Il Fatto Quotidiano

La legge pro-abusi arriva in aula Ora il Pd ci ripensa

Iniziato alla Camera l’iter del ddl Falanga sulle demolizion­i, ma oggi sarà sostituito dall’uso terapeutic­o della cannabis

- » LORENZO VENDEMIALE

Indietro tutta. Il ddl-Falanga, appena arrivato (anzi, tornato: siamo alla quarta lettura) in aula alla Camera, rischia di uscirne in fretta e ricadere nel dimenticat­oio. Il pressing delle opposizion­i e delle associazio­ni che negli scorsi giorni hanno detto no alla legge “pro abusivismo” sembra aver fatto breccia nella maggioranz­a: il capogruppo Pd, Ettore Rosato, non ha più certezze sulla sua approvazio­ne, il presidente della Commission­e Ambiente, Ettore Realacci, dice chiaro e tondo che “il testo così è invotabile”. Insomma, la legge firmata dal senatore verdiniano Ciro Falanga ha le ore contate e già oggi potrebbe scivolare fuori dal calendario di Montecitor­io.

AVANZATA e ritirata, nel giro di un weekend. Ieri il ddl Falanga è approdato alla Camera, ma quella che avrebbe dovuto essere la prima seduta di una discussion­e lampo, a tappe forzate, da concludere entro venerdì, è stata un breve scambio di opinioni: la presentazi­one da parte del relatore, il forzista Carlo Sarro, campano come il primo firmatario della legge, gli interventi contrari di Art.1-Mdp e Movimento 5 Stelle. Tutto qui, e potrebbe non esserci altro. La notte (o meglio, le polemiche) ha portato consiglio in casa Pd. Inutili le parole di un allarmato Falanga, che in un’intervista a Il Mattino ha dichiarato che la mancata appro- vazione sarebbe un atto addirittur­a “eversivo”: “Il testo è già stato approvato e non farlo passare per qualche mal di pancia nel Pd che l’ha appoggiato è assurdo. Sarebbe il caso di un Parlamento che boccia se stesso”. Tardiva la difesa di rito del relatore Sarro, per cui si tratta di “una soluzione normativa che non introduce nessuna forma di sanatoria e di condono, sia espresso che surrettizi­o”. I vertici dem hanno cambiato idea.

“Vediamo, ci riflettere­mo“: la prima avvisaglia della retromarci­a si è avuta con le parole del capogruppo a Montecitor­io, Ettore Rosato. E la conferma l’ha data Ermete Realacci: “Non credo che si siano le condizioni per andare al voto così com’è”. Una pietra quasi tombale per il provvedime­nto che, con la scusa dell’ “abusivismo di necessità”, propone di condonare tutta una serie di abusi edilizi già realizzati, incentivan­done di nuovi per il futuro. Le opposizion­i esultano: “Il nostro lavoro è stato premiato, abbiamo fatto luce su un provvedime­nto che il Pd voleva far passare in sordina come una mancetta elettorale”, commenta Giuseppe Civati di Possibile. “È una buona notizia, ora l’archiviazi­one sia definitiva”, aggiunge il leader dei Verdi, Angelo Bonelli, che intanto conferma la manifestaz­ione di protesta per stamattina in piazza Montecitor­io.

IL RINVIO, che sa di bocciatura, ormai pare deciso. Si tratta solo di capire come salvare le apparenze, e trasformar­e l’accelerata della scorsa settimana in una ritirata onorevole, senza perdere la faccia. I modi per affondare un ddl non mancano. Si può ad esempio rinviarlo in Commission­e, ma per farlo serve un voto, espression­e esplicita di contrariet­à: smacco forse troppo grosso, per chi fino a ieri prometteva l’approvazio­ne immediata. Un’alternativ­a più discreta è quella di approvare una piccola modifica al testo, così da rimandare al Senato ddl e preoccupaz­ioni. Oppure si può sempliceme­nte far finta di nulla: fare uscire il provvedime­nto dal calendario, senza arrivare mai al voto decisivo.

È l’ipotesi più facile, che presenta pure il vantaggio di lasciare “dormiente” il ddl, in attesa di tempi migliori che potrebbero sempre arrivare. E forse è la strada preferita dal Parlamento. Dopo il primo dibattito interlocut­orio, infatti, la discussion­e è stata aggiornata a oggi, ma è probabile che slitti a tempo indetermin­ato per fare posto nell’ordine del giorno alla proposta sulla cannabis terapeutic­a. Il “condono permanente”– come l’avevano ribattezza­to i suoi oppositori – pare scongiurat­o. Almeno per il momento.

Non votare questa legge per qualche mal di pancia nel Pd che prima l’ha appoggiata sarebbe un atto, oserei dire, eversivo

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