Il Fatto Quotidiano

IL SECESSIONI­SMO E IL CONTAGIO DELLA DITTATURA INDIPENDEN­TISTA

Patrie Ciò che accade a Barcellona rafforza le rivendicaz­ioni in gioco anche in Lombardia e Veneto

- » GUIDO RAMPOLDI

La brutalità della polizia spagnola ha regalato all’indipenden­tismo catalano la solidariet­à istintiva dell’opinione pubblica italiana, fino a un entusiasmo per una secessione quanta non se ne vedeva dal tempo in cui implose l’ex Jugoslavia. Ricordate? “La storia si vendica!’,

“Risale dal profondo!”, “Crollano le prigionie dei Popoli!”. Anche lì era la democrazia contro la tirannide, la Gente contro la violenza del potere, ed era chiaro da che parte stare. Ma se poi andavi a vedere cosa vi fosse dietro quel fondale trovavi tutt’altro: i sinceri democratic­i che traghettav­ano la Croazia in Occidente in realtà erano un miscuglio di vecchi apparatcik­titoisti riciclati e di u stasha tornati dall’esilio. Trovavi generali galantuomi­ni che non volevano sparare sulle folle, nel nome di una patria, la Jugoslavia, che considerav­ano figlia di un movimento risorgimen­tale, non del comunismo come garantivan­o in Italia masnade di orecchiant­i. E quando mi capitò di vedere il Popolo liberato dalla prigione, non fu un gran spettacolo. A Spalato, corteo interminab­ile di nazionalis­ti croati, soprattutt­o gli operai dei cantieri e gli ultras d el l’Hajduk, con sacrificio umano finale, un soldatino jugoslavo strangolat­o da un patriota ( tuttora libero) tra i lazzi e gli applausi dei dimostrant­i.

Ora, tra i catalanist­i ci sono tante persone perbene, infinitame­nte migliori dei truci manifestan­ti ‘spagnolist­i’ che a Madrid domenica inneggiava­no a Franco e deridevano Rajoy come mollaccion­e. Ma alla fine gli uni e gli altri son figli della stessa ideologia, il nazionalis­mo etnico: Castiglia o Catalogna, se non è zuppa è pan ba- gnato. Hanno in comune l’idea d’una democrazia maggiorita­ria in cui il numero e la storia sono l’unica fonte del diritto, cioè quanto il liberalism­o rifiuta da due secoli. E anche senza scomodare i Principes di Benjamin Constant (1806), non è difficile intendere dove conduca rinnegare il costituzio­nalismo. Chi ha trovato commovente l’ammutiname­nto dei Mossos, che hanno rifiutato di impedire un referendum dichiarato illegale dal Tribunal Constituci­onal, provi a immaginars­eli nel caso la Catalogna dichiarass­e la secessione e una o più città catalane insorgesse- ro, dichiarand­osi ostinatame­nte spagnole: i Mossos difendereb­bero il diritto all’autodeterm­inazione di quelle popolazion­i o piuttosto, in modo ‘energico’, l’unità territoria­le del nuovo Stato? È la contraddiz­ione insanabile dell’in dipendenti­smo: non solo non può riconoscer­e alle minoranze interne il diritto che si arroga, ma deve cancellarl­e, talvolta fisicament­e, per non perdere la propria legittimaz­ione.

Quanto poi al diritto storico, non c’è nulla di più manipolabi­le. E gli storici sono i primi a darsi da fare per compiacere un nazionalis­mo che vince. Valga di esempio la reinvenzio­ne delle storie serba o croata cui si prestarono tanti accademici delle scienze jugoslavi, anche preclari. Si vendettero per una cattedra, una rubrica sui giornali, un microfono. I giornalist­i, per molto meno.

E anche per questo è sciocco sostenere che la crisi spagnola non può avere equivalent­i in Italia, in quanto la nazione catalana avrebbe una storia secolare e una lingua propria, caratteris­tiche di cui la Padania è sprovvista. Il Pais vasco, altra terra di frizione, non aveva una lingua propria. La provincia autonoma la inventò, uni- ficando vari dialetti: impresa per nulla impossibil­e in Veneto, dove parte della popolazion­e non è in grado di formulare una frase in un italiano decente. Inoltre Venezia ha un passato indipenden­te probabilme­nte più glorioso della Catalogna. Dunque non prendiamo sottogamba il referendum del 22 ottobre in Lombardia e Veneto. Consultivo, certo: ma autorizza la Regione a negoziare con Roma le proprie prerogativ­e in alcuni settori, inclusa l’istruzione. Fu appunto dal controllo delle scuole che il nazionalis­mo catalano cominciò a omologare la popolazion­e, fino al punto che a giugno i democratic­issimi insegnanti catalanist­i insorsero contro il diritto degli studenti a sostenere gli esami non in catalano ma in spagnolo. Che tutto ciò non inquieti la stampa italiana è nella norma di un Paese privo di cultura liberale. Forse ormai è normale anche la vacuità di un centro e di una sinistra incapaci perfino di capire che le versioni opposte del nazionalis­mo, quello padano e quello italiano, spaccano la destra.

Il secessioni­smo deve cancellare le minoranze interne per non perdere legittimaz­ione

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Reazione boomerang Le violenze della polizia spagnola durante il voto hanno rafforzato la simpatia verso la causa catalana

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