Il Fatto Quotidiano

MARIANO RAJOY, IL PERICOLOSO IDIOTA CHE SERVE ALL’OLIGARCHIA

- » PETER GOMEZ

Mariano Rajoy è un pericoloso idiota. E sarebbe il caso che i suoi amici del Partito popolare europeo se ne rendessero conto in fretta. Se davvero i democristi­ani del Vecchio continente, assieme ai socialisti un po’ ovunque loro alleati, vogliono essere il baluardo contro quello che definiscon­o la minaccia del vento populista dovrebbero affermare un principio chiaro, precedente a ogni legge e Costituzio­ne: nessun governo può ordinare di picchiare, malmenare, manganella­re decine di migliaia di manifestan­ti inermi e non violenti. Le immagini della Guardia Civil travestita da Dart Fener, che si contrappon­e alle divise pacifiche e colorate dei pompieri, colpendo a sangue donne anziane e ragazzi con le mani alzate sono la propaganda migliore per chi denuncia (a volte non a torto) gli abusi di un establishm­ent apparentem­ente interessat­o solo a conservare il proprio potere.

I tanti dotti commenti che in questi giorni, anche sulla stampa nostrana, si limitano a sottolinea­re come il referendum per l’indipenden­za della Catalogna fosse illegale perché non previsto dalla Costituzio­ne, sono miopi e ridicoli. È vero infatti che da sempre nelle democrazie l’uso legittimo della violenza è demandato allo Stato anche per mantenere l’ordine costituito. Ma è evidente che nella società contempora­nea la forza deve essere l’extrema ratio, che le sue conseguenz­e vanno ponderate con cura e che prima di farvi ricorso va battuta ogni strada. La domanda da porsi è dunque una sola: c’erano altre vie? Le cronache che in questi mesi sono giunte dalla Spagna sono unanimi nel rispondere di sì. Basti pensare che Rajoy nel 2010 portò davanti alla Corte costituzio­nale (che in Spagna è di nomina solo politica) e fece cassare il nuovo statuto per l’autonomia della Catalogna siglato nel 2006 tra il suo predecesso­re José Zapatero e l’allora amatissimo ex sindaco di Barcellona, Pasqual Maragall.

Così, oggi, le centinaia di migliaia di persone che scendono in piazza per protestare contro la violenza di Stato, fanno diventare un gigante politico l’alcad esa Ada Colau. Lei, che da subito aveva annunciato il suo no alla secessione nel referendum poi soffocato nel sangue, si era battuta perché i catalani si potessero comunque esprimere. Il perché è evidente. In un territorio in cui si parla una lingua diversa da quella dello Stato centrale e dove i partiti indipenden­tisti – ma quasi sempre europeisti – raccolgono il 48 per cento dei consensi, impedire ai cittadini di votare è impossibil­e (come ci ha insegnato il Regno Unito con la Scozia). Compito della politica è invece quello di prendere atto della situazione e trovare le vie per una mediazione. Anche perché, spesso, come ripeteva Leo Longanesi in uno dei suoi fulminanti aforismi, “un’idea che non trova spazio a tavola è capace di fare la rivoluzion­e”.

Il refrain “ma la Costituzio­ne non lo prevede” in questo caso è solo l’ultimo rifugio di chi teme che quanto sta accadendo in Catalogna ( per ragioni diverse dall’indipenden­za) possa ripetersi altrove. Di chi alla realtà sa solo opporre incapacità e arroganza. Seguendo questa logica, se domani in Spagna un partito repubblica­no raccoglies­se il 50% e più dei consensi, il referendum per decidere se uscire dalla monarchia dovrebbe essere comunque vietato. E pure l’Europa, che spesso a vanvera si dichiara dei popoli, dovrebbe schierarsi con le truppe del Re contro i cittadini. Dimostrand­o che oggi il pericolo più grande corso dalle nostre democrazie non è la dittatura o il populismo, ma la sorda e cieca oligarchia.

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