“Le autorità separatiste sleali con la Spagna”
Felipe VI promette di difendere l’integrità nazionale Senza incidenti lo sciopero generale nella regione autonoma
Ieri sera, dopo il silenzio delle ultime settimane, il re Felipe VI è comparso in tv per una dichiarazione istituzionale. Durissimo nel tono e nei contenuti, il re ha accusato la Generalitat di “slealtà” nei confronti dello Stato. “Le autorità catalane si sono situate al margine della legge. Per questo, è responsabilità dei legittimi poteri dello Stato assicurare la vigenza dello Stato di diritto”.
Ma ieri, tutta la Catalogna era in piazza, non solo gli indipendentisti, tutti i democratici. Contro l’attuazione dei poteri dello Stato che domenica si è schermita dietro la violenza della sua polizia. Avevano ragione i sindacati confederali a insistere che quello di ieri non sarebbe stato uno sciopero generale come gli altri, ma una sciopero di paese, ossia una mobilitazione di tutta la società catalana, convocata dalla Taula per la Democràcia contro le violenze della polizia spagnola ai collegi elettorali domenica. Chiuse le università, così come molte scuole; le amministrazioni pubbliche hanno spesso lasciato la giornata libera senza decurtazione di stipendio, fatti salvi i servizi minimi nei settori pubblico e dei trasporti, dove lo sciopero è stato assecondato dalla gran parte degli addetti. Anche diverse imprese privato hanno condiviso la mobilitazione: chiusura di al- cuni supermercati e molte botteghe; e a Barcellona erano tanti i bar-terrazza del centro senza tavolini all’aperto né clienti.
L’immagine che meglio testimonia l’originalità della mobilitazione era però quella del flusso continuo e molteplice di cortei e manifestazioni per tutte le città, specie nella capitale catalana, dove le iniziative sono cominciate all’interno dei quartieri per poi raccordarsi in alcune appuntamenti simbolici e quindi ripren- dere, senza soluzione di continuità, fino alla concentrazione finale delle 18, davanti ai diversi municipi o, come nel caso di Barcellona, in Plaça Universitat. Decine di migliaia di persone si sono così riversate per le strade, pacifiche e determinate com’è costume, tantissime le ragazze e i giovani, a mani alzate a scandire “som gent de pau”, siamo gente di pace.
Un anno per la Catalexit Il governatore Puigdemont conferma di voler andare avanti nel processo di distacco
IL MOMENTO PIÙ COMMOVENTE è stato davanti all’Escola Ramon Llull, nel quartiere di L’Eixample, dove domenica la Policia Nacional è entrata con violenza distruttiva sulle cose e sprezzante delle persone: in migliaia ieri sono andati a depositare garofani rossi e bianchi all’entrata. Quello più coreografico si è avuto quando il corteo degli studenti universitari è arrivato sul piazzale davanti il Parlamento catalano e il perimetro si è colorato delle giubbe rosse dei pompieri che erano venuti a proteggere i manifestanti, accolti con applausi e slogan di benvenuto.
Puigdemont e il suo governo vanno avanti secondo quanto stabilito nella legge sulla transitorietà giuridica. Fino a quando non si proclamino i risultati del referendum, non scattano le 48 ore entro cui il Parlamento catalano dovrebbe dichiarare l’indipendenza. Da quel momento comincerà il processo costituente con una durata di 6 mesi. La nuova repubblica nascerebbe nel giro di un anno. Oggi sono convocate le riunioni della presidenza e dei capigruppo per decidere sulla convocazione dell’aula. C’è discussione tra i partiti indipendentisti sulla gestione di questi tempi. Puigdemont ha riproposto la necessità di una mediazione internazionale riconfermando la disponibilità al dialogo. Ma il risultato del referendum è valido, dice, e sarà vincolante.