farmaci oppioidi, ma non funziona: “La memoria è labile, parlo e mi muovo a stento”. Stanco di vedere Anna a pezzi, suo marito decide di comprare mezz’etto di marjuana da uno spacciatore e torna a casa. L’indomani le forze dell’ordine trovano l’erba e lui si prende la colpa.
L’ACCUSA è detenzione ai fini di spaccio, le indagini sono aperte e lui è in cella da quasi sei mesi. Dietro le sbarre, vede Anna peggiorare. “All’ultima visita ero in stampelle, per ora proseguo con gli oppioidi. I medici li danno come caramelle, ma hanno effetti devastanti”, racconta la donna. Ossicodone e Fentanyl sono inseparabili compagni. Ma quando resta senza, a febbraio, Anna va in crisi d’astinenza. Dopo è così spaventata da gettare i farmaci nella spazzatura. Sul web scopre la cannabis terapeutica. Col compagno imparano a preparare oli e decotti anche se, in teoria, è compito del farmacista su indicazione del medico. Ma i camici bianchi non si fidano della cannabis e in farmacia è introvabile o costosa. In piazza, invece, abbonda a buon mercato; e in rete fioccano i manuali per l’autoproduzione. È illegale, ma la salute viene prima.
“Lo scorso anno, negli Usa, quasi 64.000 persone sono morte per overdose da oppioidi: è un grave problema di la salute pubblica”, sostiene David Bradford dell’Università della Georgia. Secondo i suoi studi, dove la cannabis medica è legale vanno a picco farmaci oppioidi e morti per overdose. “Nel 2015 avremmo potuto salvare più di 1.900 persone se tutti gli Stati avessero legalizzato la marijuana medica”.
Rischiare la galera per curarsi, sta diventando consuetudine. Fabio Valcanover, avvocato di Trento, ha chiesto la grazia al Quirinale per un suo cliente. Un passato da eroinomane negli Anni 80, sieropositivo e malato di epatite, il 63enne riceve un sussidio per invalidità al 100%. Per lenire i dolori coltivava tre piantine di marijuana in casa. In primo grado, il giudice lo ha assolto per via dell’uso medico. In appello, la sentenza è 5 mesi e 10 giorni di reclusione. Le condanne per furto e spaccio di 30 anni fa non l’hanno aiutato.
In Sicilia, anche Lisa è finita in tribunale. È anoressica e soffre di artrite psoriasica dallo scorso dicembre: il protocollo prevede oppioidi e benzodiazepine. Lisa ne ha osservato gli effetti sui genitori, morti di cancro, e rifiuta la terapia. Sul web scopre la cannabis, ma la speranza muore subito. “I medici dicono di abituarmi ai farmaci tradizionali, e fortuna che sono magra, altrimenti sarei in sedia a rotelle”. Col marito, a febbraio, decide di comprare cannabis sul mercato nero. Un mese dopo, finiscono ai domiciliari. Le forze dell’ordine gli hanno trovato 15 grammi in casa. “Nemmeno il mio avvocato credeva all’uso terapeutico. Si è convinto solo quando ha visto la prescrizione”, racconta Lisa che gestisce un ristorante a Sant’Alessio, vicino a Taormina. “Oggi – confessa – posso pagare una ricetta da 400 euro al mese, domani non so. Scontare un arresto per curarsi è follia”.
A battersi contro questo boicottaggio è Alessandro Raudino: nel 2016 ha fondato a Siracusa il “Sicilia cura social club”. I tesserati, circa 50, ricevono semi da piantare, istruzioni per l’uso e assistenza legale in caso di guai. Per ora, nessuna grana. Ma Alessandro vuole produrla: “Il rischio legale è alto, ma senza l’arresto di un paziente, le cose non cambieranno mai”.
ALESSANDRO ha 35 anni e da 12 soffre di sclerosi multipla. Dopo due anni con antidolorifici e cortisone, è arrivato un cancro al colon. Quando, nel 2013, gli suggeriscono l’interferone, Alessandro si rifiuta e propone la cannabis: “Prima di prescriverla, devo vederti su una sedia a rotelle”, risponde il medico. Non è sadismo. Per legge, la cannabis è l’ultimo stadio della terapia: se gli altri farmaci falliscono e le cure standard non funzionano, solo allora si può assumere. Alessandro, invece, impara a coltivare marijuana, preparare oli ed estratti: “Sono autodidatta e senza laurea. Ma se sbagli di poco la percentuale di THC ( il principio attivi della cannabis, ndr), non succede nulla”. Col tempo, Alessandro ha trovato un medico aperto alla cannabis, ma spenderebbe 900 euro al mese in farmacia per 3 grammi al giorno.
Anche Christian Ferri ha scelto l’a ut op ro du zi on e: “Non ho un medico e non compro niente. Preparo tutto io, anche se ho la prescrizione dal 2013”. Christian soffre di dolori cronici dal 2006, quando un incidente d’auto lo ha quasi ucciso. È autodidatta e coltiva cannabis da sempre. Sulla pagina Facebook si presenta come guru fitoterapico. Organizza dirette video per diffondere i segreti del fiore verde.
Luigi Romano, biologo della International association for cannabinoid medicines (Iacm), ha collaborato con la Bedrocan (l’azienda che produce le infiorescenze utilizzate in tutta Europa) e oggi lavora in California. Lui è per l’autoproduzione: “Anche coltivarla è terapeutico”. Ma Gianpaolo Grassi, ricercatore del centro di ricerca di Rovigo, non è d’accordo: “Non potrà mai soddisfare requisiti e standard dei farmaci”.
L’UNICA CERTEZZA è che la cannabis terapeutica scarseggia e in alcune Regioni è costosissima. Perciò un gruppo di pazienti, con l’aiuto del Codacons e dell’associazione Articolo 32, ha preparato una diffida per il ministero della Salute e l’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) da consegnare in Procura. Non tutti marciano uniti. Alcuni attivisti dell’autoproduzione si sono scagliati contro i pazienti favorevoli ai farmaci pronti all’uso. Una di loro ha chiuso il profilo Facebook per il diluvio di insulti. Poi ha sporto denuncia, per le minacce di morte arrivate nella buca della posta.