Vincenzo, sembri uscito dal XVII secolo, peccato che lei non lo meriti affatto
CARA SELVAGGIA, non ho ben in chiaro in mente il perchè stia scrivendo la mia storia a te, forse in un modo strano sento che scrivendo a te è come se scrivessi a lei. Agiugno ho conosciuto a Bruxelles una ragazza greca, Eleftheria, significa libertà. I nostri sguardi si sono incrociati di sfuggita ed in quel momento è stato come se l’avessi riconosciuta. Trovai il coraggio di scriverle ed iniziammo a discutere con una naturalezza sorprendente, le chiesi di uscire e ci incontrammo il 22 giugno. Il giorno del compleanno della mia ex, con cui dopo 7 anni e mezzo di relazione comprai una casa per poi essere scaricato un mese dopo la firma dell’atto in uno dei momenti peggiori della mia vita. Per me fu in qualche modo simbolico. Ci incontrammo, mentre attraversavamo la strada e la fermai appoggiandole la mia mano sul fianco, la sua reazione fu una carezza sulle mie spalle. Parlammo a lungo e incominciai ad accarezzarle le mani e lei prese la mia tra le sue e quando provai ad accarezzarle il viso, lei lo appoggió completamente sulla mia mano. Il mio cuore era accecato dalla dolcezza. Ci baciammo e fu tutto talmente naturale che non provai alcun timore. Mi avvertí del suo passato, delle sue sofferenze e della sua diffidenza, ma i miei sentimenti rimasero puri, chiari, vividi, per cui non mi preoccupai, anzi ero impaziente di poterle dimostrare quello che le avrei potuto dare. Ci incontrammo ancora due volte e l’ultima passammo un’intera domenica insieme. Creammo quella che credevo fosse una connessione indissolubile. Purtroppo non ci saremmo visti per due mesi e lei inizió a manifestare le prime incertezze. Al mio ritorno a mi chiese tempo prima di rivederci. Aspettai, ma vedendo che niente si muoveva decisi di fare qualcosa. Il suo ideale di amore romantico (parole sue) è “Il mandolino del capitano Corelli”, per cui pensai di regalarle una copia del libro con una dedica e dei fiori di finocchio selvatico. Le avrei detto: “Non sarà la canzone di Pelagia, ma è un ricordo di me che voglio che tu abbia, comunque vada a finire questa storia”. Roso dal timore di non poterle fare questo dono, andai a casa sua, scrissi e misi il libro nella cassetta delle lettere. Si disse felice e le spiegai che era un modo per ricordarle cosa potevo offrirle. Le strappai un appuntamento e il 19 settembre ci vedemmo di nuovo, dopo più di 2 mesi. Mi strinse forte a sé e per qualche secondo rimanemmoabbracciati in silenzio, poi mi guardó e mi chiese se la odiassi. Un semplice diniego ed un sorriso furono la mia risposta. Cercai di prenderle la mano, ma mi chiese di non farlo. Ci andammo a sedere in un caffé, prese di petto la situazione emi disse di iniziare a parlare di noi. Mi spiegó che doveva affrontare un suo percorso personale e che perció voleva rinunciare ad una possibile relazione, in quanto non si sarebbe potuta dedicare al 100% a me. Provai a spiegarle che non sarebbe stato un problema. Nulla. Qualche giorno fa ho provato a ricontattarla, chiedendole semplicemente come stava, ma non mi ha risposto. Le mie amiche e i miei amici mi dicono di darle tempo e continuare la mia vita, nel frattempo.
Ti ripeto, non so perchè ti sto scrivendo tutto questo e non so cosa voglia ottenere. So solo che ho ricominciato ad amare ed essere amato, anche se solo per qualche ora. VINCENZO VINCÈ, non so quale corto circuito temporale ti abbia sbalzato fuori dal 700 e ti abbia catapultato nell'anno 2017 ma io una cosa te la devo dire con tutta la franchezza di questi tempi: è una stronza.
Detesto quelle madri che obbligano i figli a fare di tutto
Ciao Selvaggia, Ho 46 anni e mi rendo conto di essere sempre più intollerante ad un mucchio di cose. Stamattina in tram a Milano si è seduta davanti a me una mamma con in braccio la sua bambina che potrebbe avere non più di 4 anni. Non faceva affatto caldo, più di 20 gradi. Questa bambina indossava i collant di lana, una gonnellina di pizzo e un giubbottino bello imbottito, tutto rigorosamente color rosa. La mamma ha cominciato a chiacchierare con un’altra mamma fino ad arrivare a raccontare del nume- ro di attività extra-scolastiche di sua figlia. Va alla materna tutto il giorno. Inoltre, la bambina, pallidissima in volto con occhiaie blu che scendevano fino quasi ai lobi delle orecchie, povera gioia, va a musica, nuoto e inglese perché “sai, se non cominciano a questa età quando lo fanno?”. Se questa bimba un giorno odierà sua madre la capirò.
Questi sarebbero stati i migliori momenti per stimolare la loro immaginazione e creatività. Avresti dovuto vedere l’atteggiamento e lo sguardo di questa bambina. Che tristezza. Avere la vita di tutti i giorni organizzata al minuto le impedisce ovviamente di avere momenti suoi, di pensare con la sua testa e soprattutto la porta a passare meno tempo in compagnia di sua mamma, che probabilmente si sente molto figa nel dire che sua figlia fa questo e quello. Odio quella categoria di mamme. Meglio quelle che portano i figli in giro per il mondo. Qualche parola di inglese in più la imparano comunque in viaggio, si arrangiano con il nuoto in qualche piscina d’hotel e ascoltano la musica locale senza necessariamente aspirare ad essere Beethoven. Vuoi mettere? FRANCESCA Cara Francesca, quello delle madri ossessionate dal figlio impegnato, atletico e performante è un mondo piuttosto lontano da me. Io ho un figlio che a 12 anni ha già dichiarato le sue intenzioni di seguire le mie orme da atleta e dunque di voler praticare una specialità da body builder molto praticata in famiglia: il sollevatore di polemiche.